INSIEME NELLA PRESENZA

 

Un incontro dedicato alla Meditazione Vipassana 
e all’avvio di un percorso di Presenza Mentale

con Mario Borrelli e Prem Siri

Il tema di questo incontro sarà la pratica della presenza mentale e il silenzio interiore. L’esperienza del ritiro permette di avvicinarsi e immergersi nella pratica meditativa in maniera completa, fornendo le condizioni ideali per calmare la mente e praticare senza distrazioni in un luogo tranquillo e immerso nella natura.
Il ritiro è aperto a tutti, sia a chi già pratica sia a chi desidera avvicinarsi per la prima volta alla meditazione.

Il ritiro inizia con la registrazione alle ore 15.30 di venerdì 24 novembre e termina alle ore 16 di domenica 26 novembre 2017. SI chiede di arrivare in leggero anticipo e si consigliano abiti comodi.
La sede è l'Hotel Madonna della Scala di Castellabate (SA), situato nel verde del parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, a pochi chilometri dal mare, che dispone di 20 camere full comfort, con terrazza, servizi e parcheggio privato, di appartamenti mono e bilocali, di sala bar, ristorante, pizzeria e ampio giardino.

L'incontro è condotto da Antonella e Mario, operatori per il benessere globale, istruttori di Yoga Kundalini e Yoga Olistico e trainer di Mindfuness Psicosomatica, Mindfulness e Protocolli MBSR e PMP-Gaia.

Prenotazione obbligatoria, posti limitati (max 20 partecipanti).
Il termine delle iscrizioni è previsto per sabato 18 novembre 2017

presenza mentale.pdf
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Tutti i venerdì, a partire dal 10 febbraio 2017, c/o l'Arnia di Caserta, ci saranno degli incontri di Mindfulness e Meditazione. Per informazioni rivolgersi ad Anna:

cell: 329 6364690 e-mail: annalaperuta@libero.it

Dalla voce critica ad una voce benevola e gentile
Seminario esperienziale di Mindfulness Psicosomatica.
Napoli, 27 novembre 2016
27 novembre 2016.pdf
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RITIRO DI YOGA KUNDALINI "Contatta Te Stesso "

dal 2 al 4 settembre 2016

 

In un luogo stupendo, in Irpinia, trascorreremo un lungo week end di salute, divertimento e consapevolezza.

 

Chi vuole può unirsi a noi per per fare un’esperienza meravigliosa all’insegna della Consapevolezza, della Meditazione e dell’ascolto della Natura, amplificando la nostra parte sensoriale, il nostro intuito, il nostro essere. Non c'è bisogno di essere dei praticanti di Yoga, ma è necessario l'intento di ritrovare sè stessi nei ritmi della natura.

 

Nella splendida cornice del luogo, ci immergeremo in noi stessi grazie alla pratica di antiche tecniche yogiche insegnate da Yogi Bhajan. Così, ci libereremo dallae tensioni e dallo stress accumulato e si aprirà in noi la gioia del vivere ogni attimo così com'è.

 

Arrivo il pomeriggio di venerdì 2 settembre entro le 18, per poi cenare tutti assieme alle ore 19, poi una breve passeggiata prima di praticare la meditazione della sera. Infine tutti a nanna per il risveglio del sabato mattina.

 

PROGRAMMA GIORNALIERO
Potranno esserci delle variazioni di orario in base alle esigenze dei partecipanti.

 

Venerdì

18.00 – Arrivo e sistemazione
19.00 – Cena
20.15 
 Breatwalk

20.45 – Meditazione della sera

 

Sabato
5.00 – 7.30 Sadhana (pratica del mattino – facoltativo)

7.30 – 9.30 Colazione e relax

10.00 – 12.30 Breathwalk, pratica di Kundalini Yoga e Meditazioni
13.00 – 16.00 Pranzo insieme e relax con spazio dedicato al Silenzio Interiore
16.00 – 18.15 Breathwalk e pratica al di Yoga Kundalini
19.00 – Cena
20.45 – 21.30 Meditazione della sera

 

Domenica
5.00 – 7.30 Sadhana (pratica del mattino – facoltativo)
7.30 – 9.30 Colazione e relax
10.00 – 12.30 Breathwalk, pratica di Kundalini Yoga e Meditazione
13.00 – 15.30 Pranzo insieme e relax con spazio dedicato al Silenzio Interiore
15.45 – 16.30 Pratica di Kundalini Yoga
17.00 – Saluti e partenze

 

Per ogni informazione e prenotazioni: Mario (Mohanjeet Singh) - 3492862740

Progetto Gaia-Benessere Globale

PROGRAMMA DI EDUCAZIONE ALLA CONSAPEVOLEZZA GLOBALE

 

Il gruppo Oneness Family Napoli condivide gli obiettivi e sostiene il progetto Gaia, sviluppato e promosso dal Villaggio Globale di Bagni di Lucca. 

Attraverso un gruppo di counselor, educatori, insegnanti, operatori, e speriamo al più presto di psicologi, diffondiamo nelle scuole di ogni ordine e grado il protocollo del progetto. 

Info: borrellimario@tin.it 


Il “Progetto Gaia-Benessere Globale” è un programma di educazione alla consapevolezza globale e alla salute psicofisica sviluppato per rispondere alle necessità educative di una società sempre più globale, espresse nelle linee educative internazionali del DESS il “Decennio di Educazione allo Sviluppo Sostenibile” promosso dall’UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, allo scopo di “diffondere valori, consapevolezze, stili di vita orientati al rispetto per il prossimo e per il pianeta”, e nelle “Indicazioni Nazionali per il Curriculo dell’Infanzia e del primo ciclo di Istruzione” del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Il “Progetto Gaia-Benessere Globale” è stato ideato e sviluppato da un'equipe di docenti, professori universitari, educatori, psicologi e medici dell’associazione “Villaggio Globale” di Bagni di Lucca, ed è stato approvato e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e sostenuto dall’UNESCO.

Il nucleo del Progetto Gaia è rappresentato dalla consapevolezza di Sé come base per lo sviluppo della dignità umana e della responsabilità di cittadinanza globale, per il miglioramento del benessere psicofisico e dell’“intelligenza emotiva” e per stimolare nei giovani un ruolo attivo e creativo nella realizzazione di una società più consapevole e sostenibile. Riteniamo che solo una nuova consapevolezza possa portare alla realizzazione di una società più etica e sostenibile.

 

Destinatari e dati nazionali

I destinatari del Progetto Gaia sono i bambini, ragazzi e giovani adulti (fino ai 30 anni), con particolare attenzione ai giovani disagiati e a rischio. I dati nazionali relativi all’“abbandono scolastico”, al “bullismo”, alla “differenza di genere” e alla “violenza fisica e psicologica” evidenziano un reale problema le cui radici devono essere ricercate nelle situazioni di malessere sociale ed economico di una società in rapida globalizzazione. Questo malessere si riflette sui bambini e sui giovani di ambo i sessi generando stress, disagio psicosomatico, aggressività, isolamento e depressione; disturbi che l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha definito come le “malattie del nostro tempo”.


Obiettivi del Progetto Gaia - Benessere Globale

Gli obiettivi pratici del Progetto Gaia - Benessere Globale sono riassunti nei seguenti punti:

 

  1. Sviluppare una maggiore consapevolezza psicosomatica di Sé (corpo ed emozioni)

  2. Migliorare il benessere psicofisico riducendo lo stress, l’ansia e la depressione,

  3. Migliorare il rendimento scolastico e l’attenzione, riducendo l’irrequietezza e la tensione.

  4. Gestione delle emozioni e contenimento della reattività e degli impulsi (autoregolazione)

  5. Migliorare il clima e la cooperazione del gruppo classe

  6. Offrire una base di informazioni etiche, scientifiche e culturali per una cittadinanza globale.

  7. Educazione alla sostenibilità e ai diritti umani per una cittadinanza globale (UNESCO).


I risultati del Progetto Gaia - Benessere Globale

Il PG è già sperimentato con notevole successo durante gli anni scolastici 2013-2014 e 2014-2015 raggiungendo oltre 4500 bambini e giovani in scuole di ogni ordine e grado di tutte le venti regioni italiane, producendo un alleggerimento delle condizioni psicofisiche “negative”, migliorando la percezione di Sé, la capacità di espressione, l’empatia, la fiducia in sé stessi, la collaborazione e le capacità comunicative e relazionali.

 

Nelle giornate del 30 e 31 Maggio, presso il Palazzo Ducale di Lucca, si è svolto il convegno nazionale relativo alla presentazione dei risultati del Progetto Gaia.

Attualmente il Progetto Gaia-Benessere Globale è stato approvato e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e sostenuto anche dall’UNESCO-Ficlu, e sono offerti n. 60 posti di formazione gratuita.

Nell’ambito del progetto sono previsti incontri di formazione teorica e pratica per un totale di 56 ore (tre giorni + eventuale convegno di 2 giorni + eventuale gruppo di mindfulness psicosomatica). I corsi di formazione gratuiti non comprendono le spese di viaggio, il vitto e l’alloggio.

Al termine del corso verrà rilasciato un attestato e i docenti partecipanti avranno acquisito le competenze teoriche, le esperienze pratiche e tecniche per poter promuovere e condurre gli “Incontri del Progetto Gaia-Benessere Globale”.

Chi desidera accedere al corso di formazione deve scrivere alla segreteria del “Progetto Gaia-Benessere Globale”: Sara Marinari - email: segreteria@psicosomaticapnei.com.



Per chiunque fosse interessato a ricevere ulteriori informazioni sarò molti felice di essere contattato personalmente al 349-2862740 - borrellimario@tin.it .

E' possibile prendere atto delle finalità, delle basi educative, etiche e scientifiche del progetto cliccando sul sito http://www.villaggioglobale.eu/index.php?id=gaia o scaricare il libro "Progetto Gaia 2015" dal sito http://www.psicosomaticapnei.com/psicosomaticapnei.php?id=libro_pr_gaia .

Di seguito sono riportati inoltre altri siti dove è possibile informarsi direttamente:
http://www.progettogaia.eu/

http://www.benessereglobale.org/

http://onenessfamilynapoli.jimdo.com/


La Meditazione - Curiosità, tecniche e benefici.

 

https://www.spreaker.com/user/radionoventa/la-meditazione-curiosita-tecniche-e-bene#

Il cuore intelligente

Riporto questo importante articolo su “Il cuore intelligente” scritto da Daniela Ghirardi – martedì 04 febbraio 2014 – KarmaNews


Il centro cardiaco è dotato di un sistema di neuroni, il cui “campo” ha la stessa forma di quello che circonda il nostro pianeta ed è in grado di influenzare il cervello. Che cos’è lo stato di coerenza e come si misura

Tutte le antiche tradizioni ci parlano del cuore: l’iconografia religiosa cattolica ci mostra il cuore di Gesù, il Sacro Cuore. I Maestri ci parlano del “sentire” con il cuore e non con la mente. Nella medicina indiana, il chakra del cuore (immagine sotto) è il più importante, ed è collegato all’amore cristico, l’amore incondizionato.

Nell’accezione comune, siamo abituati a considerare il cuore da due differenti punti di vista: uno scientifico-funzionale (la pompa che dirige la circolazione sanguigna) ed uno “sentimentale” come sede dei sentimenti, quella parte di noi di cui si dice: “ascolta il tuo cuore”, “mi ha spezzato il cuore”, “sono parole che vengono dal cuore”… Da un punto di vista funzionale, fino a poco tempo fa, si dava per scontato che fosse solo il cervello a dirigere il funzionamento dell’organismo. Invece, probabilmente, la tradizione ne sapeva più di noi a riguardo e le recenti scoperte in campo neurobiologico stanno trasformando completamente i paradigmi scientifici fin qui percorsi.

Una ricerca sviluppata fin dagli anni settanta da alcuni neurobiologi e neuro-cardiologi statunitensi ha consentito di scoprire che il cuore è l’unico organo a non ubbidire automaticamente ai segnali inviati dal cervello e che, inoltre, esso può mandare segnali al cervello a cui quest’ultimo ubbidisce. Ma com’è possibile? Essi individuarono nel cuore un proprio sistema nervoso, formato da 40.000 neuroni, un reticolo di neurotrasmettitori, proteine e cellule di sostegno, che gli consentono di prendere decisioni e passare all’azione indipendentemente dal cervello. Si parlò allora di intelligenza del cuore. Così sappiamo che nel feto in divenire, il cuore umano inizia a battere prima che il cervello si sia formato: sembra un «paradosso», ma non è così perché quel piccolo cervello comunica con tutte le altre cellule e con l’universo informazione.

Il campo elettrico del cuore, che viene misurato dall’elettrocardiogramma, è all’incirca sessanta volte più grande in ampiezza di quello generato dalle onde cerebrali, registrate da un elettroencefalogramma, e 5000 volte più potente, non è impedito dai tessuti e può essere misurato anche a distanza dal corpo con uno strumento a Superconduzione di Interferenze Quantiche (SQUID), basato su magnetometri.

La dimensione del Campo misurabile varia da un minimo di 2,5 ed un massimo di 3 m, con asse verticale centrato nel cuore. La sua forma toroidale (sotto, a sinistra) è quella considerata la più unica e primaria dell’universo ed è quella che circonda il nostro pianeta. Questo campo contiene un suo doppio (come una matriosca) più piccolo posto sullo stesso asse verticale – questo perché esso è “duale” come le energie della manifestazione – le forze + e -, ovvero Yin e Yang, ed è quindi in grado di interagire in ogni momento con il campo elettromagnetico circostante. Questo vuol dire che noi abbiamo costantemente una specie di “ciambella energetica” molto estesa intorno a noi che entra in comunicazione con quelle degli individui che incontriamo molto prima che il contatto fisico avvenga ed è recepibile dai soggetti che si trovano nel suo raggio di azione-comunicazione.

I cambiamenti derivanti dalle emozioni, nelle onde elettromagnetiche, fanno variare la frequenza del battito, la pressione sanguigna e quella sonora prodotta dall’attività del ritmo cardiaco, quindi creano una variazione nell’emissione magnetica del campo. Essi sono percepiti da ogni cellula del corpo; è stato dimostrato che, prelevato un campione di Dna e portato a chilometri di distanza, generando un’emozione negativa il filamento risponde in tempo reale, come se fosse ancora nell’organismo di provenienza.

Si è scoperto inoltre che le emozioni positive (il cuore genera emo-azioni, da non confondersi con sentimenti o pensieri) e la coerenza del ritmo cardiaco hanno influenza sulla funzione corticale, facilitando il suo funzionamento, mentre emozioni negative, soprattutto se legate allo stress, possono influenzare e inibire la stessa capacità di organizzazione coerente dei pensieri.

Quando creiamo un’esperienza di amore, di gratitudine o di comprensione nel cuore, questa invia un segnale al cervello, che genera quella che viene chiamata coerenza (coerenza cuore-cervello). La coerenza è stata effettivamente misurata scientificamente come un segnale elettrico molto basso, pari a 0,10Hz, o 0,10 cicli al secondo. Dunque quando proviamo un’emozione che crea il valore di 0,10Hz, si dice che “siamo in coerenza” ed ecco perché si tratta di una cosa positiva: in presenza della coerenza, diventiamo più buoni e meno aggressivi. Nello stato di coerenza, siamo più disposti a risolvere i nostri problemi discutendone, senza prevaricazioni. Nello stato di coerenza la forza di carattere e la risolutezza sono molto forti, riusciamo a pensare meglio ed a risolvere i nostri problemi. Non da ultimo, l’organismo intero risponde con un ben-essere cellulare e la frequenza corretta. Esperimenti condotti su malati di AIDS hanno dimostrato che i soggetti che si erano sottoposti all’esperimento dopo sei mesi avevano avuto una significativa remissione dai sintomi.

Per di più, determinati strati dell’atmosfera terrestre, oltre alla terra stessa, generano ciò che oggi viene definita una “sinfonia” di frequenze (comprese fra 0,01 e 300 hertz), alcune delle quali si sovrappongono alle frequenze create dal cuore mentre comunica col cervello. È proprio questo rapporto apparentemente antico e quasi olistico fra il cuore umano e lo scudo che rende possibile la vita sulla terra ad aver generato una splendida teoria e il progetto che la sta esplorando. Detto in parole usate dai ricercatori di HeartMath®Institute, il rapporto fra il cuore umano e il campo magnetico terrestre indica che «una intensa emozione collettiva esercita un impatto misurabile sul campo geomagnetico della Terra».

Quali sono le implicazioni possibili? Se possiamo imparare il linguaggio del cuore — lo stesso che lo scudo protettivo magnetico della terra riconosce e al quale risponde — allora possiamo partecipare agli effetti che il campo esercita su ogni forma di vita. Non da ultimo, il cuore è il tramite tra la vita e la morte, la nostra più grande paura.

Questi studi ed altri condotti dal fisico Dan Winter ci dicono che alla momento del trapasso, questo campo del cuore si ritira piano piano fino a scomparire (in circa un’ora, cioè quanto dura la funzionalità della ghiandola pineale) e permette lo scambio totale delle informazioni finali dell’essere stesso con gli elettroni e gli atomi, che lo compongono e che andranno a fare parte di altre forme (sostanze, corpi ecc.). “Quando il vostro cuore fa risuonare la musica dell’amore, corrispondente alle armoniche del vostro battito cardiaco nell’ECG”, afferma Dan Winter “potete misurare gli effetti di questa coerenza sul vostro DNA. L’emozione del vostro cuore che imparaa cantare coerentemente è in realtà ciò che intreccia o giuda le parti del DNA ad annidarsi, allo scopo di programmarlo ed informarlo. L’emozione coerente controlla il vostro DNA”. Ed è questa informazione ciò che ci portiamo da una vita all’altra: forse per questo “quando viene concepito un bambino, il cuore umano inizia a battere prima che il cervello si sia formato”.


La Mindfulness Psicosomatica è alla base del progetto Gaia (per i giovani fino a 30 anni) e del progetto Benessere (per gli adulti).

Ma cos’è la mindfulness?

La Mindfulness è una attitudine umana universale: è l'intenzionale modalità non giudicante di essere attenti, con il cuore e con la mente, al dispiegarsi dell'esperienza, nel momento presente. E' interrompere i propri abituali automatismi di reazione. E' imparare a fare lo "Stop", a schiacciare il tasto "Pausa", per fare esperienza del quìeora, evitando di continuare a mettere in atto copioni comportamentali inadeguati al momento o rappresentazioni del sè non autentiche; questo significa ricollegarsi alle risorse naturali della Salute, dando vita ad un processo di recupero del benessere psicologico e dell'integrazione mente-corpo. 

Mindfulness è un semplice forma di consapevolezza che è a disposizione di ciascuno di noi in ogni momento.

Mindfulness è la traduzione inglese del termine sati dal Pali, la lingua usata dalla psicologia buddhista già 2500 anni fa: l’insegnamento legato alla parola sati rimanda a stati di consapevolezza e di compassione che implicano l’intenzione di (ri)orientare costantemente la propria presenza nell’esperienza che si sta dispiegando, al fine di essere pienamente recettivi e non categorizzanti. Quando parliamo di mindfulness non stiamo facendo riferimento ad un concetto o ad una entità reificabile, non si tratta di qualcosa che sta da qualche parte: al contrario la mindfulness è una attitudine da coltivare “in proprio”, un modo di mantenersi in piena ed accogliente attenzione verso l’esperienza che sta accadendo, momento dopo momento: questo sostiene una modalità consapevole di stare con se stessi, cioè con il proprio corpo, con il proprio cuore e la propria mente, e, al medesimo tempo, un modo di relazionarsi alle altre persone.

Mindfulness è quindi una pratica semplice, anche se non facile.

E' potente, ma non per questo complicata: può essere condotta da ogni persona.

E’ già stata utilizzata come base per creare protocolli di comprovata efficacia (v. riferimenti scientifici) in coda.

Cosa NON è la mindfulness:

Non è un metodo per rilassarsi

Non è un modo per svuotare la mente

Non è ritirarsi dalle relazioni o dalle emozioni

Non è un trucco per evitare esperienze difficili

Non è una religione o un invito ad una religione o una setta

Non è un trucco che in dieci minuti fa passare tutto.

Non è “una forma di psicoterapia”.


Riferimenti scientifici:

http://www.progettogaia.eu/documenti/docenti/le_basi_scientifiche.doc

http://www.progettogaia.eu/documenti/docenti/le_validazioni_scientifiche.docx


Il programma MBSR, messo a punto da Kabat-Zinn, è la modalità di riferimento a livello internazionale per introdurre le persone allamindfulness, che, appresa in tale programma, si è dimostrata capace di ridurre: i livelli di stress psicologico (Williams K. A. et al., 2001), l’ansia soggettivamente percepita (Shapiro et al., 1998), sintomi fobici e difficoltà di addormentamento (Walsh e Shapiro, 2006), la depressione(Grossman et al., 2010), la rabbia (Anderson et al., 2007), la ruminazione ideativa (Jain et al., 2007), la disorganizzazione cognitiva (Speca et al., 2000), i sintomi di evitamento in un disturbo post-traumatico (Branstrom et al., 2010). Inoltre sono evidenziabili miglioramenti nella qualità della vita (Koszycki et al., 2007) e nelle capacità di empatia (Shapiro et al., 1998), di perdono (Oman et al., 2008), di spiritualità (Astin, 1997), disenso di coesione del sé (Weissbecker et al., 2002), e di capacità di compassione (Lutz et al., 2008).

 

Mindfulness e tradizioni meditative

http://www.slideshare.net/G3RT/mindfulness-e-tradizioni-meditative

ENTRARE NELLE OSSA, RIORGANIZZARLE NEL PROFONDO. INTERVISTA A MADERU PINCIONE SULLA CRANIOSACRALE



"E' come se entrassi nell’osso e partecipassi ad una sua riorganizzazione profonda." E così descrive il suo lavoro Maderu Pincione, uno dei maggiori esperti di Craniosacrale in Italia, fondatore e direttore dell'ITCS (Istituto Terapie Craniosacrali). Gli abbiamo fatto qualche domanda e siamo entrati in un mondo fluido, bellissimo. Quello che ci abita.



Le rivoluzioni partono da idee che hanno il sapore di ossessioni per chi sta per cambiare qualcosa per sempre, senza saperlo nel suo attuale presente. Siamo ai primi del novecento. Il mondo è fucina di tecnologie, guerre, pellicole cinematografiche, in ambito osteopatico, le ossa del cranio vengono studiate come statiche. Non si muovono, punto, fine.

Un osteopata, W.G Sutherland, si accorge di quanto la forma della squama dell'osso temporale evochi un movimento respiratorio. "Le superfici articolari di queste ossami sembrarono, con il loro contorno, destinate ad una mobilità articolare." spiega ai colleghi e dice a se stesso.

"Armato" di punta di temperino e manuale di meccanica, Sutherland inizia a disarticolare i crani e a condurre osservazioni e sperimentazioni su di sé con pazienza, zelo, cura incredibile. Ogni osso, ogni sutura, ogni incastro. In ambito osteopatico viene ignorato o deriso, quando intorno al 1929 decide di rendere pubblica la sua scoperta. L'eco si espande e nel giro di trenta anni Sutherland tiene corsi post universitari in cui illustra il suo The cranial bowl, fonda un gruppo di studi sull'osteopatia cranica fino ad arrivare, nel 1953, alla fondazione della Sutherland Cranial Teaching Fondationche si proporrà come obiettivo di condurre studi scientifici sul meccanismo respiratorio primario.

 

Arriviamo agli anni '60. Siamo precisamente dentro a una sala chirurgica: un altro osteopata,John E. Upledger, professore di Biomeccanica della Facoltà di Medicina Osteopatica presso l’Università del Michigan, sta facendo esperienza dell'osservazione diretta del movimento autonomo delle meningi del midollo spinale e ne resta impressionato. Da quel momento inizia ad organizzare le sue osservazioni e intuzioni articolandole in un modello di studio basato proprio sul movimento respiratorio (primario e indipendente) e che non fosse confinato alla formazione osteopatica. Divulgò tecniche, modalità e protocolli di trattamento a massaggiatori, fisioterapisti, educatori al benessere proprio perché era certo dell'efficacia del suo metodo a fronte di una significativa assenza di controindicazioni. Diversi approcci si sono sviluppati negli ultimi vent'anni, la maggiore distinzione è tra la biomeccanica e la biodinamica craniosacrale. La biomeccanicasi basa sui movimenti delle ossa e dei tessuti legati al ritmo craniosacrale, nella biodinamicai principi del corpo fluido e dei movimenti che originano dalle forze embrionali, in estrema sintesi.

 

Abbiamo voluto sentire uno dei maggiori esperti di tecnica Craniosacralein Italia, Maderu Pincione, fondatore e direttore dell'ITCS (Istituto Terapie Craniosacraliper capire come funziona questa arte terapeutica.

 

Se dovessi usare una metafora a tua scelta, anche poetica, come spiegheresti il nesso che c'è tra le ossa del cranio e il benessere generale dell'individuo?

Il neurocranio è la “scatola” che contiene meningi, fluidi, cervello, cervelletto etc. La formazione del cervello nasce come un “tubo” pieno di liquido che si allarga, si inspessisce e crea da dentro il suo contenitore osseo. Ogni malformazione ossea è il riflesso di un'eventuale disfunzione che ha a che vedere con il sistema nervoso. In più, il neuro-cranio non è una noce di cocco bella compatta, ma è costituito da diverse ossa “incastrate “ tra loro. La domanda è: perché la natura ha fatto ciò? Questo punto interrogativo è il fulcro da cui partì il fondatore dell’idea di un Sistema Respiratorio Primario, basato sul meccanismo craniosacrale. Osservate l’osso temporale, quello che contiene l’orecchio interno ed esterno, proprio sopra la parte superiore dell’orecchio, si “articola” con l’osso parietale (se vi toccate delicatamente sopra le orecchie sentite una sporgenza) come una squama di un pesce. E a che servono le squame, se non a respirare?

 

La conclusione breve di una lunga ricerca è che se ci sono articolazioni, c’è movimento, e a muoversi non sono muscoli (che non esistono all’interno del cranio) ma il cervello stesso, o meglio la fluttuazione del liquido (liquido cefalo-rachidiano) che nasce da dentro il cervello, nei ventricoli e che fuoriesce bagnando, proteggendo e nutrendo cervello e midollo spinale fino all'osso sacro. Lì c'è la cisterna lombare dove viene praticata la puntura per l’anestesia e quando entra l'ago spesso si sente una fitta alla base cranica, le meningi che avvolgono cervello e midollo sono in continuità.Con un paragone visivo riesco a spiegarmi meglio: pensa a un palloncino con una coda (il midolllo spinale) che fa da contenitore di sostanze fluide e gelatinose (il cervello ha la consistenza della panna cotta) queste cellule-sostanze si muovono delicatamente e armoniosamente respirando. Questi movimenti sono attribuiti sia alla fluttuazione del liquido cefalorachidianoche al più generale movimento di tutti i fluidi del corpo intesi come un unico fluido dalle diverse densità (non dimentichiamo che siamo composti almeno del 70 % acqua e che originiamo dall'unione di due cellule al 100% fluide). L’idea è che queste forze intrinseche, chiamate Respirazione Primaria, proprio perché precedono quella polmonare e riguardano ogni nostra cellula, sono espressione della nostra SALUTE, di quel concetto di vitalità descritto da varie tradizioni e culture come il Qi, o il Prana o Soffio Vitale.

 

Cos'è il ritmo nella tecnica cranio sacrale?

Ci sono diversi ritmi.Un’immagine visiva è una sezione verticale dell’oceano.

Partiamo dal fondo dal punto di vista del movimento, al fondo c’è calma silenzio, quiete. La chiamiamo con il termine paradossale di Quiete Dinamica(Dynamic Stillness) per darne un’immagine trascendente dell’origine del movimento (il buio nasce dalla luce, il suono dal silenzio, il movimento dalla quiete). Saliamo dal fondo del nostro oceano (che poi abbiamo dentro) e incontriamo un flusso stabile e costante che caratterizza i fluidi come la corrente del golfo, questo movimento si chiama MAREA LUNGAe ha un ritmo stabile di 50 secondi per ciclo (inspirazione ed espirazione) questo è il ritmo o per meglio dire la frequenza del respiro delle forze bioelettriche, embrionali, energetiche che agiscono attraversando il corpo. Se saliamo ancora il movimento delle acque dell’oceano si articola in moti un po’ più rapidi e o influenzati dalla luna, per esempio questa è la MAREA MEDIA, un ritmo tra i 15 e i 20 secondi per ciclo, che è l’espressione più diretta dei nostri fluidi, come se il mix di sangue, linfa, liquido cefalorachidiano, liquidi intracellulari, extracellulari, interstiziali etc respirassero in concerto all'interno del corpo. Siamo sulla superficie dell’oceano e qui il ritmo delle onde dipende dal vento, dal clima, ed è molto più variabile, questo si chiama il ritmo cranio-sacrale, o impulso ritmico cranico, che varia tra i 6 e i 12 secondi per ciclo, instabile come le onde superficiali, è quel ritmo più legato al nostro “stato” del momento.



 

Quando il terapeuta di Craniosacrale entra in contatto, cosa effettivamente tocca?

Ogni tocco è legato indissolubilmente all'intenzione e costituisce una forma di dialogo con il corpo. Nella biodinamica craniosacrale si distinguono tre livelli di tocco-contatto-dialogo:- con i tessuti, pelle, muscoli, ossa, fascia-tessuto connettivo, organi etc. con i fluidi del corpo, o meglio con il corpo fluido, come se quel 70% di "acqua" che siamo, sia olisticamente un tutt'uno animato da un movimento detto Marea (Media) - con la "forza" vitale, quella che ci permea, che ci ha creato (le forze embrionali) e che ci tiene in vita (le forze del metabolismo e quelle bioelettriche).

L'esperienza diffusa di chi riceve un trattamento craniosacrale è quella di sentirsi cullati dolcemente come immersi dentro il mare, profondamente rilassati in un senso di quiete e armonia. E' questo lo "spazio-stato" con cui l'operatore entra in contatto, con un tocco delicato e non afferente, ma efferente (spiegazione: il tocco non è attivo, non fà "qualcosa", ma piuttosto passivo, in una condizione diascolto-efferente, che "riflette" dei sottili e lenti movimenti intrinseci al corpo stesso). Il trauma, la malattia, il disagio vengono percepiti al tocco come inerzia, stagnazione, mancata circolazione e l'operatore fa sì che lo "spazio-stato" di armonia presente possa riattivare la circolazione e ridurre ed eliminare inerzia e stagnazione.



A settembre parte il corso di cranio sacrale dell'ITCS (Istituto Terapie CranioSacrali) di cui sei fondatore e direttore, a Norma, in provincia di Latina. A una persona che sta decidendo che tipo di terapeuta diventare, perché consiglieresti questo corso?

Craniosacrale è un’arte di palpazione, fondamentalmente.

Per poter ascoltare e sentire quello che succede nel corpo dell’altro(ad ogni livello, fisico, emozionale etc ) dobbiamo avere una buona cognizione di quello che succede dentro il nostro sistema corpo-mente-spirito.Tutto parte da qui e forse arriva qui. Ci sono domande fondamentali che riguardano anche il terapeuta: dove sono in questo momento, dov’è il mio centro, dov’è il mio spazio di quiete, come sento dentro di me l’espressione delle forze vitali che abbiamo descritto (teoricamente, quindi come percepisco la MAREA LUNGA, la Marea Media nel mio corpo ora.

E' da qui che inizio per contattare il corpo dell’altro: paziente, cliente, amico, che sia. 
Quale intenzione ho nel contattare i suoi tessuti, o i suoi fluidi? Chiarire l'intenzione in un rapporto così intimo diventa fondamentale… Quando impariamo queste cose è perché impariamo la nostra anatomia vivente, che è quella poi che alla fine ci informa di quello che succede. La nostra capacità di sentire e di sentirci parte innanzitutto dal territorio(anatomia, anatomia e anatomia) e il passaggio dall’anatomia descrittiva all’anatomia esperienziale-vivente è cruciale. Più sono in contatto con i miei sistemi e ancor di più con le forze (le dinamiche morfologiche che li hanno “creati”) più sono in grado di interpretare e assecondare le forze della salute nell’organismo. Obiettivo del lavoro è certo quello di trovare la risorse, la forza della salute che sta dietro ogni malattia o disagio.



In base alla distinzione che ci hai spiegato prima, che tipo di approccio è il vostro? Biodinamico o biomeccanico. E ci spieghi qualcosa in più sul corso?

Consideriamo sia la biomeccanica dei tessuti che la biodinamica delle forze, come livelli della relazione, in un approccio integrato che parte dalla nostra consapevolezza di presenza e di intenzione.
Quanto al corso, la struttura della formazione è basata su tre giorni ogni mese circa per 12 incontri, il monte ore, concordato con le associazioni professionali di categoria italiane (
ACSI) e inglesi e americane, è di 700 ore complessive (400 frontali più studio e pratica). Attualmente questo è uno standard per le Discipline BioNaturali, a cui si è arrivati per rispondere alla realtà che vuole una regolamentazione e degli “standard” che garantiscano il cliente-utente, dall’altra parte in questi campi non si finisce mai di imparare e l’aggiornamento professionale si intreccia con la crescita personale e spesso dura tutta la vita, ma questo non lo possiamo codificare.

Abbiamo la sede a Norma, che è raggiungibile anche con il treno in 40 minuti da Roma, la scelta residenziale è vantaggiosa per l'apprendimento e possiamo offrire ai nostri allievi una ricca biblioteca specializzata, una ampia gamma di modelli anatomici per facilitare lo studio e i servizi di una spa e di un centro benessere, oltre a quelli alberghieri.

Di: Elisa Cappelli

http://www.cure-naturali.it/tecniche-energetiche/2846/tecnica-craniosacrale/3000/a






KUNDALINI YOGA E MEDITAZIONE

"La preghiera è quando la mente è focalizzata e l'uomo parla con l'Infinito. La meditazione è quando la mente diventa completamente pulita e ricettiva, e l'Infinito parla con l'uomo." Yogi Bhajan, The Aquarian Teacher Training manual, p. 129

Che cosa è la meditazione ?

La meditazione nel Kundalini Yoga contiene specifici e pratici strumenti che con cura e precisione supportano la mente e guidano il corpo attraverso l'uso del respiro, mantra, mudra, e focalizzazioni. La gamma e la varietà di tecniche di meditazione nella tradizione del Kundalini Yoga è veramente straordinaria. Yogi Bhajan ha trasmesso centinaia di meditazioni fatte su misura per applicazioni specifiche. Ci sono meditazioni che riducono lo stress, lavorano sulle dipendenze, aumentano la vitalità e purificano i chakra, solo per citarne alcune. Mentre esistono molti, molti stili e approcci alla meditazione, ciò che contraddistingue questo approccio alla meditazione è la sua precisione, efficacia e praticità.

Pulizia della Mente

"La meditazione è un processo .... in qualsiasi momento che è tranquillo (il migliore è la mattina presto, prima dell'alba), sarete sorpresi che in un paio di minuti un sacco di pensieri inizierà a venire a voi, i pensieri innominabili, quelli brutti, i pensieri rabbiosi. Se si lascia che questi pensieri passino, questa è meditazione. Tutti quei pensieri che possono passare in quel momento della tua vita non potranno mai entrare nella tua mente subconscia, e non ti daranno fastidio di nuovo. Questa procedura di pulizia della mente è chiamata meditazione .... ci vogliono circa tre minuti per ottenere questo tipo di pensieri. E a volte continuano a presentarsi per circa mezz'ora. Ma, se fisicamente non ti muovi, la mente diventa ferma. Questo è il fondamento, o l'inizio della mente meditativa. Una volta che la tua mente inizia a diventare ferma e a non avere pensieri, ti sentirai confortato, e questo conforto non può essere descritto nemmeno da me. Tutto quello che posso dirti è che è molto confortevole, è molto accogliente, e si vuole farlo ancora e ancora. Ma all'inizio non si può fare per un lungo periodo di tempo. A poco a poco, come si sviluppa questa comodità, questo processo di annullamento del pensiero diventa più breve." Yogi Bhajan 21/2/78


C'è il mito che quando ti siedi, si dovrebbe essere in grado di calmare la mente. La mente genera migliaia di pensieri al secondo. Quando ci si siede tranquillamente e si punta la messa a fuoco verso l'interno, si diventa molto consapevoli di ciò che sta accadendo nel background della mente. Le distrazioni sono la regola. Basta continuare e tornare al mantra o ad altri punti di messa a fuoco. Non valutare e reagire ai pensieri estranei. Lasciateli processare dal mantra. Abbiate pazienza con voi stessi. La meditazione può spesso essere felice o molto accogliente appena la mente meditativa stabilisce un luogo di elevata coscienza. A volte la meditazione può essere addirittura miserabile. La meditazione è un processo di purificazione. Puoi trovarti ad osservare alcuni sgradevoli e brutti pensieri mentre stai meditando. La cosa importante è tenere il passo ! I mantra e le meditazioni stanno facendo il loro lavoro. Stai pulendo e sbarazzandoti della negatività che sta coprendo la luce divina dentro di te.


"Una persona che ha la pazienza di permettere alla mente di passare attraverso le sue buffonate, pur rimanendo saldamente piantata, sperimenterà qualcosa. Quel " qualcosa" è diverso per ogni individuo, ma sarà, in un modo o nell'altro, un risveglio del Sè. Con questa nuova consapevolezza arriva il cambiamento interiore, poi il cambiamento esteriore" Shakti Parwha Kaur


Linee guida per la Meditazione


Quando meditare

Ogni volta che funziona per voi, soprattutto se è la stessa ora ogni giorno. Tenete a mente che il primo mattino, l'Amrit Vela, è migliore perché vi imposta per l'intera giornata ed è naturalmente un tempo di riflessione tranquillo (soprattutto prima dell'alba). In serata (al tramonto o prima di andare a letto), è anche un buon momento.

Dove meditare

Scegliete un luogo dove non sarete disturbati, o vulnerabili, o distratti. Provate a utilizzare lo stesso posto ogni giorno. Rendetelo il vostro posto; si può riempire con candele, fiori, immagini spirituali e/o immagini di luoghi bellissimi e qualsiasi altra cosa che è edificante, calmante, ispirante. Sedetevi su una pelle di pecora, su una coperta di fibra naturale o, se necessario su un cuscino, oppure su una sedia dedicata a questo scopo.


Impegnarsi a meditare

Qualunque sia la meditazione che si sceglie di fare, per ottenere il massimo beneficio, impegnatevi completamente a farla per un certo periodo e per una certa durata di tempo. Tenete a mente che 3 minuti al giorno sono più efficaci di 31 minuti una volta a settimana. Se salti una giornata, non abbatterti, basta iniziare di nuovo e tenere il passo !


Sintonizzati con l'Adi Mantra

Recita Ong Namo Guru Dev Namo tre volte prima di iniziare la meditazione. Si può anche scegliere di fare un kriya o qualche esercizio di riscaldamento dopo la sintonizzazione.

Impostare la tua intenzione

Abbiate un quadro chiaro di ciò che il risultato di questa meditazione sarà per voi. Perchè avete scelto di farla ? Più è chiara la vostra attenzione e intenzione, più potenza c'è dietro la meditazione. Si ottiene quello che si proietta, così progetta il risultato.

I minuti della Meditazione

La scienza dello Yoga dice che ci sono lunghezze di tempo specifiche e necessarie per determinati effetti desiderati nella meditazione. Così, le meditazioni (e gli esercizi in un kriya) sono tenute per un periodo di tempo specificato.

3 minuti
di meditazione influenzano il vostro campo magnetico;
11 minuti
di meditazione interferiscono con il sistema ghiandolare;
31 minuti
di meditazione permetteno alle secrezioni delle ghiandole di raggiungere le cellule del corpo;
62 minuti
di meditazione intervengono sulla materia grigia del ervello;
150 minuti
di meditazione (2 ore e mezza) cambiano le cellule e i tessuti del corpo e ricostruiscono il vostro sistema. Siete ricostruiti come quando eravate nell'utero materno.


Cicli Meditativi di Trasformazione

Impegnarsi in un pratica personale, rende il processo meditativo di trasformazione e di scoperta di sé, proprio. Per padroneggiare gli effetti di una meditazione, praticala come un sadhana, una disciplina quotidiana. Questo svilupperà l'abitudine a promuovere la vita. L'abitudine ci controlla così tanto che si dice che in realtà possiamo cambiare il nostro destino cambiando le nostre abitudini. Possiamo usare vari cicli della mente umana per contribuire a sostituire i modelli indesiderate di comportamento con quelli nuovi, più positivi. Scegli una meditazione che si adatta ai tuoi obiettivi e/o ti ispira, e impegnati a praticarla per 40, 90, 120 o 1000 giorni.


40 giorni: Cambiare un'abitudine.
90 giorni: Confermare l'abitudine.
120 giorni: Tu sei la nuova abitudine.
1000 giorni: Padronanza della nuova abitudine.



Alcune meditazioni del Kundalini Yoga

25th Pauri of Japji: Bahuta Karam
Attitude of Gratitude Meditation
Balancing the Nervous Energies (also known as Meditation for Hair-Trigger Efficiency)
Becoming Like Angels
Breath of Ten Meditation to Become Dis-Ease Free
Dhrib Dhrishti Lochina Karma-Meditation for Inspiring, Truthful, Deeply Penetrating Speech
Doei Ashtapad Jap Meditation for Healing
Ganpati Kriya for Prosperity
Grace of God Meditation
Guru Ram Das Rhythmic Harmony for Happiness
Healing Hands
Kriya for Healing Addictions
Kriya for Healing the Self
Learning to Bless
Long Ek Ong Kars (My Favorite Mantra)
Lotus Prayer for Prosperity and Projection unto Victory
Meditation for Absolutely Powerful Energy
Meditation for Atomic Radiation
Meditation for Becoming a Channel to Uplift Others in the Aquarian Age
Meditation for Couples
Meditation for Guidance
Meditation for Gurprasad
Meditation for Increased Energy
Meditation for Inner Conflict
Meditation for Keeping Up with the Times
Meditation for Prosperity II (with Tantric Har)
Meditation for Release of Cold Depression
Meditation for Royalty in Service to the Divine
Meditation for Solar Flares
Meditation for Stress and Sudden Shock
Meditation for the Fourth Chakra
Meditation for the Negative Mind
Meditation for the Neutral Mind
Meditation for the Positive Mind
Meditation for Wealth and Intuitive Opportunity
Meditation of Change
Meditation to Alleviate Stress
Meditation to Bring Prosperity into Your Life
Meditation to Build Intuition
Meditation to Discover the Beauty and Heavens Within
Meditation to Experience the Gift of Life
Meditation to Heal a Broken Heart
Meditation to Prevent Burn-Out
Meditaton for the 7th and 8th Chakras
Peace Meditation #2
Pranayam to Boost Your Immune System
Prosperity Affirmation
Prosperity Meditation to Keep Up with the Times
Prosperity Meditations # 1 and #2
Ra Ma Da Sa Healing Meditation
Sending Healing Thoughts Meditation
Shabad Kriya for Deep Sleep and Radiance
Sixteen-Stroke Breath to Rebuild Health
Smiling Buddha Kriya
Stimulate Your Chakra System and Feel Wonderful
The Divine Shield Meditation for Protection and Positivity
The Guru Mantra: Guru Guru Wahe Guru, Guru Ram Das Guru
The Healing Ring of Tantra Meditation
The Healthy, Happy, Holy Breath
The Karma Completer
The 'Last Resort' Meditation
The Mantra for Miracles: Dhan Dhan Ram Das Gur
The Old Gypsy Way of Calling on the Spirit
The Radiant Body: The Beauty of Every Woman
Three Meditations for Happiness
Tratakum Meditation
Two Venus Kriyas
Two-Part Meditation to Realize Your Grace and Rise Above Reflex Actions
Meditiation on the Divine Mother-Adi Shakti
The Grace of God Meditation
Kundalini Bhakti Meditation
Kundalini Bhakti Mantra audio
'Keep Up' Video: Connect and Reacharge with the Adi Shakti Energy
Sodarshan Chakra Kriya
Meditation to Experience the Essence of a Teacher
Meditation on Your Self as a Yogi
The Caliber of Life Meditation
Meditation to Open the Lock of the Heart
Meditation to Connect with the Self-Sensory System
Meditation to Strengthen the Nervous System
Meditation for Preventing Mega Information Syndrome
The 4 Stroke Breath to Build Intuition
Meditation to Develop the Frontal Lobe
Kundalini Yoga: Pranayam Cleansing Meditation
Aerobic Capacity & Efficency Meditation
Self-Care Breath Kriya
Bhoj Kriya: How to Eat Consciously for Good Health

JACK KORNFIELD – COME ASSAPORARE IL GUSTO DELLA PRESENZA MENTALE

Quando ci mettiamo a indagare su chi sia consapevole possiamo anche sentirci confusi, all’inizio, come un pesce che cerca l’acqua. Scopriamo che non c’è nulla di solido, nessuno che sta percependo. È una scoperta meravigliosa. La presenza mentale non ha né forma né colore; è al di là di « presenza » o « assenza », « venire » o « andare »: al loro posto c’è soltanto uno spazio limpido di conoscenza, di coscienza, che è vuoto e allo stesso tempo dotato di cognizione. Mentre reggi fra le mani questo libro la tua coscienza legge le parole e riflette sulla natura della coscienza stessa; voltati e chiediti chi è che sta leggendo. La prima risposta che ti verrà, forse, è: « Non riesco a sentire niente, qui, è soltanto vuoto ». Sta’ con questa presa d’atto, questa vuota apertura; impara a fidarti di lei. È la coscienza senza limitazioni, che riflette tutto ciò che appare alla sua percezione senza lasciarsene influenzare.

Se eserciti questa indagine con regolarità, poco a poco potrai sviluppare la capacità di distinguere, fra gli avvenimenti e le esperienze della vita, la coscienza che ne fa conoscenza. Impari a dimorare in pace nel «conoscere », non disturbato; impari a metterti comodo in mezzo a tutte le situazioni, anche in quelle difficili o confuse.

Questo fermarsi in pace, questo assestarsi, è ben diverso da quella sorta di distacco patologico che avevo imparato da bambino. Mosso dalla paura, mi ero separato dall’esperienza che vivevo, proteggendomi con la sottile distanza che il mio ruolo di testimone mi garantiva. Quando davvero dimoriamo in pace nella presenza mentale, la nostra esperienza è spaziosa e intima, senza difese. Insieme a essa nasce la compassione; sentiamo il nostro cuore connettersi spontaneamente con la vita.

 

Una meditante, Maria, che lavora come infermiera nel Pronto soccorso di un ospedale di zona descrive come ha imparato a usare l’arte di dimorare in pace nella presenza mentale: «A volte non c’è troppo da fare e posso lavorare in automatico, effettuando i controlli su un paziente o sbrigando le pratiche mentre la mente se ne va a pensare un milione di altre cose. Poi magari ci arriva una folla intera di pazienti – incidenti, attacchi di cuore, crisi d’asma. Io faccio la mia parte, ma sono sintonizzata anche sull’insieme di quel che succede. Ho imparato ad aprire la presenza mentale: è come se la mia mente diventasse spaziosa e calma, presente, sensibile alle necessità eppure in un certo senso distaccata, allo stesso tempo. Sospetto che sia come lo ‘stato di flusso’ di cui parlano gli atleti: io sono presente nella situazione, faccio quel che va fatto, eppure una qualche parte di me si limita a osservare tutto quanto, in silenzio.

« Mi capita di più, in questi giorni, non solo al lavoro; quando pratico la meditazione, la cosa si fa più forte. Ho avuto un gran litigio con mio figlio, e mentre succedeva sentivo che mi irrigidivo fisicamente sempre di più, tanto ero sicura di avere ragione; mi è bastato percepire quella rigidità per rilassarmi e spostarmi nello spazio della presenza mentale, ed ecco che le cose si sono aperte. Gli stavo dicendo di no, ma riuscivo a sentire tutto l’amore che c’era sotto quel ‘no’, che quelli erano semplicemente i nostri ruoli rispettivi da recitare per bene, e che dietro c’era tanto spazio, che andava tutto bene. »

Quando impariamo a dimorare in pace nella presenza mentale, in noi c’è cura e insieme silenzio. C’è la percezione della cosa da fare nell’immediato e la consapevolezza di tutto ciò che accade, c’è un grande spazio e c’è una sensazione di connessione e d’amore. Quando c’è spazio a sufficienza, tutto il nostro essere riesce a prendere conoscenza della situazione e insieme a stare a proprio agio. Vediamo la danza della vita; danziamo con grazia eppure non ce ne lasciamo intrappolare. In ogni situazione possiamo aprirci, rilassarci e tornare alla natura « simile al cielo » della coscienza.

Da Jack Kornfield, il Cuore Saggio, Corbaccio, 2014.

 

I SEDICI ESERCIZI DEL SUTRA ANAPANASATI

Commento del venerabile maestro Thich Nhat Hanh, tratto da due discorsi di Dharma tenuti il 18 e 22 gennaio 1998 a Plum Village.


Il Sutra Anapanasati, o Sutra sulla Piena Consapevolezza del Respiro*, tratta dei sedici esercizi per la pratica della respirazione cosciente. È un sutra fondamentale e di grande bellezza. Esistono molti sutra importanti, ma avvicinarsi ad essi senza aver prima studiato il Sutra Anapanasati è come tentare di salire in cima ad una montagna senza l'aiuto di un sentiero già tracciato. La diffusione di questo sutra in Vietnam è iniziata nel I secolo dopo Cristo, ma il primo commento, opera del maestro Tang Hoi, risale al III secolo ed è in cinese. Dell'Anapanasati, infatti, esistono diverse versioni nel Canone cinese, ad esempio nel Samyukta Agama, oltre alla versione del Canone pali, contenuta nel Majjhima Nikaya. Purtroppo il testo cinese, intitolato "Il Grande Sutra sul Respiro", non è chiaro quanto il sutra corrispondente in pali, anche se, ad un attento confronto, dopo oltre 2.500
anni, le differenti traduzioni appaiono sovrapponibili per circa il 90 per cento. E questo è meraviglioso. Tuttavia i sedici esercizi esposti nel Canone Pali sono molto più efficaci. Per questa ragione ho tradotto in vietnamita e in inglese quest'ultima versione. Il metodo della presenza mentale attraverso il respiro consente di raggiungere visione profonda e liberazione. Sono certo che il Buddha stesso, anche dopo aver raggiunto l'illuminazione, ha continuato a seguire il proprio respiro in consapevolezza. Respirare in consapevolezza significa essere sempre padroni di se stessi, essere il conducente della propria automobile, sapere come prendersi cura di sé in modo stupendo. Anche se diventerete dei Buddha dovrete continuare a nutrire con cura corpo e mente, poiché
abbandonando la presenza mentale del respiro potreste essere trruppi: i primi quattro sono focalizzati sul corpo; i secondi quattro sulle sensazioni, da intendersi come una formazione mentale; i successivi quattro sulla mente, che equivale ad altre quarantanove formazioni mentali; gli ultimi quattro sono focalizzati sui fenomeni, ovvero le percezioni, la cinquantunesima formazione mentale. In questo senso è possibile tracciare un parallelo con il Sutra sui Quattro Fondamenti della Presenza Mentale, che ci invita a mettere in pratica la contemplazione del corpo, delle sensazioni, della mente e degli oggetti della mente.

Nel primo esercizio del Sutra Anapanasati riconosciamo una cosa semplice e miracolosa:

"Inspirando, so che sto inspirando. Espirando, so che sto espirando".

Riportate la vostra mente al corpo e al respiro, e all'improvviso vi rendete conto: "Oh, sto inspirando, sto espirando". Riconoscete semplicemente il vostro respiro. Dire "so che sto…" significa che state portando tutta la vostra attenzione, tutta la vostra mente, sull'inspirazione e sull'espirazione. Poiché l'attenzione della vostra mente è tutta concentrata sul respiro, ecco che senza sforzo potete lasciare andare le preoccupazioni, la rabbia, l'avidità, la paura, la gelosia. La presenza mentale è come una guardia che controlla i cancelli di una fortezza e che, quando vede una persona che entra o esce dalla fortezza, sa se si tratta di una persona del posto o di uno straniero. La presenza mentale è la guardia che sa che state inspirando e sa che state espirando. La vostra mente sa riconoscere se una certa energia è salutare o nociva. Andando avanti, sviluppando sempre di più la pratica, saprete riconoscere "questa è gelosia, quella è compassione", ma all'inizio esercitate semplicemente la mente a riconoscere il respiro. Alcuni mettono una mano sull'addome e vi portano tutta l'attenzione: "Il mio addome si solleva (inspirando), il mio addome si abbassa (espirando)". Concentrando la vostra attenzione sul sollevarsi e l'abbassarsi dell'addome, tutti gli altri pensieri si arrestano. Quando ricevete delle notizie che vi agitano, e non riuscite a dormire, portate tutta la vostra attenzione al movimento dell'addome: consentirete così al cervello di riposare, all'agitazione e all'irritazione di calmarsi. Continuando questo esercizio anche per soli 5, 10 o 15 minuti riuscirete a conciliare un sonno profondo.

Il secondo esercizio consiste nell'osservare e prendere atto della lunghezza del respiro:

"Inspirando un lungo respiro, so che sto inspirando un lungo respiro. Espirando un lungo respiro, so che sto espirando un lungo respiro".

Oppure:
"Inspirando un respiro breve, so che sto inspirando un respiro breve. Espirando un respiro breve, so che sto espirando un respiro breve".

Ci sono dei praticanti che cercano di forzare e modificare il proprio respiro. Il Buddha ha detto che questo non è il modo corretto. Non pensate che un respiro lungo sia meglio di un respiro breve, o viceversa. Prendete soltanto atto della lunghezza del vostro respiro per quella che è naturalmente. A volte il fatto che il respiro sia corto è un bene, come quando, dopo aver fatto un grosso sforzo, abbiamo bisogno di fare dei respiri più brevi. Altre volte,
invece, ci può far bene stenderci e fare dei respiri lunghi e profondi. Un respiro lungo va bene, un respiro breve va bene, tutto dipende da cosa è meglio per il corpo e la mente in quel momento. Siate dunque semplicemente consapevoli del vostro respiro, senza cercare di intervenire su di esso. Non fate nulla, se non osservare e riconoscere, senza reprimere o forzare. Quando c'è il sole, la sua luce non fa altro che risplendere sulla terra. Non cerca di diffondere i suoi raggi ovunque e non obbliga la terra ad assorbirli. Il sole splende e basta. Cerchiamo di praticare in modo totalmente non violento, in modo amorevole verso il nostro respiro. Quando siete seduti con la schiena curva non dovete far altro che riconoscere questo fatto: con naturalezza il vostro corpo tornerà nella posizione corretta. Non dobbiamo dire quanti secondi o quanti metri è lungo il respiro! Dobbiamo solo esserne consapevoli durante tutta la sua durata: cominciamo dall'inizio dell'inspirazione e teniamo la mente insieme al respiro fino alla fine. Quando espiriamo è lo stesso: seguiamo da vicino il respiro finché non ha termine. Il praticante deve dedicarsi diligentemente a questi due primi esercizi, in modo da padroneggiarli.

Il terzo esercizio consiste nell'essere consapevoli del corpo:

"Inspiro e sono consapevole di tutto il mio corpo, espiro e sono consapevole di tutto il mio corpo".

Inspirando sono consapevole dell'aria che entra e riempie i miei polmoni. Posso sentire l'espansione e la contrazione del diaframma, sento che il respiro tocca ogni parte del corpo. Il respiro è connesso ai movimenti del corpo, ma nel Buddhismo esso è inteso anche come parte della mente. Quando camminate siete consapevoli di ogni vostro passo e quando alzate una mano portate l'attenzione al sollevarsi della mano. Se alzando la mano
seguite il respiro, questo diventa elemento di unione tra corpo e mente. Seguendo il proprio respiro si possono unire corpo e mente per cinque o dieci minuti, e anche più, mentre se non siamo consapevoli del respiro la mente avrà la tendenza a divagare. Quando corpo e mente sono insieme potete guardare in profondità, mentre se la mente è lontana e insegue i pensieri è difficile ottenere sufficiente concentrazione. E senza concentrazione vediamo le cose in modo superficiale. Alcuni insegnanti di Dharma del passato interpretavano questo esercizio come: "Sono consapevole dell'intero corpo del respiro". Non sono d'accordo con questa interpretazione perché si tratterebbe di una ripetizione del secondo esercizio, che consiste già nella consapevolezza della lunghezza del respiro, "il corpo del respiro". Questa interpretazione parte dal presupposto che se siamo consapevoli di tutto il corpo, l'oggetto della nostra concentrazione diventa troppo vasto: ci sono il cuore, il fegato e tutti gli altri organi. Per questo preferisce limitare la concentrazione al "corpo del respiro". Ma questo, a mio avviso, è sbagliato. Intere generazioni di praticanti hanno commesso questo errore. È estremamente importante essere consapevoli del proprio corpo. Il fegato, il cuore, gli occhi, le orecchie, l'intestino sono tutti elementi molto importanti della nostra pratica. Dobbiamo essere in pace con il nostro corpo, trattarlo in modo amichevole. Abbiamo invece spesso la tendenza ad odiarlo, a pensare che il corpo sia nemico della nostra spiritualità.

Il quarto esercizio consiste nel calmare il corpo:

"Inspiro e calmo e rassereno l'intero corpo. Espiro e calmo e rassereno l'intero corpo".

Il corpo può essere agitato, il fegato o il cuore possono non essere in buone condizioni. Nel quarto esercizio seguiamo il respiro e calmiamo il corpo: calmiamo il fegato, il cuore, le palpebre, gli occhi, l'intestino, ogni parte del corpo. Se praticando non cercate di calmare il corpo, come potete calmare la mente? Per prima cosa, quindi, entrate in contatto con il corpo e calmatene ogni parte. In seguito calmerete ogni parte della mente. A volte abbiamo così tante preoccupazioni, ansie, paure, che il nostro corpo diventa teso, si irrigidisce ed è causa di molti disturbi. Non si tratta di malanni gravi, ma di piccoli problemi legati alla non buona condizione della mente che nuoce al nostro organismo. Dobbiamo, quindi, per prima cosa ritornare al corpo: "Sei lì mio piccolo cuore, so che lavori duro e io non ti presto attenzione. Fumo, bevo troppo, e così ti faccio soffrire". Sorridiamo al cuore o al fegato, sappiamo che sono in difficoltà e che stanno lanciando un segnale d'aiuto. Non pratichiamo il calmare solo a parole: abbiamo bisogno di sentire che ogni parte del nostro corpo è davvero in pace. Arriviamo ora ai quattro esercizi che hanno a che vedere con le sensazioni: il quinto è sulla gioia, il sesto sulla felicità, il settimo è sulle attività della mente, mentre nell'ottavo calmiamo le attività della mente e le sensazioni. Iniziamo dal quinto:

"Inspiro e provo gioia. Espiro e provo gioia".

Potete praticare questo esercizio scrivendo una lista di tutte le cose che vi danno gioia. Ma, anche qui, non dite "inspiro e provo gioia" solo a parole. Dovete sentire davvero in voi questa gioia. Inspirando non ho il cancro, non ho avversione, sono ancora molto giovane, in buona salute, sono così fortunata da essere in contatto con la pratica. Fate una lista scritta di tutte le cose positive in voi e attorno a voi, in modo da poter essere davvero
in contatto con la vostra gioia e trarne nutrimento. In Occidente le persone confondono l'eccitazione con la felicità. Molti giovani fraintendono e pensano che gioia e felicità siano la stessa cosa. Hanno molta eccitazione,
ma non sono veramente felici. In realtà gioia e felicità sono due cose diverse. Per fare un esempio, se ci siamo persi in un deserto e all'improvviso vediamo in lontananza un'oasi, iniziamo a sentire gioia ed eccitazione perché sappiamo che presto avremo acqua da bere. Quando arriviamo a bere quell'acqua, l'eccitazione inizia a diminuire. Nella nostra gioia c'è un po' di pace, perché ora stiamo bevendo davvero. Gustiamo realmente quella gioia: ecco, la felicità è assaporare fino in fondo quell'acqua, non è la gioia eccitata di quando stavamo pregustando quel bere. Per essere felici dobbiamo vivere in profondità il momento presente. Respiriamo con gioia, consapevoli di avere già molte condizioni per la felicità. Entriamo in contatto con tali condizioni, rallegrandocene e vivendole con pienezza.

Il sesto esercizio consiste proprio nel godere concretamente delle cose meravigliose che abbiamo:

"Inspiro e mi sento felice. Espiro e mi sento felice".

Inspirando entro in contatto con le condizioni di gioia, provo gioia. Espirando abbraccio la gioia, la assaporo, e la gioia diventa felicità. La gioia deve condurre alla felicità. La funzione della gioia e della felicità è quella di nutrirci, non di essere ragioni di sofferenza. Sono queste la gioia e la felicità sane, non la gioia e la felicità dei desideri dei sensi, come la gioia del potere, del sesso, della buona tavola. Eppure ci sono persone che passano la giornata pensando solo cose negative su se stessi e sugli altri. E più pensano in questo modo più si arrabbiano, si sentono frustrate. Per questo il Buddha ha insegnato: "Nutri te stesso con la vera gioia e la vera felicità". La pratica del quinto e del sesto esercizio va fatta senza fretta. Vivete concretamente la gioia e la felicità che sono attorno a voi e in voi. Siate in contatto con i vostri meravigliosi occhi, che possono vedere il blu del cielo, il verde della vegetazione. Potete ascoltare il canto della pioggia e degli uccelli, potete godere di molte cose! Per costruire la vostra felicità usate l'intelligenza. È vero, c'è sofferenza, ma entrate per prima cosa in contatto con le meraviglie della vita e nutritevene. Poi potrete guardare con più serenità ciò che non va bene e prendervene cura per trasformarlo. La meditazione è cibo, la felicità è cibo. Se la meditazione seduta non dona pace e gioia, ciò significa che nella pratica c'è qualcosa che non va. Ci sono probabilmente degli ostacoli, prodotti dalla nostra mente, che impediscono di essere in contatto con le condizioni per la felicità. Queste ultime sono numerose, ma non riusciamo ad apprezzarle. Quando succede questo dovremmo incontrare il nostro insegnante o i nostri amici
spirituali e chiedere il loro aiuto per rimuovere quegli ostacoli. "Inspiro e provo gioia" è una pratica che andrebbe fatta ogni giorno, perché la gioia dà vita e conduce alla felicità. Inspirando, sono in contatto con le condizioni per la gioia, provo gioia. Espirando, abbraccio quella gioia. Ed essendo davvero in contatto con essa, la gioia diventa felicità. Chiediamo anche ai nostri fratelli e sorelle nel Dharma come praticano, in modo da imparare dalla loro esperienza e migliorare ogni giorno la nostra pratica.

Nel settimo esercizio siamo consapevoli di tutte le sensazioni:

"Inspiro e sono consapevole delle sensazioni che sono in me. Espiro e sono consapevole delle sensazioni che sono in me".

Nel settimo esercizio pratichiamo la consapevolezza delle sensazioni, usando la presenza mentale per essere in contatto con ciò che sta accadendo. Se proviamo una sensazione gioiosa, siamo profondamente consapevoli di questa sensazione e così continuiamo a nutrirla. Ad esempio, se state mangiando un'arancia, siete davvero consapevoli del suo dolce sapore. Se, però, mangiando quell'arancia siete gelosi o arrabbiati con qualcuno, il
dolce spicchio d'arancia è come un fantasma, in quanto non lo potete assaporare pienamente. La presenza mentale può riguardare anche cose negative: un collega, ad esempio, vi offre dell'alcol e mentre bevete vi rendete conto del danno che può causare al fegato e alla mente. Grazie alla presenza mentale potete iniziare a capire come rifiutare ciò che danneggia il vostro benessere. Se, invece, siete assaliti dalla gelosia, potete riconoscerla e dire: "Mia piccola gelosia, so che ci sei", senza criticare o giudicare quella sensazione. In questo esercizio siete semplicemente consapevoli delle sensazioni: il dolce spicchio d'arancia, la gelosia, l'alcol. Se non lo foste, potreste berne molti bicchieri, o pronunciare parole crudeli a causa della vostra gelosia. Senza presenza mentale si possono fare molte cose dannose. Essere consapevoli: è facile a dirsi, ma non è affatto una pratica semplice. Pratichiamo allora con una comunità in cui ci si sostenga l'uno con l'altro. Per riuscire a sostenere la
presenza mentale di altri fratelli e sorelle nel Dharma, esercitate voi stessi alla piena consapevolezza di ciò che sta succedendo nel vostro corpo e nella vostra mente.

L'ottavo esercizio consiste nel calmare tutte queste sensazioni:

"Inspiro e calmo e rassereno le attività della mente in me. Espiro e calmo e rassereno le attività della mente in me".

È necessario mantenere calma qualsiasi sensazione, anche una sensazione di gioia. Perché nella gioia c'è eccitazione e quell'eccitazione deve essere calmata. Persino la felicità va calmata. Se poi in noi c'è una sensazione dolorosa, che deriva dalle nostre preoccupazioni, da rabbia, gelosia, disperazione, è davvero necessario riconoscere e abbracciare quella sensazione. Questo esercizio consiste proprio nel calmare le sensazioni, nello stesso modo in cui si calma un bambino che ha il mal di pancia: ci rendiamo conto che ha male alla pancia, lo teniamo in braccio e lo calmiamo. Come praticanti dovete sapere come fare, non dovete lasciar passare del tempo, permettendo alle sensazioni di distruggere il vostro corpo e la vostra mente. Quando in voi c'è una sensazione, specialmente una sensazione dolorosa, dovete sapere come usare l'energia della presenza mentale per abbracciare quella sensazione, come una madre che abbraccia il suo bambino. Dicendo: "Sono qui, sono qui. La tua mamma è qui, la mamma è qui. Quindi non aver paura. Mi occuperò di te, abbraccerò la tua sofferenza". Non scappate da quella sensazione! E quando riuscite ad abbracciarla, usate il metodo dell'inspirazione e dell'espirazione per calmarla.

Abbiamo visto che i primi quattro esercizi hanno come oggetto il corpo, mentre i successivi quattro sono centrati sulle sensazioni. Le sensazioni possono sorgere dal corpo o dalle percezioni. A volte abbiamo mal di testa o mal di stomaco, fenomeni che appartengono al corpo e che ci causano una sensazione dolorosa. Al contrario, se abbiamo dei vestiti caldi con cui coprirci e cibo a sufficienza sorge in noi una sensazione piacevole proveniente dal corpo. Prendersi cura del corpo significa, quindi, procurarci delle sensazioni piacevoli. E lo stesso vale per le percezioni. Se ci prendiamo cura delle percezioni, ridurremo le sensazioni dolorose, anche fisiche, che provengono da esse. Le nostre percezioni erronee sono, infatti, la radice di innumerevoli sensazioni di carattere
emotivo: rabbia, tristezza, paura, preoccupazione, desiderio. Possiamo dire, dunque, che l'oggetto della seconda serie di quattro esercizi sono le sensazioni, che sono in relazione sia con il corpo che con le percezioni. Passiamo ora agli esercizi dal nono al dodicesimo, focalizzati sulla mente. In questo caso per mente intendiamo le formazioni mentali. Dalla psicologia buddhista sappiamo che ci sono cinquantuno formazioni mentali. Le sensazioni e le percezioni sono due di esse. Ne rimangono, quindi, quarantanove. La mente viene associata a queste ultime. Infine, gli esercizi dal tredicesimo al sedicesimo hanno per oggetto i dharma, i fenomeni, che
colleghiamo alle nostre percezioni. Prendendoci cura delle percezioni possiamo trasformare completamente la grande sofferenza che ci procurano.

Nel nono esercizio siamo consapevoli delle formazioni mentali:

"Inspiro e sono consapevole delle formazioni mentali. Espiro e sono consapevole delle formazioni mentali".

Come abbiamo detto, questo esercizio è diverso dal settimo, che prendeva in considerazione soltanto le sensazioni, mentre qui entrano in gioco tutte le formazioni mentali. Inspirando, sono consapevole, riconosco la formazione mentale che è presente in me in questo momento, che si tratti di rabbia, tristezza, gelosia o avversione. La riconosco e la chiamo per nome: orgoglio, sospetto, visione erronea, avidità. Questo è davvero
importante: le formazioni mentali vanno prima chiamate per nome e poi abbracciate.

Nel decimo esercizio rassereniamo la mente:

"Inspiro e calmo e rassereno la mente. Espiro e calmo e rassereno la mente".

Come è possibile rendere più gioiosa una formazione mentale già presente in noi? Come possiamo fare sorgere delle formazioni mentali positive, benefiche? Immaginiamo di disegnare un cerchio e di dividerlo in due. La parte inferiore rappresenta la coscienza deposito, mentre nella parte superiore individuiamo la coscienza mentale. Sappiamo che la coscienza deposito custodisce tutti i semi. Quando questi semi si manifestano diventano
formazioni mentali e dobbiamo esserne consapevoli. Come possiamo far comparire delle formazioni mentali positive nella nostra coscienza mentale? Abbiamo dei semi buoni in noi: è possibile individuarli e aiutarli a manifestarsi per rasserenare la mente? In noi ci sono i semi della gioia, della felicità, dell'amore, del perdono: ci sono stati trasmessi dai nostri genitori, dai nostri insegnanti, dai nostri patriarchi. Dobbiamo aiutarli a crescere
ogni giorno.
Nel decimo esercizio cerchiamo proprio di entrare in contatto con questi semi, per permettere loro di manifestarsi come formazioni mentali. Se lasciamo che siano soltanto i semi della tristezza a manifestarsi, questi prenderanno tutto lo spazio della nostra coscienza mentale, soffocando i semi positivi. Non ci sarà più posto per la gioia. Permettiamo allora ai semi di felicità di germogliare ogni giorno, nutrendoli con l'ascolto dei discorsi di Dharma, con la pratica, con la meditazione camminata, respirando in consapevolezza, leggendo i sutra.

Nell'undicesimo esercizio concentriamo la mente:

"Inspiro e concentro la mente. Espiro e concentro la mente".

Concentrare la mente significa che quando si manifesta in noi una formazione mentale usiamo la consapevolezza per abbracciarla. Quando c'è presenza mentale, c'è anche concentrazione. Se abbracciamo più a lungo una formazione mentale, positiva o negativa, riusciamo senza sforzo a guardare in profondità nella sua natura, generando in noi saggezza, comprensione risvegliata. Non dobbiamo fuggire davanti a una formazione mentale, bensì trattarla con la stessa cura di un ricercatore che è consapevole dell'oggetto della sua ricerca, o come uno studente di matematica che fa sì che la concentrazione abbracci gli esercizi a cui si sta dedicando. Se cerchiamo di fare degli esercizi di matematica mentre guardiamo la televisione non avremo sufficiente consapevolezza e
concentrazione. Per riuscire a guardare nelle nostre formazioni mentali, nell'ansia, nella tristezza, nella gelosia, nella solitudine, dobbiamo entrare in uno stato di profonda concentrazione. Sono emozioni che ci fanno soffrire e abbiamo bisogno di abbracciarle. La tendenza che abbiamo, invece, è opposta: vediamo che ci mettono a disagio e cerchiamo di sfuggirle. Ora, però, siamo determinati ad abbracciarle. A tale scopo usiamo la presenza mentale e la concentrazione. Se non le abbracciamo, se non le osserviamo, non potremo mai liberarcene. Se riusciamo a guardare, a riconoscere le formazioni mentali, e a vedere che sono la radice della nostra sofferenza, diventa più semplice lasciarle andare. In questo consiste il dodicesimo esercizio:

"Inspiro e libero la mente. Espiro e libero la mente".

Cosa vuol dire liberare la mente? "Inspirando mi libero, lascio andare la formazione mentale che è in me, espirando lascio andare la mia formazione mentale". Le formazioni mentali, come l'avidità, l'avversione, il sospetto, l'orgoglio, sono corde che ci legano, corpo e mente, e ci rendono la vita infelice. Quando riusciamo a guardare in profondità in queste formazioni mentali, ad abbracciarle e a lasciarle andare, allora scopriamo la
felicità chiamata "liberazione della mente". "Inspirando, concentro la mia presenza mentale e la mia attenzione sulla formazione mentale che è in me, la abbraccio con tenerezza". Se c'è concentrazione, la liberazione avviene in modo naturale, senza sforzo. La preghiera non c'entra. È questione di pratica quotidiana. Questi quattro esercizi centrati sulle formazioni mentali sono molto importanti. Non dovremmo dire: "Posso farcela di sicuro". Abbiamo moltissimo da imparare a questo proposito: le formazioni mentali sono una pratica molto vasta da approfondire. Ogni volta che una di esse emerge, dovremmo riuscire a chiamarla per nome e ad accettarne le cause. "Eccoti qui, ti chiami avidità, ti conosco da tanto tempo, sei una vecchia amica. Ben trovata!". E le sorridete. Questo è il metodo per riconoscere le formazioni mentali. Date loro il benvenuto quando si manifestano. Non permettete che arrivino e vadano via senza averle riconosciute, è molto importante! I dodici esercizi che abbiamo visto fin qui devono essere sviluppati a fondo e con diligenza. Dobbiamo praticarli e condividere la nostra esperienza con gli altri, per aiutare chi arriva dopo di noi a capire come si pratica. Passiamo ora ai quattro esercizi che riguardano i dharma o fenomeni. Grazie ad essi ci è possibile distruggere le percezioni
erronee.

Il tredicesimo esercizio consiste nella consapevolezza dell'impermanenza:

"Inspiro e contemplo la natura impermanente di tutti i dharma. Espiro e contemplo la natura impermanente di tutti i dharma".

Abbiamo in noi molti ostacoli dovuti all'ignoranza. Ci comportiamo come se dovessimo vivere un milione di anni, come se fossimo eterni, indistruttibili. Abbiamo sentito le parole del Buddha, abbiamo ascoltato il nostro insegnante: entrambi ci hanno parlato dell'impermanenza. Sappiamo bene che potremo vivere al massimo cento anni. Pensiamo: quella persona ha avuto un incidente di macchina, quell'altra è in ospedale, quell'altra ancora ha il cancro, quella è morta. Ma crediamo che tutto questo non ci riguardi, viviamo questa specie di follia. La nostra comprensione dell'impermanenza è molto superficiale: la vediamo solo come un'idea, una teoria, e agiamo nella vita quotidiana come se dovessimo esserci per sempre. Ma non è vero, non è così. La nostra vita è come un lampo, come una nuvola nel cielo. Dovremmo concentrarci e guardare in profondità nell'impermanenza: vedere ogni passo, ogni respiro, ogni boccone di cibo alla luce dell'impermanenza. Non si tratta di qualcosa di negativo, di pessimistico. È la verità e va compresa bene, perché l'impermanenza è essenziale per la vita. Se piantiamo dei girasoli e vogliamo che crescano, l'impermanenza è indispensabile. Se il seme di girasole dovesse rimanere per
sempre un seme, non esisterebbe il girasole. Il seme deve scomparire affinché il girasole appaia: ecco l'impermanenza. E poi, affinché ci siano nuovi girasoli, il girasole deve diventare vecchio e morire. Non dite "non mi piace l'impermanenza", perché vorrebbe dire che non amate la vita. Impermanenza significa anche "non sé". In termini di tempo, infatti, parliamo di impermanenza, mentre in termini di spazio parliamo di non sé. Se
riuscirete a vedere l'impermanenza e il non sé, vedrete l'interessere, la vacuità. In seguito potrete ottenere l'insight, la comprensione risvegliata dell'impermanenza. Vivrete nella luce, nel regno dell'Avatamsaka, il mondo di non nascita e non morte. L'impermanenza ci rende capaci di lasciare andare, e quando lasciamo andare, ci sentiamo leggeri, liberi. L'insight dell'impermanenza ci dà speranza, perché nulla resta uguale per sempre.

Eccoci ora al quattordicesimo esercizio:

"Inspiro e comprendo che i dharma non sono degni di essere desiderati. Espiro e comprendo che i dharma non sono degni di essere desiderati.".

Inspirando osservo in profondità la natura dei dharma e comprendo quanto non siano "degni di essere desiderati". Il termine sanscrito è viraga, ovvero "non provare attaccamento e desiderio per qualcosa". Dovremmo sapere che i dharma, i fenomeni oggetto delle nostre percezioni, sono impermanenti. Funzionano come esche, ma non sono degni del nostro desiderio, anche se per ignoranza possiamo ritenere che non sia così.
Dobbiamo guardare con cura nella natura di ogni fenomeno, in modo da comprenderne la relatività. Quando gettiamo un'esca nel fiume, sappiamo che in quell'esca c'è un amo, e speriamo di ingannare il pesce. In effetti il pesce è ingenuo, perciò non abbiamo bisogno di usare un'esca vera. Ci è sufficiente agganciarne all'amo una di plastica. Se il pesce sapesse come osservare la natura ingannevole delle cose, riuscirebbe a individuare l'amo
nascosto nell'esca e ne comprenderebbe la natura "non degna di essere desiderata". Il Buddha ha detto che ci sono cinque tipi di desideri mondani: potere, denaro, sesso, fama e buon cibo. La maggior parte di noi ha sofferto a causa del desiderio di un cibo appetitoso: mangiamo una pietanza perché ha un buon sapore, ma dopo soffriamo moltissimo. Solo allora iniziamo a vedere che tutto ciò non è degno del nostro desiderio. Il Buddha nei suoi discorsi ci ha offerto molti esempi: il desiderio è come una torcia che reggiamo controvento, la cui fiamma soffia all'indietro e ci brucia; il desiderio è anche un osso senza carne che, rosicchiato dai cani giorno e notte, non dà alcun nutrimento. Dopo aver guardato in profondità nell'impermanenza, possiamo osservare a fondo la natura "non desiderabile" delle cose che vogliamo per capire come portino con loro pena e sofferenza. Il Buddha ha anche narrato la stora di un assetato che aveva visto dell'acqua rosa, molto profumata. Nonostante fosse stato avvisato che quell'acqua gli sarebbe stata fatale, egli la bevve e morì. Questo è l'effetto dei desideri dei sensi. Dobbiamo perciò ricordarci di mettere in pratica le parole dei sutra con l'aiuto del Sangha. Se abbiamo la presunzione di farne a meno, intraprenderemo facilmente il sentiero errato, inseguendo i cinque desideri mondani. A questo proposito è anche utile chiedere a chi ha sofferto molto, a causa dei propri desideri, di parlare della propria sofferenza. È un modo eccellente per capire cosa si rischia, soprattutto nel caso in cui non vi siate ancora addentrati in quel regno di sofferenza e pensiate che sia una buona meta.

Proseguiamo ora con il quindicesimo esercizio:

"Inspiro e contemplo la natura di non nascita e non morte di tutti i dharma. Espiro e contemplo la natura di non nascita e non morte di tutti i dharma".

Il termine nirodha significa "non nascita e non morte", ma anche nirvana. Iniziamo a entrare in profondità nell'oggetto della nostra meditazione: dopo aver compreso l'impermanenza e la natura non degna di desiderio dei dharma, giungiamo al nirodha, che è la cessazione, l'estinzione di nascita e morte. Inizialmente osserviamo che le cose nascono e muoiono, hanno un inizio e una fine, un essere e un non essere. Il più grande dovere di un praticante è proprio andare oltre il mondo di nascita e morte ed essere parte del mondo di non nascita e non morte. Perché nascita e morte sono soltanto idee. Il Sutra del Cuore ci insegna che non c'è né nascita né morte, nulla di puro e di impuro. È uno dei discorsi del Buddha che ci mette in contatto con la dimensione ultima, dove non ci sono l'uno o i molti. Aprire la porta di né nascita né morte, non andare né venire, è come aprire la porta della dimensione ultima ed essere incrollabili e liberi. Nonostante il quindicesimo esercizio sia d'aiuto per entrare in contatto con la dimensione ultima, ci sono persone che non apprezzano il mio insegnamento, dicendo che spiego soltanto come inspirare ed espirare. In realtà inspirare ed espirare seguendo il Sutra sulla Piena Consapevolezza del Respiro ci può portare molto lontano.

Passiamo infine al sedicesimo e ultimo esercizio:

"Inspiro e medito sul lasciar andare. Espiro e medito sul lasciar andare".

Se non riuscite a lasciare andare, non potete essere liberi. Abbandonate le vostre idee sulla nascita e sulla morte, sull'esistere e sul non esistere. Per essere felici occorre lasciare andare ogni convinzione che procura sofferenza. Molti di noi credono fermamente che "questo corpo è me", ma se lasciano andare questa convinzione possono smettere all'istante di aver paura. Ancora, abbiamo l'idea che la durata della nostra vita sia di settant'anni, ma se riusciamo ad abbandonarla diventeremo immortali. Pensiamo di avere un sé separato, crediamo che la nostra felicità non sia la felicità degli altri e che quella degli altri non sia la nostra. Questo ci impedisce di essere felici. Dobbiamo lasciare andare le idee di un sé, di un essere umano, di un essere vivente e della durata di una vita, come insegna il Buddha nel sutra Vajracchedika, il sutra del diamante che recide le illusioni. Abbandonando queste idee potremo lasciare andare qualsiasi attaccamento e saremo felici. Guardate bene nella vostra mente per capire se c'è in voi una certa idea di successo, se volete essere in un modo o in un altro, se pensate che starete bene solo quando riuscirete a sposare quella persona oppure a divorziare, se volete essere il numero uno. Si può perfino morire per idee di questo tipo! Prendete allora quell'idea di felicità, abbracciatela e osservatela in profondità. Sarete felici solo quando saprete come lasciarla andare. In conclusione, il sedicesimo esercizio è molto efficace e riguarda la pratica del lasciare andare le idee del sé e della durata della vita, condizione essenziale per essere davvero felici e stabili.

La parte del sutra in cui sono illustrati i sedici esercizi si conclude così: "La piena consapevolezza del respiro, se sviluppata e praticata con continuità secondo questi insegnamenti, darà frutti e sarà di grande beneficio". In effetti, il giorno in cui ho scoperto la profondità di questo discorso del Buddha è stato un giorno davvero felice. In precedenza avevo cercato di impararlo e mi ero accontentato di una conoscenza teorica, senza però sapere come godere del momento presente. Comprendere il Sutra Anapanasati, quindi, è stato per me come trovare un immenso tesoro. Sono sicuro che anche per voi sarà fonte di nuove comprensioni ogni volta che lo studierete e lo metterete in pratica.


*Per il testo del sutra tradotto da Thich Nhat Hanh e un ulteriore commento più approfondito
consultare "Respira! sei vivo", 1994, edizioni Ubaldini o "The path of emancipation", 2000, Parallax Press.

Da: www.esserepace.org/testi/t_anapana.html



IO È UNA PORTA   

Una delle espressioni più correnti su un cammino di realizzazione del Sé è:

“Lasciar andare all’ego”. Quale ne è il significato esatto?

Beninteso, esso non si riferisce alla forma banale dell’ego che tutti conoscono, come l’egocentrismo o l’egoismo. Infatti l’egoismo è chiaramente respinto da tutti, anche da quelli che non seguono un cammino spirituale.

Il lasciar andare rispetto a questa forma “primaria” dell’ego è insufficiente su una via di liberazione.

L’ego, nominato dagli insegnanti delle vie di liberazione come ostacolo fondamentale, è un’attività pensante che funziona attraverso proiezione, identificazione con un oggetto esteriore, che di conseguenza sarà visto e giudicato. E’ una rappresentazione di sé, valutata attraverso un continuo paragone con altre rappresentazioni sedicenti indipendenti, considerate inferiori o superiori a se stessi.

L’ego infatti si compone di atti di paragone. E’ visto come la coscienza di sé, con tutte le sue inibizioni della spontaneità o della vita che ne derivano. Si attacca alla scissione interiore, al solco delle abitudini che osserva un’altra parte dello stesso ego da un punto di vista critico, e lo bombarda di opinioni conflittuali.

La principale caratteristica dell’ego è il suo attaccamento alle proprie opinioni su di sé. Un’immagine di sé è stata costruita e rifiuta di sciogliersi, cercando piuttosto di perpetuarsi. Ecco ciò che chiamiamo la “persona”; è la rappresentazione di un’immagine di se stessi.

Ogni attività cosciente dell’entità corpo-mente, quando arriva alla “persona”, fa apparire l’ipotesi di un “io” che fa qualcosa e questo “io” sarebbe un’entità-continua, che dura.

Preferisco chiamare questo l’io piuttosto che l’ego, perché è più facile riconoscerlo come qualcosa più sottile dell’ “ego primario”, anche se i due si compenetrano uno nell’altro. La differenza principale, potremo dire, è che per l’ego primario gli altri vi disturbano e sono disturbati da voi, mentre per l’io sottile voi siete per voi stessi il vostro problema.

Buddisti e Vedantini sono d’accordo sul fatto che l’io dovrebbe essere abbandonato se volete la liberazione, ma sono in disaccordo sulla terminologia e sul modo in cui la credenza nell’io può essere distrutta.

I Buddisti dicono: “Non c’è nessuna entità, niente me o io, solo una sequenza causale di processi psichici e fisici condizionati”. Del resto non parlano di un io, e arrivano a disapprovare l’utilizzo del termine “io”. Per esempio “Quando guardiamo la natura di quello che si crede essere “mio” o “io” e si tiene per fermo questo concetto, si tratta di una visione ristretta, confusa, sbagliata”.

Al contrario, se gli insegnanti dell’ Advaita Vedanta concordano totalmente con i Buddisti sull’inesistenza dell’entità “io”, continuano ad esprimersi in termini di “me” e di “io”, anche quando si riferiscono a gradi di realtà superiore. Perché?

Proveremo a dare una risposta alla luce della “grande triade” degli insegnanti del XX secolo: Ramana Maharshi,Krishna Menon (Atmananada) e Nisargadatta Maharaj. Tutti e tre usano la parola io per designare il principio più (o pressappoco) elevato, rispettivamente come l’ “Io, Io”, il “Principio-Io” e l’ “Io sono”.

Questo può, se lo si vede dal punto di vista del rifiuto dell’Io come una realtà, essere la causa dell’incomprensione, per l’insufficienza della lingua.

Ascoltiamo prima il più vecchio dei tre, Ramana Maharshi. La sua influenza fu la più grande, e non per niente che Ma Ananda May lo chiama “il Sole”. Fu riconosciuto come la voce autentica dell’Advaita e il suo messaggio ha la potenzialità della liberazione in questa vita. Tutto nel suo insegnamento mirava al significato autentico dell’Io”. Invitava il visitatore o l’adepto in cerca di una guida a farsi lui stesso la domanda “Chi sono?” che conserva la forma di auto investigazione (vichara). Metteva in luce la natura potente della domanda quando è posta in modo giusto, facendo sciogliere  pensieri e identificazioni.

Lasciava che l’effetto della domanda fosse sperimentato direttamene dall’addetto in cerca di guida.

Comprendeva così che per la maggioranza delle persone l’esperienza stessa esigeva anche delle fondamenta solide per una giusta comprensione.La giusta interpretazione dell’esperienza è importante come l’esperienza stessa. Spiegava così a più riprese, in modo dettagliato, la relazione tra l’io e ciò che è realmente l’ “Io”, il Sé ultimo.

Mostrava la necessità di uccidere o distruggere l’io (ahmn-kara) o il pensiero-io (aham vritti), come spesso lo chiamava. Ho spesso pensato che fosse un cattivo uso del linguaggio, perché sembrava invitare al conflitto. In generale, una persona si trova già ad affrontare la lotta con se stesso e penso che quella terminologia aggressiva esiga una spiegazione. Se lo scopo finale è la pace, l’aumentare il conflitto interiore non può essere intenzionale.

Egli poteva anche esprimersi in modo diverso.Se qualcuno gli domandava come poteva essere eliminato l’io, per esempio rispondeva: “Non avete bisogno di eliminare il falso io. Come l’io potrebbe eliminarsi da solo? Tutto quello che avete bisogno di fare è trovare la sua origine e stare là”.

Disse anche, un’altra volta, sul tema dell’uccisone dell’ego: “ L’ego può permettere a se stesso di uccidersi? Se cercate l’ego , scoprirete che non esiste. Questo è il modo di distruggerlo” e: “Come può essere uccisa una cosa che non esiste?”.

“Scoprirete che  non esiste”. Ecco sempre e ancora l’essenza del suo argomentare. Tuttavia Ramana parla spesso dell’io e lo descrive come se esistesse. Così si  comincia a chiedere: “Ma allora che cosa esiste e cosa non esiste?”.

La citazione seguente è illuminante: “C’è il Sé assoluto da cui una scintilla sorge come da un fuoco. La scintilla è chiamata ego. Nel caso di un uomo ignorante egli s’identifica immediatamente a un oggetto come questo appare. Non può essere indipendente da quella associazione con gli oggetti. Questa associazione è ajnana o ignoranza, la cui distruzione è l’obiettivo dei nostri sforzi. Se la sua tendenza a oggettivarsi è distrutta, sarà puro e si fonderà con la sorgente”.

Se lasciamo da parte per ora la parola uccidere l’associazione con gli oggetti è la frase chiave, la tendenza dell’io a identificarsi con gli oggetti. Questo è l’errore. Chi è che è associato con cosa? Cosa o chi commette l’errore?Ramana Maharshi parla a più riprese di quell’associazione come un nodo (granthi), il “nodo nel Cuore”.

“Anche se il corpo nella sua insensibilità non può dire “Io” (cioè sentire l’ “Io”)  e anche se la Coscienza-Esistenza (Sat-Chit, il Sé) non si evolve e sta senza base, tra i due c’è un io come un corpo (l’identificazione “io sono il corpo”). Sappiate che questo solo è il modo tra la Coscienza e il non-sensibile (Chit-jada-granthi), la schiavitù (banda), l’ego (ahamkara), lo stato mondano (samsara), la mente ( manas) e così via”.

Per Ramana quel nodo deve essere tagliato. Ma ancora una volta: che significa questo atto di apparente violenza? E’ sempre, alla fine, il significato di una visione penetrante. Solo guardare.

Voi pensate sempre di stare guardando, ma ora vi si domanda di guardare come fosse la prima volta. Se seguite quest’indicazione, osserverete dove si trova quella “persona-io” ( che è il nodo detto sopra). Dove trovo quella persona io? Ramana aveva usato un ottimo esempio: “L’ego è un legame non materiale tra il corpo e la Coscienza Pura. Non è reale. Finché non guardiamo attentamente, continua a porre problemi. Ma quando lo cerchiamo, troviamo che non esiste.

In un matrimonio hindou, la festa durò cinque o sei giorni. Uno straniero fu preso per errore per il testimone di nozze dai parenti della sposa. Perciò lo trattarono con tutti gli onori. Vedendolo trattato con tanto riguardo, anche gli amici dello sposo lo consideravano come un uomo da rispettare in modo particolare. Così lo straniero si prese buon tempo. Nondimeno sapeva com’era la situazione reale.

A un certo punto si rivolsero a lui per una questione. Lo consultarono. Lo straniero evase il problema e si defilò. “Così è l’ego. Se lo cerchiamo, scompare”.

Essendo la Coscienza connessa alla materia non-sensibile, la scintilla che proviene in apparenza dalla Coscienza

commette l’errore e si attacca immediatamente al legame con il non-sensibile. Questo è chiamato attaccamento.

Mettendo una grande attenzione alla realtà di questo legame, appare la sua inesistenza. Di conseguenza l’ “io”

esiste, perché non è investigato.

Si tratta di un modo d’insistere. Una insistenza sulla fine di qualcosa (per questo si utilizzano termini come “distruggere”, attraverso la visione della sua inesistenza.)

Si trova anche un altro aspetto, per me ancor più importante. La terminologia secondo cui qualcosa deve prima estinguersi può essere interpretata come un avvenimento nel tempo, una sequenza. Il messaggio sembra: “prima questo, e solo dopo la libertà”. E’ chiaro per me che Ramana quindi insista con forza sull’eterno presente, l’aspetto di luminosità intrinseco all’  “Io”, che è già ora presente e disponibile in me.

Nonostante il nodo creato dalla Coscienza con il suo oggetto, il corpo fisico, la Coscienza è sempre restata pura, non mescolata con niente. Siamo sollecitati a riconoscere e a comprendere che l’io è sempre stato il “prodotto” della Coscienza come tale.

“L’ego funziona come il nodo tra il Sé che è la Coscienza pura (Chit) e il corpo fisico inerte e non-sensibile (jada). L’ego è quindi chiamato il chit-jada granthi. Nella vostra investigazione della Sorgente di aham-vritti, prendete l’aspetto essenziale Chit dell’ego; per questo motivo, la ricerca deve condurre alla realizzazione della Coscienza pura del Sé”.

L’aham-vritti di cui si tratta qui (il pensiero io) è anche chiamato aham idam da Ramana: la combinazione dell’ “Io” (aham) con un oggetto, un pensiero su qualcosa, su “questo” (idam). Aham-idam è perciò costituito di pura Coscienza, o puro “Io” e di tutto quello di cui la Coscienza è cosciente di, per così dire, tutto quello che è un oggetto di “Io”. La maggior parte del tempo, questo oggetto (idam) è sostituito da un altro ogni millesimo di secondo. Nel pensiero-io si produce così un continuo cambiamento di “questo”, attraverso il quale l’ “Io” s’identifica con numerosi oggetti ( io sono questo, aham-idam) mentre opera una separazione ( io e questo, cioè anche aham-idam). Nella combinazione aham-idam, idam si riferisce sempre ad una molteplicità, un’alternanza continua. Ma l’aham resta identico a se stesso, unico. Questo è importante. Quello che chiamiamo oggetto (materiale, o percepibile dai sensi o psichico, un pensiero) risulta sempre dalle esistenze simultanea del soggetto e dell’oggetto, aham e idam (Io e questo). Sperimento ora la presenza di questo oggetto particolare, poi sperimento la presenza di un nuovo oggetto, poi sperimento la presenza di un altro ecc.

In altre parole, ogni volta  che immaginiamo che ci siano solo oggetti sottoposti alla nostra attenzione, c’è anche simultaneamente Io in quanto soggetto.

Ma notiamo che non è in quanto Io, perché questa forma personale è un oggetto, con una esistenza solo temporanea, ma che facciamo riferimento al soggetto (Io) senza il quale nessun oggetto è possibile. Allora, molto semplicemente, non accade nulla.

Il consiglio di Ramana è questo: state con il soggetto sempre presente. E anche se più volte siete attirati verso degli oggetti, non è grave. Dal momento in cui conoscete questa tendenze, riconoscete subito il soggetto (l’aspetto luminoso) sempre presente nell’oggetto. E’ sempre lì. Non è mai assente.

Il consiglio è di stare con aham, Io, che diventa sempre più puro e sempre meno distratto da credenze come “io sono questo” “faccio bene”, “non valgo nulla”, ecc. Seguendo queste indicazioni, riconoscete la presenza del puro Io, sempre soggetto, intrinsecamente luminoso, che spande la sua luce su tutti gli oggetti.

La sua luce? Si, la sua, perché più cercate la sorgente dell’ Io, più potete vedere che l’io è totalmente Io, totalmente non-oggetto, splendente, un continuo “Io, Io, Io, Io”. Da adesso Io è presente ed è radioso in permanenza. Si, è ancora intriso con ogni sorta di “questo” o “quello”, ma ciò non cambia né il suo splendore né la sua luminosità. Ma gli oggetti sono riconosciuti come tali, e si riassorbono nell’Io puro.

L’effetto della domanda “Chi sono io” è che tutti gli oggetti spariscono e resta solo il vuoto, una essenza di tutti gli oggetti. E’ “Io” nella pura essenza del termine. Stando lì, vi siete fusi in quello che Ramana chiamava Aham sphurana, la prima vibrazione-Io, la sorgente di tutta la manifestazione.

Egli utilizzava spesso l’espressione Aham sphurana come un’indicazione per “Io, Io (Aham Aham), l’emanazione più fondamentale di “Io”. Sphurana è qualcosa come il primo splendore, la vibrazione dell’origine ancora totalmente pura. Aham sphurana è presente in modo continuo, sempre nuovo e fresco ed è esattamente ciò che io sono sempre. In realtà Io non è mai stato divorato o non si è mai impregnato di nulla.

Questa insistenza è cruciale. Se no il malinteso, che si trova nella credenza dell’esistenza di un io realmente cattivo che deve essere distrutto e di un io nuovo che apparirà, non può che approfondirsi. In realtà non ci sono due io; nessun io ha bisogno di essere sostituito da un io pulito e puro.

L’Io è sempre lo stesso, sempre intrinsecamente luminoso e presente. Il termine “distrutto” usato da Ramanasi riferisce al pensiero-io (aham-vritti), l’incatenarsi dell’Io con un oggetto (aham-idam), la tendenza dell’Io a presentarsi come oggetto. In una conferenza, descrivendo la fine dell’incatenamento dell’Io con un oggetto,Ramana utilizza la terminologia “l’Io resta puro”, cioè resta Io nello stato puro, primordiale. Non dice: “vien fuori un altro Io”. Qualcosa è stato sempre là e questo resta nella sua forma pura: Io – Io.

Un’ altra volta dice: “L’Io lancia l’illusione dell’io e tuttavia rimane Io” Questo è il paradosso della Realizzazione del Sé. Il realizzato non vede nessuna contraddizione in questo. E poi dice: “Solo la distruzione dell’io (il pensiero-io) è liberazione. Ma non può essere raggiunta che conservando sempre l’attenzione sull’Io- Io. C’è un solo Io sempre; ma ciò che appare di tanto in tanto è il falso pensiero-io; mentre l’Io intuitivo abita il Sè luminoso, anche prima che si manifesti”.

Quando accettiamo il consiglio di mantenere la nostra totale attenzione sul soggetto puro, la pura coscienza esclude tutti gli oggetti.

Ma può sorgere la domanda: questa insistenza sul puro Io non è un po’ strana in un approccio non-duale?

Il punto di partenza di due realtà (la Coscienza e la materia inerte) sembra già dualista. E il consiglio di focalizzare l’attenzione su una sola di queste due realtà, la Coscienza pura o il puro Io, può legittimamente qualificare questa via come duale.

Come un tale approccio dualista può condurre alla non-dualità?

Ramana direbbe che, finché sentite l’obbiettivo separato dal soggetto, rimanete con un punto di vista dualista, quindi dovete solo insistere sull’aspetto della coscienza. “Si deve dapprima discriminare la coscienza (chit) dal non sensibile (jada) e essere solo coscienza. Più tardi lasciatela realizzare che il non-sensibile non è fuori dalla coscienza”.

E “Conoscete prima il soggetto, poi le domande sull’oggetto. Il soggetto comprende anche l’oggetto. Questo aspetto particolare è un punto di ogni comprensione. Vedete voi stessi in primo luogo, poi vedete gli oggetti”.

“Io e gli oggetti appaiono insieme ora. Ma gli oggetti sono contenuti nell’Io, gli oggetti devono dissolversi e diventare uno con l’Io. L’Io che resta è il vero Io” Questo Io sempre presente e vero è quello che resta quando la mescolanza di “io sono questo” o “me, questo” è purificata da tutti “questi” attraverso la domanda “Chi sono io?”. L’Io – Io non può divenire manifesto (sphurana) che con la caduta del velo formato da tutti “questi”. La forma fondamentale di manifestazione, sphurana, non è una manifestazione nel senso abituale del termine. Non si può cambiare in un oggetto. Potete solo fondervi con il riconoscimento (Io, Io, continuo, inalterabile, senza forma, senza contenuto, né suono, né colore”.

Ecco ciò che dovete fare: stare in questo luogo, stateci e riposatevi dentro. Tutto ciò che è possibile al di là, l’Assoluto, il Risveglio, o qualsiasi nome usiate, è dell’ordine della Grazia. State in quel luogo “Io – Io”. Qui la vostra ricerca finisce.

Dunque, in risposta alla domanda “perché gli insegnanti dell’Advaita usano il termine io come qualcosa di vero? Si può rispondere che è a causa della grande vicinanza con l’Io; è la cosa più vicina che ci sia. Tutti lo riconoscono come “se-stesso”. Ecco tutto ciò che c’è sul tema della Realizzazione del Sé e ognuno di noi deve vedere da sé che l’Io è la presenza che è sempre qui; è la Realtà. Non è mai altrove. Non avete bisogno di cercarla, non avete bisogno di andare altrove per sperimentare l’Io. Dovunque andiate, ci siete già. L’Io è una porta, ed è sempre aperta.

Per me Nisargadatta Maharaj fu uno dei più grandi insegnanti del XX secolo.  Ciò che in particolare lo rende così importante è la sua notevole capacità a dimostrare che tutto ciò che poteva essergli chiesto non era fatto che di concetti.

Poi distruggeva quei concetti mettendo in evidenza la loro inutilità. Qualsiasi fosse la domanda, o la risposta con la quale si presentava il visitatore, Nisargadatta dimostrava che si riduceva a un attaccamento a schemi di pensieri o di concetti. Si riferiva allora alla loro origine, e rinviava a quell’origine, alla sorgente.

Tutto, assolutamente tutto, era minato dal fatto stesso di essere un concetto e perciò era falso, compreso ciò che stava dicendo. Insisteva nel fatto che solo il vero è spoglio di ogni concetto. Il solo mezzo per imparare da Lui è,  poiché non è più in questo mondo, di leggere i suoi libri. In questa lettura risulta evidente, o divertente, constatare che lui stesso, grande distruttore di concetti, è ricorso sempre a dei concetti.

Nel passaggio di livello in livello, usa molti termini sanscriti per descrivere un livello, poi gli stessi, o press’a poco, per un altro livello, e infine dissolve l’insieme in quello che chiama “lo stato profondo blu e nero della non esperienza”. Purtroppo, per questo, molti ricercatori, avendo già una percezione della realtà che sono, proseguono la loro ricerca a causa del messaggio: “voi non siete che l’Assoluto”. Sostengono sempre che “conoscono già la coscienza”, ma allo stesso tempo esprimono la loro frustrazione per aver mancato “la tappa seguente”.

Ho l’audacia di dire che non c’è una tappa seguente.

Tutto ciò è in rapporto ai limiti di ciò che può essere sperimentato e al fatto di stare lì totalmente. Nessuno dovrebbe essere indotto in errore da un qualunque discorso sull’Assoluto, né essere sedotto dalla ricerca dell’Assoluto.

Tuttavia, si potrebbe obbiettare, Nisargadatta fa dei discorsi sull’Assoluto e dice anche che nient’altro è reale! Questo sicuramente è uno scoglio: sapere che siamo Quello e essere al tempo stesso incapaci di sperimentarlo ha per effetto di farci cercare questa esperienza. E’ il costante paradosso a cui Maharaj ci espone.

Come fare con questo paradosso?

Maharaj risponde lui stesso la domanda, e con un concetto particolare che descrive con i termini “la conoscenza Io Sono”, o ancora lo stato “Io sono”.

Abbiamo detto prima che Nisargadatta era importante perché distruggeva uno dopo l’altro tutti i concetti. Ma è importante anche aver introdotto il concetto “Io sono” che considerava dover essere inghiottito, ingerito e dissolto. Lo descriveva come il “rimedio ultimo”. E’ vero che lo chiamò anche la “malattia stessa” o la “sofferenza stessa”. Però con la stessa insistenza, indicò spesso che quel concetto preciso è il rimedio perfetto, e punta verso la libertà. Così, eccoci di nuovo di fronte a un paradosso: qualcosa che è la malattia si trova ad essere al tempo stesso, nella sua natura essenziale, il rimedio.

Una citazione dà la chiave che permette di penetrare nel paradosso. Per me è la più bella citazione che ci sia. Infatti il completo mistero dell’esistenza è descritto in alcune frasi. Vi si trova tutto e i testi di Maharaj possono essere interpretati con questa prospettiva.

“Quel contatto con lo stato “Io sono” è in ogni essere; quello stato d’essere possiede il contatto d’amore per l’Assoluto, e si tratta di una rappresentazione dell’Assoluto. L’Assoluto predomina solo. La verità è Brahman(Para Brahman) nella sua unica totalità, nient’altro che Brahman. Nello stato di Brahman assoluto, il contatto con lo stato dì essere, l’ “Io Sono” cominciò e con lui sono apparsi la separazione e il senso dell’altro. Ma questo stato “Io Sono” è più che un piccolo principio; è il Mula-Maya stesso, l’illusione primordiale. Il grande principioMaya vi fa passare per tutti i suoi giri, tutte le sue trappole e siete così soggetti a tutto ciò che dice. Alla fine, quella luce che è vostra, lo stato d’essere, si spegne. Maya è così potente che vi avvolge del tutto. Maya vuol dire “Io Sono”, “desidero essere”. Non ha alcuna identità fuori dall’amore. La conoscenza di “Io Sono” costituisce l’avversario più irriducibile ,ma anche l’amico migliore. Anche se si tratta del vostro più grande nemico, se lo trattate nel modo giusto, si trasformerà e vi guiderà verso gli stati più elevati”.

Il senso dell’ “Io sono” è un principio universale, presente in modo simile in ogni essere umano e precede ogni interpretazione del tipo “sono Gianni” o “sono Anna” o “questa o quella persona”.

Nisargadatta ( o i suoi traduttori) aveva l’abitudine di usare il senso dell’ “Io sono” insieme al termine “coscienza” (chetana). Spesso diceva di questa coscienza che era illusoria. La sostituiva con molti sinonimi, come “conoscenza”, “stato di Krishna”, “Testimone”, “seme”, “Dio”, “essere”, “stato d’essere”, “sattva, “il principio supremo”. Tutti questi termini evocano un contatto. Senza alcuna ragione, qualcosa appare spontaneamente dentro a qualcosa che è fuori da ogni esperienza, da ogni sapere, da ogni forma. E’ solo nel momento in cui lo constatate che potete dire che capita qualcosa, non prima. La manifestazione e la constatazione di questo sono una sola e stessa cosa, chiamata “contatto”.  Si tratta della prima vibrazione, la forma più sottile di contatto chiamata “coscienza” da Nisargadatta, il principio “Io Sono”.

L’elemento fondamentale di quella citazione dev’essere trovata nell’ultimo paragrafo “La conoscenza dell’ “Io sono” costituisce al tempo stesso l’avversario più irriducibile e il miglior amico”. Tutto vi si trova, e ne risulta che potete essere abbandonati qui con un’angosciosa sensazione di disorientamento. Questo spesso si rinforza con la lettura di altri passaggi per l’accento messo sull’illusione (l’avversario più irriducibile). [Infatti, ciò che è realmente vero, l’Assoluto, è descritto come “qualcosa che non può essere sperimentato”].

E’ nettamente detto qui che anche se è il vostro più grande nemico, sarete ben avvisati di onorarlo. Illusione o no, lì dove noi siamo, poco importa perché all’ultimo non c’è che Dio, l’eterno principio creatore sorgente di tutte le cose. E’ vero che potete essere sedotti dalla forma al punto da attaccarvi, ma è anche per questo stesso principio che potete liberarvi dall’attaccamento.

In uno dei Purana, i vecchi libri dell’induismo, si può trovare un passaggio che somiglia alla nostra citazione. “Quando Essa (l’illusione) è felice, diventa propizia e la causa della libertà dell’uomo”. Il testo evidenzia l’adorazione di quel principio, che dev’essere il più totale possibile; si tratta di dargli tutta la nostra attenzione.

Il senso di “voi siete” è così comune, così ordinario, che facilmente lo trascurate ed è per questo che Nisargadatta insiste sul contrario, cioè di onorarne pienamente il senso, adorarlo come il Dio più elevato. Martella sempre perché la calma si crei là dove siamo, perché possiamo adorare pienamente quella coscienza, quel contatto. “Adorate atman (voi siete) come un Dio; non c’è nient’altro. Quella conoscenza “voi siete” vi condurrà al più alto, all’Ultimo. Il “voi siete” sarà presente in voi fino a che respirerete. Adorando “voi siete” come l’unico Brahman manifesto (Saguna Brahman) arriverete all’immortalità. Dovete ricordarvene continuamente, “ruminare”, dovete pensarci in permanenza.

Il significato esatto di quella adorazione ci interroga. Infatti, si associa automaticamente a questa parola una preghiera verbale. Adorare consiste nel “portare la propria attenzione su qualcosa con tutto il cuore”. In questo mondo essere innamorati ne è il miglior esempio. La vostra attenzione si proietta totalmente sull’essere amato, che lo vogliate o no. Ne siete riempiti e tutto ciò che va nella direzione di questo amore si fa senza sforzo. Possiamo chiamare questo “adorazione”. E ora siete invitati a praticare questa adorazione: essere innamorati della nostra coscienza ordinaria, sperimentarla in quanto tale, il contatto con lo stato d’essere, il sentimento d’essere.

Come supponiamo di mettere in pratica una tale adorazione?

E’ con la fusione totale con il vostro stato d’essere, con la vostra vibrazione primordiale. Proiettate la vostra passione in quel “luogo” non localizzabile, incentivate quella vibrazione e non v’inquietate per il fatto che si tratta sempre di una forma di dualità, di una forma d’energia o di “corporalità”. Adoratela, non trattenetevi, datevi pienamente a lei. Allora lei vi mostra, in questa fusione, che “due” cessa d’esistere. Non può essere la vostra nemica “la prima sorgente di ogni gioia è il vostro essere: siate lì. Se siete portati dal flusso della Maya, sarete nella sofferenza. State sempre nel vostro stato d’essere. Nisargadatta mette in evidenza il modo in cui, in seno al “principio supremo”,  il principio “Io Sono” l’elemento liberatore, può essere distinto dall’elemento di seduzione, di attaccamento.

A volte lo paragono ad una fonte nel mezzo di un bacino. L’elemento “Io Sono” è l’apertura della fonte. Di lì l’acqua sgorga verso l’alto con forza, creando migliaia di gocce e la forma globale che ne risulta è chiamata fontana. Appena l’apertura della fonte si materializza, non c’è che la forza della propulsione e questo fa apparire la fontana. Allora il consiglio è: restate nell’apertura della fonte, restateci e abbandonatevi alla sua vibrazione senza forma. Non provate in nessun modo a manipolare la forza. Che processo naturale potete fermare?  Tutto è spontaneo. Ora siete nella coscienza che si muove, che vibra. Non pensate d’essere separati da questa coscienza viva e vibrante. Restando nell’apertura della fonte, adorando Quello che genera tutto questo, siete liberi. “La ferma determinazione del devoto e l’attrazione di Dio per quella devozione li fanno attirare vicendevolmente. Il momento del loro incontro faccia a faccia è quello dove si fondono l’uno  nell’altro. Il devoto perde la sua coscienza fenomenica e, quando ritorna in sé, scopre che aveva perso la sua identità, perduto in ciò che in Dio non può essere di nuovo separato”.

“Io sono il Dio, io sono il devoto, e sono l’adoratore; tutto è uguale, un solo principio comune”.

Il carattere divino di Maya, la Seduttrice, si attenua dal momento che comprendete la necessità di non lasciarvi trattenere da Lei nelle Sue forme di creazione. Dovete semplicemente  notare Quello che la vede. “Meditare su chi sa che siete seduti qui. La sensazione che il vostro corpo è qui è l’identificazione col corpo, ma chi sa che il vostro corpo è qui è l’espressione dell’Assoluto”.

Il carattere liberatorio del principio “Io sono” è presente tanto nella conoscenza che nella rinuncia. Qui l’approccio dell’ jnana (la conoscenza, la comprensione) e della bhakti (devozione) sono fusi totalmente l’una nell’altra. Ne risulta a volte che la discriminazione nell’abbandono non è più necessaria e a volte che la comprensione evita l’errore di un abbandono che non sarebbe che sottomissione alla stessa manifestazione, alle forme transitorie.

L’abbandono non è giusto che nell’abbandono a Quello che è permanente.

“Dapprima, sono stato sedotto da Maya, poi, quando la Maya mi ha abbandonato, non ho più avuto bisogno diMaya e così l’ho rifiutata”.

Notiamo, per esempio, che il corpo seduto qui potrebbe essere chiamato “conoscenza”. Conoscenza è infatti conoscere in quanto tale, ed è lì l’elemento liberatorio, perché la conoscenza è letteralmente l’espressione dell’Assoluto, come abbiamo detto prima. La Coscienza Assoluta o il Conoscere si esprime nel fatto di “conoscere qualcosa”. La coscienza e l’Assoluto non sono quindi due cose diverse. Non c’è che una Coscienza. Ha la natura dell’Assoluto e un carattere dinamico, vivo, esperenziale, il “contatto”.

Necessita di una cosa sola: la presenza di una certa vibrazione è infatti la conoscenza di quella vibrazione e quella conoscenza stessa è la Conoscenza Assoluta. Non c’è nessuna separazione.

Nell’Assoluto, non c’è niente da Conoscere e per questo Nisargadatta lo chiama “stato di non conoscenza” o “non mentale”, stato in cui l’attenzione si dissolve in se stessa.

“Non c’è che un solo stato, non due. Quando lo stato “Io sono” è presente, conoscerete molte esperienze, ma l’ “io sono” e l’Assoluto non sono due. Nell’Assoluto lo stato di “Io sono” sopravvive e allora accade l’esperienza”.

Potremmo dire che “lasciarsi intrattenere dalla Seduttrice” equivale a dare peso al vostro passato, alla potenza delle vostre tendenze, ai vasana, invece di sopportare la sofferenza di non oltrepassare la forma presente, il “contatto attuale”.

La natura d’attaccamento del principio “Io Sono” si situa nella creazione della storia personale, la creazione di un “corpo sottile”, un’immagine “Io”, una forma che deve persistere. La forza d’attaccamento stessa potrebbe essere chiamata il “corpo causale”, un deposito contenente tutte le nostre tendenze latenti e il primo  inizio dell’individualità. Il “corpo causale” definisce il principio che è in noi, ora, la casa della creazione della forma, che ci seduce per il mantenimento e il consolidamento di quella forma. Ci seduce non riconoscendo la forma come la “pura forma attuale della Coscienza” che muore a ogni istante e immediatamente rinasce in un’altra forma. E’ il significato del termine “corpo causale”. Il corpo causale vi fa perdere la visione che siete sempre nuovi, non-nati, ora, ora, ora. E questa “perdita” succede attraverso l’intermediazione delle tendenze latenti che, fintanto che esistono, vi adattano alle forme, mantenute in modo da far penetrare l’esistenza della forma. Per la sua natura che vela la realtà, e per l’attaccamento, il corpo causale è assimilato, nella tradizione Advaita, all’ignoranza ( ajnana o anche avidya ).

Molto influenzato nella sua semantica dalla tradizione Samkhya, antica scuola indiana dualista, Nisargadatta, per spiegare come nasce l’attaccamento, usa a volte i termini sattva, rayas e tamas, tutti influenzati dal Samkhya. Sono i tre gunas, qualità che colorano e determinano ogni nostra azione: rayas è l’agitazione, che spinge all’attivit, tamas l’inerzia, il solido, lo scuro, sattva l’equilibrio, la conoscenza, la lucidità.
Nisargadatta descriveva la transizione prodotta da sattva in questo modo: “Durante lo stato di veglia, sapere che voi siete (sattva) è in sé una sofferenza; ma, siccome siete preoccupati per tante altre cose, potete sopportarla.
Quella qualità d’essere (sattva), quella conoscenza “Io sono” non può essa stessa sopportarsi. Non può stare sola semplicemente conoscendo se  stessa.
E’ perché il guna rayas è lì. Spinge l’essere a gettarsi nelle varie attività, in modo da non rimanere in se stesso. Gli è molto difficile sopportare questo stato.
Il guna tamas è la qualità inferiore. La sua azione consiste nell’aprire la via a quello che si prende per gli autori dei nostri atti, il sentire “sono colui che agisce”. Il guna rajas ci spinge nell’attività e il guna tamas  ci attribuisce la paternità di tutti i nostri atti.

Potremmo vedere il carattere originale di rajas come piuttosto libero. Non ha infatti, per se stesso, nessun bisogno di assestarsi in qualsiasi cosa. E’ sotto l’effetto di tamas che tutto si coagulerà. Questa qualità ci rende rigidi, è la causa dei nostri attaccamenti, del nostro isolamento, delle nostre preoccupazioni, ecc. Il nostro attaccamento a una storia personale è dovuto a tamas, storia sovrapposta ad un’attività spontanea.

Il consiglio di Nisargadatta potrebbe essere interpretato così: non potete fare niente altro che lasciare apparire rajas, perché è proprio quello dell’energia di creazione spontanea. Accoglietela e continuate a riconoscere il punto di partenza, il primo “contatto”, che lui chiama una “puntura di spillo”. Questo è sattva, l’esperienza del contatto, la coscienza. Ho chiamato questo l’apertura della fonte: in questo posto, siete testimoni del matrimonio di sattva e tamas. State nel silenzio (sattva) e nella splendente energia.

Dedicandovi a questo, onorando questa puntura di spillo, questa “coscienza”, la vostra ricerca cessa d’esistere. A quel punto, lasciate che il “fare” vi abbandoni, così come il tentativo di passare al di là di quella coscienza, perché realmente non può esservi d’alcun aiuto.

“Non potete mai separarvi da quella coscienza, a meno che la coscienza non sia soddisfatta di voi e si sbarazzi di voi”.

La coscienza apre le porte per permettervi di andare al di là della coscienza. Ci sono due aspetti: uno è la coscienza concettuale, dinamica, piena di concetti, l’altra è la coscienza trascendente in cui anche  il concetto “Io sono” non c’è più.

Il Brahman qualitativo, concettuale /Saguna Brahman), quello pieno di concetti e di qualità, è generato dal riflesso della Coscienza (Nirguna Brahman)  nel corpo nel suo funzionamento.

Anche se alla partenza è importante e giusto distinguere tra la coscienza relativa (chetana) e la Coscienza (chit), a un certo momento ci si deve aprire alla coscienza in quanto “contatto”. Tutte le resistenze allora si dissolvono e con loro ogni dualità. Il contatto è l’Assistente che vi consacra nel vostro abbandono e nel Suo abbandono. Vi mostra che siete sempre stati non contaminati e non alterati, liberi e non separati, senza bisogno di mettervi alla ricerca.

Così da una parte Maharaj insiste “Io, l’ Assoluto non sono lo stato “Io sono”, ma d’altra parte si trova la “comprensione che questo Io non ne è diverso, su livelli differenti”. E così l’Assoluto è l’Io che si manifesta nella forma. Lo stesso Io Assoluto diventa l’Io manifesto e l’Io è la coscienza, sorgente di ogni cosa. L’Assoluto-con-coscienza si situa nello stato manifesto.

In modo sorprendente, qui come in altri luoghi, Maharaj insiste nell’usare la parola Io per designare l’Ultimo. In più chiama se stesso molto spesso “Io, l’Assoluto” e dice molto sovente: “Non esiste niente fuori di me. Sono solo a esistere” e “quando lo stato d’esistenza è totalmente ingurgitato, ciò che resta è l’Io eterno”.

Così Io è adeguato  a tre livelli: la persona pensa e prova “Io”, il contatto con lo stato d’essere e l’esperienza dell’Io senza pensiero (senza “mio”), e l’Ultimo è “Io” senza esperienza di questo-qui. Questo implica che la Realtà che siamo, sempre presente in quanto tale, c’è già ora. Di conseguenza, nel seno stesso di un’ identificazione in una forma si trova un invito a riconoscere il più vicino, cioè Io nella sua natura essenziale.

“Io” è una porta? L’insegnate risponde: “Figlio caro, non c’è porta per entrare nel Parabrahaman”.

di Philip Renard

3ème Millénarie n. 72 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini

IL REALE È INCONOSCIBILE. IL CONOSCIUTO È IRREALE. DI ROBERT POWELL

Una delle nostre maggiori difficoltà viene dalla percezione sensoriale e dalla sua tendenza a produrre errori di percezione. Perché ciò che percepiamo non è infatti ciò che è.

Bisogna comprendere bene che ciò che è è solo ciò che è e non può essere descritto. Si può solo fare riferimento. Quindi, noi dobbiamo sempre porre attenzione alla mente che si pone totalmente nel campo dell’ignoranza.

Una tale ignoranza fondamentale della nostra natura è il fondamento della sofferenza.

La maggior parte delle persone pensa che il fondamentale dualismo sia nell’opposizione tra spirito e materia, ma non c’è una reale dualità. L’esistenza dello spirito dipende dalla materia e viceversa la materia dipende dallo spirito per la percezione. I due concetti hanno ciascuno una parte della pluralità opposta.

Il Reale non può essere percepito perché è situato al di là del campo della percezione o più precisamente a monte del campo della percezione. Può essere fatta solo una descrizione delle entità nello spazio-tempo, ma queste sono prodotti di una percezione sensoriale, cioè del corpo e dei processi psicologici. La percezione è una funzione dei processi corporali e il corpo stesso è, in definitiva, un concetto mentale e psicologico che non ha alcuna realtà ultima.

Siamo come onde sull’oceano che guardano altre onde, ma l’Oceano nel suo insieme sfugge alla nostra percezione.

La questione del linguaggio e la confusione che ne deriva sono direttamente conseguenti a questa situazione. Le forme esistenti di comunicazione sono fondate sull’idea errata che la realtà è tangibile e trasmissibile. Poiché la verità ultima non è trasmissibile in alcun modo questo lede direttamente i nostri mezzi di comunicazione. Così, quando un maestro spirituale come Ramana Maharshi parla del Sé, non si riferisce a un individuo qualsiasi, ma a Quello che sottende ogni individuo e ogni oggetto osservabile e immaginabile o, in altre parole, alla Totalità. Questa Totalità non può essere immaginata perché si situa al di là del pensiero ed è infinitamente di più di un assemblaggio di entità finite.

La maggior parte degli sforzi spirituali hanno origine dall’azione della mente su se stessa, mentre la prima cosa è la rinuncia ad ogni sforzo, ad ogni azione nella sfera del mentale. Infatti la realizzazione richiede la dissoluzione del mentale, perché tutto quel processo è fondato sul pensiero e non è più reale della nostra immaginazione.

Pensiamo di essere un’isola in un mondo di pluralità, attraverso cui possiamo controllare o agire su ciò che ci circonda per creare più sicurezza attorno a noi. Non abbiamo assolutamente coscienza che il cosiddetto “individuo” non ha alcun potere di fare qualcosa, perché non ha nessuna entità presente per agire.

Questo “individuo” è un prodotto dell’immaginazione.

L’abbandono di questa nozione è in se stessa una realizzazione perché rappresenta una cessazione totale. Va in certo modo al contrario della nostra tendenza naturale ad “agire”, a fare degli sforzi per ottenere dei risultati, con un movimento incessante di attività.

Ma pensare di essere andato avanti o avere realizzato qualcosa è molto più un sogno che una realtà. Così, tutto ciò che si domanda è risvegliarsi da quel sogno. Un tale risveglio necessita della cessazione di ogni attività e un lasciar andare tutte le ambizioni, anche ai cosiddetti scopi spirituali. Questo significa la fine completa di ciò che siamo stati. Tuttavia dobbiamo vedere chiaramente che nessuno sforzo può essere d’aiuto per questo, così come è impossibile cadere nel sonno profondo facendo terribili sforzi per addormentarsi, perché addormentarsi è un atto involontario.

Realizzare il Sé non divisibile nello spazio e nel tempo significa che c’è solo l’ “Io”; gli altri non esistono o fanno parte di me. Nello stesso modo io faccio parte di tutti gli altri. Il Sé è un’unità nella quale il tempo e lo spazio non hanno più nessuna esistenza. Così, potete legittimamente dire con me: “alla mia nascita è apparsa la totalità dell’Universo, alla mia morte la totalità della manifestazione cesserà d’esistere. In verità, non c’è che il Sé e niente altro”. La nascita e la morte sono espressioni letterali senza referenza; esiste solo il Sé.

Noi siamo vicinissimi a questo stato nel sonno senza sogni. Realizzare questo nello stato di veglia è conoscere lo Stato fondamentale del nostro Essere, o la realizzazione del Sé, quando ogni differenza o separazione è scomparsa.

Questo ci porta infine alla questione del sapere. Perché il sapere si colloca sempre solo nel pensiero e nessun pensiero può aiutarci nella nostra ricerca spirituale. Andiamo ancor più lontano: la ricerca stessa non può essere d’aiuto per raggiungere il Sé, perché una ricerca si riferisce sempre ad entità e queste entità sono estranee alla sfera del non-mentale che è il Sé. Questo mi ricorda una discussione a casa mia, nella quale uno dei partecipanti disse che dopo essersi interessato per molti anni alla via spirituale, era sempre agnostico. Non aveva capito un punto importante, molto sottile. Un agnostico sarebbe felice solo se gli fosse data per magia la chiave della comprensione dell’Universo. La sua tendenza è ancora quella della dualità, del non-sapere, del diniego dell’esistenza del “non-materiale”. Non sa, ma lascia aperta inconsciamente l’esistenza, da qualche parte, di un progetto razionale che gli permetta di spiegare tutto. Sente, prima di tutto, l’aiuto che il sapere, anche il sapere negativo, gli offre per affrontare la vita.

Al contrario, il vero advaitin, che ha visto appieno l’inutilità del pensiero e del sapere, sa che l’implicazione del mentale, in qualunque modo sia, mantiene una matrice di contraddizione soggiacente, che porta alla sua specifica sofferenza e sa che il Sé non si rivelerà.

Per finire, ritorniamo alla questione dell’azione e specialmente alla realizzazione. Se tutte le entità sono irreali, della natura del sogno, come lo sono le azioni effettuate su e con quelle entità cosa dobbiamo fare? A dire il vero, è una cattiva domanda. La verità è semplicemente la seguente: non potete fare nulla, perché ogni azione di questo tipo è compiuta dall’Io, che è, prima di tutto, irreale e non può mai, di conseguenza, condurre al Reale.

Più semplicemente, quando neghiamo la realtà dell’autore di un’azione e la vediamo senza sostanza, ogni azione, essendo a un livello irreale e immaginario, automaticamente si arresta e noi diventiamo il Sé.

Siamo allora risvegliati dal sogno. In questo risveglio non c’è più “me” e gli altri, né passato presente e futuro, Tutto è ORA e non c’è che ORA!


Alla mia nascita, tutto l’universo e tutti gli altri sono nati con me e non c’erano e non ci sono altri separati da me. Alla mia morte l’universo morirà con me, perché tutto è contenuto in me, il Sé non duale. Vedere la luce eliminerà immediatamente e spontaneamente le tenebre del me irreale, una volta per tutte. Ci risvegliamo dal sogno dell’irreale. Ma questa realizzazione esclude ogni sorta di azione, che comporterebbe la riemergenza dell’irreale. Il Tutto può solamente Essere, cioè abbracciare tutto e ognuno. E’ solo il Qui ed Ora che non riconosce nessuna entità separata.

Quali scuole superiori preparano meglio agli studi universitari (confronto, scelgo, studio)

Ogni anno in Italia circa mezzo milione di studenti e le loro famiglie hanno da scegliere a quale scuola superiore iscriversi. Per un giovane forse questo è il momento nel quale dovrà affrontare la prima grande scelta della sua vita. E per i genitori è sempre molto difficile aiutare questi ragazzi ad orientarsi.



COME FARE?

 

Per aiutarli a scegliere la scuola migliore per ciascuno di essi, la Fondazione Giovanni Agnelli ha creato un nuovo strumento, Eduscopio.it. È un sito web a disposizione di tutti, gratuito e utile non solo per gli studenti e le loro famiglie, ma anche per i docenti e i dirigenti scolastici, che permette di confrontare le scuole italiane, a partire dal modo in cui hanno preparato i loro diplomati per il percorso universitario.

 

A partire dai risultati universitari di 700.000 diplomati la Fondazione Agnelli mette a confronto oltre 4000 scuole. I dati sono ufficiali: la fonte è la banca dati dell'Anagrafe degli Studenti universitari (ANS) del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.

 

 Visita EDUSCOPIO.it per scegliere la migliore scuola della tua zona!

ECCELLI, ECCELLI, SENZA PAURA

Osho: le 7 fasi del coraggio

IL CORAGGIO DI CAMBIARE
Non puoi inserire il nuovo nella tua vita: esso arriva, tu puoi accoglierlo o respingerlo. Agisci nel momento, come un bambino, abbandona completamente te stesso al momento e ogni giorno troverai una nuova luce, nuove aperture, nuove intuizioni. E queste nuove intuizioni ti trasformeranno continuamente.

IL CORAGGIO DI SBAGLIARE
Compiendo molti errori, imparerai a riconoscere uno sbaglio e apprenderai il modo per non commetterlo più. Imparando a riconoscere lo sbaglio, ti avvicinerai sempre di più alla verità. È una sperimentazione individuale: non puoi basarti sulle conclusioni degli altri.
Fai tutti gli sbagli possibili, ricordati solo di non ripetere mai lo stesso errore; in questo modo crescerai.

IL CORAGGIO DI AMARE
Ricorda: il contrario dell’amore non è l’odio, come pensano tutti, l’odio è amore a testa in giù, non è l’opposto dell’amore. Il vero contrario dell’amore è la paura: quando ami ti espandi; quando hai paura ti contrai, quando ami ti apri; quando hai paura ti chiudi; quando ami hai fiducia; quando hai paura ti assalgono i dubbi.

IL CORAGGIO DI RISCHIARE
Non dimenticare mai l’arte del rischio, mai e poi mai, sii sempre pronto a rischiare. Ovunque tu possa trovare un’opportunità di rischio, non lasciartela sfuggire; in questo modo non sarai mai un perdente. Il rischio è l’unica garanzia per essere veramente vivo.

CORAGGIO E MEDITAZIONE
Ricorda sempre che la mente è la causa della tua chiusura, la mente ha una paura incontrollata di qualsiasi apertura del tuo essere, perché si nutre delle tue paure. Meno paure hai e meno usi la mente, più paure hai e più usi la mente. La meditazione è solo un mezzo per creare una circostanza in cui la mente abbia sempre meno cose da fare.

IL CORAGGIO DI ESSERE FELICI
Rimarrete stupiti, ma questo è il frutto della mia esperienza con migliaia di persone: rimangono afferrati alla propria infelicità, dal momento che hanno maturato una certa amicizia con quella infelicità; hanno vissuto così a lungo con quella infelicità che dividersene sarebbe come divorziare. E molto raro che una persona voglia essere felice, diversamente a quanto tutti dicono, ed è molto raro che una persona sia pronta a essere felice: tutti hanno investito moltissimo nella loro infelicità, alle persone piace essere infelici… in realtà, sono felici di essere infelici!

IL CORAGGIO DI AVERE PAURA
L’unico modo per oltrepassare i limiti della morte è accettarla… così la morte scomparirà. L’unico modo per raggiungere lo stato di mancanza di paura è accettare la paura, il tal caso la tua energia uscirà fuori e diventerà libertà; un uomo diventa privo di paura, accettando le sue paure. Non è un problema di coraggio: devi solo osservare in profondità gli avvenimenti della vita e comprendere che le tue paure sono naturali e quindi accettale! Se sei un codardo, che cosa c’è di male? Sei un codardo: va bene. Anche i codardi sono essenziali, altrimenti come potremmo avere gli eroi?

Fonte: http://www.visionealchemica.com/il-coraggio-di/

Tratto liberamente da: www.facegood.org

Dallo yoga delle cellule al craniosacrale: un percorso tra fluidi e maree


Un interessante articolo di Maurizio Costa. Lo trovi quì


http://www.psicologia-integrale.it/wp-content/uploads/2009/05/2_solis_dallo.pdf

 

BUON ANNO

 

Anno Nuovo, ti accolgo con entusiasmo mentre ringrazio l’anno appena terminato per l’ennesima, generosa crescita che mi ha consentito.

Mi sento amato e sostenuto e so che la libertà è una scelta che non ha prezzo.

Ho avuto la gioia di condividere tanti preziosi momenti con vecchi e nuovi amici.

Più di sempre mi fido e mi affido.

Più di sempre sento la mia verità come giusta e corretta per me.

Tutto ciò che lascio è ormai sorpassato e so che porterà ancora e comunque grandi benefici a me e a chi mi circonda.

Il mio cuore è connesso all’Immenso.

La mia fiducia è adolescente mentre la mia anima è sovrana e grata.
Il mio amore e la mia compassione per me e per ogni mio adesso sono rispettosi e sconfinati.

Assoluto è il mio stare adesso, nella profonda leggerezza del meglio per me.

 

Mi piace terminare questo augurio con le parole del grande Oscar Niemeyer:

 

"L'importante è la vita, importante è l'uomo, questo strano animale che possiede anima e sentimento, e fame di giustizia e bellezza. 

Quando mi guardo alle spalle penso che il mondo è ingiusto e la nostra società deve cambiare. I poveri devono diventare meno poveri e i ricchi meno ricchi.

 

Non è l'angolo retto che mi attrae, ne la linea diritta, dura, inflessibile, creata dall'uomo. Quello che mi affascina è la curva libera e sensuale: la curva che trovo sulle montagne del mio Paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle onde dell'oceano, nelle nuvole del cielo e nel corpo della donna preferita".

 

Grazie!! Mario

 

Napoli, li 31 dicembre 2014

...l'avvenire è in cammino...

« Come indica il suo nome, il passato è “passato” e l’avvenire non è ancora vostro. Solo il presente vi appartiene: è tra le vostre mani come una materia, come una pasta da modellare. Avete a disposizione un minuto, un’ora, una giornata... Quel minuto, quell’ora, quella giornata vi appartengono: impegnatevi a viverli nella chiarezza. Quando, grazie ai vostri sforzi, avrete liberato lo spazio tra voi e il mondo divino, potrete dire che anche l'avvenire vi appartiene. Quell'avvenire è la gioia, è la luce.
Non lasciatevi influenzare da quelli che predicono solo difficoltà e disgrazie: costoro semplicemente non sanno cos'è veramente l'avvenire né come costruirlo. I mali rappresentano il passato, non l'avvenire. Per presentarsi, l'avvenire, ossia il vostro vero avvenire di figli e figlie di Dio, attende che abbiate finito di trarre lezioni dal passato. Quell'avvenire è in cammino: dal momento che lo state creando, voi cominciate già a viverlo. »

Omraam Mikhaël Aïvanhov

LE 13 NOTTI SANTE: COLLEGAMENTO CON LE GERARCHIE SPIRITUALI

LO SPIRITO DEL NATALE

 

Quando vedo persone che comprano i regali di Natale, mi piace. Godono del Natale. Si scambiano regali in nome dello spirito. Voi sapete che Babbo Natale è conosciuto al mondo ... così come Topolino; loro sono le polarità. Gli articoli più popolari su questo pianeta Terra nel 1990 sono Babbo Natale e Topolino.

Sapete che entrambi non esistono ? Non c'è una cosa come Babbo Natale. È una creazione dell'uomo. E credete che quello che vendiamo in un anno, è venduto in una settimana ? Un terzo di tutte le vendite è venduto nel periodo natalizio.

Che cosa c'è nel Natale ? Uno spirito. Un dono per ognuno in nome dello spirito. Ecco perché il Natale sembra buono. Tu lo chiami "Cristo". Gli ebrei lo chiamano in altro modo. I Sikh lo chiamano "il compleanno di Guru Gobind Singh". Ognuno prende quel tempo, quando il sole è poco e la notte è più lunga. L'uomo ha creato qualcosa per relazionarsi con la luce e lo spirito. Questo è tutto ciò che è.

Mi sto chiedendo: "Perché non possiamo farlo tutto il tempo ?" Quale è la difficoltà in noi ? Perché non possiamo capire che Dio è ancora il proprietario di questo pianeta Terra ? Egli ruota la Terra, Egli si prenderà cura della quotidianità. La vita comprende le difficoltà più crudeli, ma dentro di te, come nel deserto che brucia, c'è un piccolo pozzo di acqua che è fresco e tranquillo e ha un paio di palme piene di datteri. Si tratta di un'oasi.

Quindi per favore non perdere la vita nel diagramma dell'insicurezza perenne. Perché non dai la possibilità al Maestro, all'Angelo Custode, al Dio che ti ha creato, di sistemare il tuo domani ? Dagli una piccola possibilità. Amiamo noi stessi in un modo molto piccolo. E amiamo tutti sempre. Confidiamo un pò.

So che vi preoccupate per i vostri amici, vi preoccupate per il vostro lavoro, vi preoccupate per i vostri bambini, vi preoccupate per il vostro futuro. Non c'è una voce nel menu che non ti interessi. Ma io voglio solo dirti, non dimenticare che il proprietario di tutta la faccenda è Dio stesso, lo spirito, il soffio della vita.

Il tuo ego non è il tuo padrone. Cerchiamo di essere gentili e delicati di fronte al fatto che Dio non sta mai abbandonando il pianeta Terra. Il Creatore non ha intenzione di abbandonare la creazione e le creature. Cominciamo il nostro oggi con l'estasi della coscienza e il sentimento di unità con Dio e con gli altri. Facciamo il proponimento che ogni giorno diremo un piccolo addio all'insicurezza e ci affideremo alla sicurezza un pò di più. E che ogni giorno, quel poco in più, deve andare fino in fondo. Alla fine troverai che si è moltiplicato per 365. Quei molti giorni sono lì. Ma se sei veramente intelligente, fallo ora dopo ora. Se pensi di essere davvero intelligente, fallo minuto dopo minuto. E se hai una vera coscienza computerizzata, fallo secondo dopo secondo.

Yogi Bhajan, 16 Gennaio 1990 Espanola, NM

Sri Bhagavan sulla Fioritura del cuore e sull'Amore incondizionato

Domanda

Bhagavan, molti di noi hanno sperimentato un netto spostamento nella percezione come risultato del nostro lavoro con gli insegnamenti e il Diksha. Questi cambiamenti, tuttavia, non sempre accompagnano una vera fioritura del cuore. Senza la fioritura del cuore sembra che il processo non sia completo e non possiamo autenticamente amare e aiutare glialtri. Qual è la relazione, Bhagavan, tra la fioritura del cuore e un semplice cambiamento nella percezione? Vogliamo aiutare le persone a trasformare la loro vita. Vogliamo essere estensioni di tutto l'amore che sentiamo da AmmaBhagavan, cioè pura compassione, grazia. Ti preghiamo di aiutarci in questo, Bhagavan.

SRI BHAGAVAN: Supponi che un bicchiere sia mezzo pieno. Tu potresti vederlo o mezzo pieno o mezzo vuoto, il quale è un semplice cambiamento nella percezione. Ma quando il cuore fiorisce, senti che tu sei il vetro e sei l’acqua. Ti senti connesso. Tutti gli esseri umani sono in realtà connessi. Non siamo individui separati come ci appare. Questa separazione è solo un'illusione. Quando l'illusione se ne va, senti effettivamente che tu sei l'altro, tu effettivamente sentiresti questo. Non è un pensiero o un’idea o un credo o un concetto. Si tratta di una vera e propria sensazione profonda. Questo succede quando il cuore fiorisce. Fino a quando il cuore non fiorisce, non ti rendi conto della tua vera condizione in cui senti che tu e l'altro siete uno. Non è che tu sei lo stesso. Tu non sei la stessa cosa. Ma tu sei l'altro.

Diciamo... noi non chiamiamo questo movimento identicità, lo chiamiamo Unità. Non che tu sia esattamente lo stesso, ma tu senti, anche se sei diverso, che sei lo stesso. È come un essere che ha due personalità. Ti rendi conto che tu sei l'altro, non è che è proprio una copia carbone, non in quel senso. Ma senti che sei due cose non separate, senti che tu sei questo e che tu sei quello. Affinché ciò avvenga, il cuore deve fiorire. Come possiamo farlo?

Nel mondo interiore dovresti smettere tutte le analisi, dovresti smettere tuttigli sforzi. Questi non hanno posto nel mondo interiore. Il problema è che nel mondo esteriore dobbiamo analizzare, dobbiamo fare uno sforzo e portiamo gli stessi strumenti all'interno. Ecco dove sta il problema. Nel mondo interiore dobbiamo mettere da parte questi strumenti. Non devi cercare di capire perché non si può capire. E non si può mettere alcuno sforzo perché lo sforzo è il problema.

Diciamo che soffri di gelosia e vuoi liberarti della gelosia, e ci metti un po’di sforzo. Questo unico sforzo è gelosia. Sei sempre intrappolato nell'illusione che la gelosia sia qualcosa di separato e che lavorare per essere liberi da essa sia qualcosa di separato, ma se guardi da vicino ti accorgi che tale sforzo è gelosia. Quando lo sforzo si ferma, non c'è affatto gelosia.

Allo stesso modo qui, la verità è che il tuo cuore non è fiorito. La verità è che non ti senti connesso. Ti senti alienato. Questa è la verità. Non c'è altra verità. Quindi, comincia da lì. Non cercare di arrivare da qualche parte, non potrai mai arrivare da qualche parte. Inizia da dove ti trovi. È il primo passo è anche l'ultimo passo.

DIVENTA INTENSAMENTE CONSAPEVOLE DEL FATTO CHE NON DISPONI DI UNA CONNESSIONE, CHE NON FAI L’ESPERIENZA DELL’AMORE INCONDIZIONATO. TUTTO IL TUO AMORE È CONDIZIONATO. TUTTA LA TUA GIOIA È CONDIZIONATA. TUTTO IL TUO AFFETTO È CONDIZIONATO. QUESTA È LA VERITÀ. NON SENTIRTI IN COLPA. NON FUGGIRE. NON CERCARE DI SPIEGARLO. QUESTA È LA VERITÀ. AGGRAPPATI A QUESTA VERITÀ. QUESTO È TUTTO CIÒ CHE DEVI FARE.

L'unico altro supporto potrebbe essere una benedizione che potresti ricevere. Non fare nient’altro. Attendi fino a quando succede qualcosa. E succederà molto velocemente. Essa deve avvenire naturalmente, automaticamente. Se tenti di farla accadere, potresti provare per un milione di anni. Tu non vai da nessuna parte. L'unica cosa è fare uno sforzo senza sforzo... sforzo nel senso che potresti afferrare alcuni insegnamenti, potresti ottenere una benedizione. Questo potrebbe esserela parte dello sforzo.

Da allora in poi è tutto automatico, perché diventi intensamente consapevole della verità che non hai amore, che il cuore non è fiorito, che non ti senti connesso. Non lasciarlo andare. Potrebbe essere per due giorni, tre giorni, quattro giorni, fino a quando puoi, basta essere lì fino a quando succede. Non sperare qualcosa, nemmeno aspettati qualcosa. L'unica verità è che l'amore non c'è. Basta rimanere lì.

“Molto spesso la grazia è più veloce verso una persona che vive nell'integrità, anche senza la preghiera.”


“Quando lo sforzo di diventare risvegliato cessa, tu sei risvegliato.” 


Sri AmmaBhagavan

PERCHÉ MEDITARE

RIFLESSIONI SULLA PRATICA DEL DHARMA

di Corrado Pensa

In un famoso discorso, il Sedaka Sutta, il Buddha spiega come sia necessario  prendersi cura di sé e prendersi cura degli altri. Non dice – dogma del moralismo occidentale contemporaneo – che l’unica cosa importante è prendersi cura degli altri. In realtà è fondamentale sia prendersi cura di sé, sia prendersi cura degli altri. Il prendersi cura  di sé è frutto di una certa maturità e non ha niente a che vedere con la costante auto-preoccupazione. Senza dimenticare che, se ci siamo rafforzati grazie al prenderci cura di noi stessi, saremo certo più in grado di rivolgere fruttuosamente la nostra attenzione agli altri. 

Consideriamo anche che questa costante auto-preoccupazione è un’interessante combinazione di attaccamento al benessere e odio-avversione per il malessere. Interessante nel senso che fornisce materiale molto importante per  applicare la pratica della consapevolezza. Infatti solo limando con molta pazienza l’attaccamento, l’avversione e la paura, potrà finalmente dischiudersi la regina delle virtù: l’equanimità…

Imparare un nuovo modo di vivere

 Io credo che la liberazione sia liberarsi di tutto un modo sbagliato di essere, pensare,  sentire, agire e - al tempo stesso - imparare un nuovo modo di vivere, via via più illuminato dalla saggezza e dalla compassione. 

Annota Simone Weil: “Dalla prima infanzia sino alla tomba qualcosa in fondo al cuore di ogni essere umano, nonostante tutta l’esperienza di crimini sofferti, osservati,  forse compiuti, si aspetta invincibilmente che gli venga fatto del bene e non del male . È questo innanzitutto che è sacro in ogni essere umano, il bene è l’unica  forma del sacro.”

Solo il bene, e ciò che è relativo al bene, è sacro.  E potremmo aggiungere che quello stesso qualcosa in fondo al cuore, oltre ad aspettarsi il bene, desidera  anche fare il bene, ma ne è impedito dagli inquinanti.

In proposito, vorrei ricordare che un famoso maestro contemporaneo, Chögyam Trungpa, ricorreva all’espressione ‘bontà fondamentale’ (presente in ogni individuo) per formulare il suo intendimento di quella luce interiore che nel Buddhismo Theravāda si chiama ‘mente-cuore luminosa’, nel Buddhismo Mahāyāna ‘natura del Buddha’ (variante Zen: ‘la cosa che non nasce e che non muore’). Dunque, a mano a mano che, in virtù del cammino interiore e della pratica della meditazione, riduciamo il potere degli inquinanti, questa bontà fondamentale – sempre meno da essi oscurata– ha la possibilità di manifestarsi nel desiderio, appunto, di fare il bene. E ciò vuol dire anche disposizione ad affrontare tutti gli ostacoli che si frapporranno al compimento di questo desiderio profondo. Aggiungiamo, infine, che il desiderio di bene ha la sua espressione più alta nel desiderio di liberazione per noi e per gli altri.  

Brano tratto dalla rivista dell’A.Me.Co. SATI n°2, 2013.

Preghiera

Il metodo segreto per invitare la fortuna
la meravigliosa medicina per ogni malanno
Solo per oggi:
Non ti arrabbiare
Non ti preoccupare
Sii riconoscente
Lavora duro (per migliorare te stesso)
Sii gentile con gli altri
Ogni giorno e ogni notte, siediti nella posizione del Gassho (le mani giunte di fronte al torace, conosciuta anche come posizione di preghiera) e pronuncia queste parole a voce alta nel tuo cuore.

 

Mikao Usui

 

 

Lo stato di meditazione sarebbe poca cosa se non fosse accompagnato dalla dimensione del servizio e dell’amore verso ogni aspetto del reale e della manifestazione. La spiritualità infatti, come affermava il teosofo Bernardino del Boca, è soprattutto un modo di vivere e per viverla è necessario conoscere se stessi e gli altri e, specialmente, individuare i limiti della nostra comprensione e l’estensione della nostra ignoranza. Essere coscienti di ciò ci può rendere sereni come bambini e ci può permettere di passare dalla dimensione della conoscenza a quella della saggezza. E con John Donne (1572-1631) possiamo ripetere: “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto”.

 

da: Newsletter Società Teosofica Italiana - 2 luglio 2014

L’ENIGMA DI QUESTO MONDO

L’ENIGMA DI QUESTO MONDO (DISCESA DELLA LUCE) - SRI AUROBINDO

Non si può negare, e nessuna esperienza spirituale lo negherà, che questo è un mondo non ideale e non soddisfacente, fortemente segnato dal marchio dell’imperfezione, della sofferenza e del male. In realtà, questa percezione è, in un certo modo, il punto di partenza della spinta spirituale – eccetto per quei pochi ai quali l’esperienza spirituale viene spontaneamente, senza esservi forzati dall’acuto, schiacciante, doloroso e alienante senso dell’Ombra che incombe sull’intero campo di questa esistenza manifestata.


Rimane tuttavia il problema se questo, come alcuni sostengono, sia veramente il carattere essenziale di tutta la manifestazione, oppure se, almeno finché esisterà un mondo fisico, esso debba rivestire questa natura, così che il desiderio della nascita e la volontà di manifestarsi o di creare debbano essere considerati il peccato originale, mentre il ritirarsi dalla nascita o dalla manifestazione l’unica via possibile di salvezza. Per quelli che percepiscono così il mondo o in modo più o meno analogo – e questi sono stati la maggioranza – esistono ben note vie d’uscita e scorciatoie che portano alla liberazione spirituale. Ma può anche darsi che il mondo non sia così e che sembri così solo alla nostra ignoranza o ad una conoscenza parziale: l’imperfezione, il male e la sofferenza possono essere una circostanza o un passaggio dolorosi ma non la condizione stessa della manifestazione, non la vera e propria essenza della nascita nella Natura.


E se è così, la suprema saggezza non starà nella fuga, ma nella spinta verso una vittoria quaggiù, in una consenziente collaborazione con la Volontà che è dietro al mondo, in una scoperta della porta spirituale verso la perfezione che sarà allo stesso tempo un’apertura per la totale discesa della Luce, della Conoscenza, del Potere e della Beatitudine divini.


(tratto da: Sri Aurobindo, Lettere sullo Yoga, vol.I, Edizioni Arka)

 

 

OSHO: SOLO DIO ESISTE

Vi e' un solo principio e una sola pratica. Qual e' questo principio? Il principio e' che solo Dio esiste. Non c'e' altro dio all'infuori di Dio: questo e' il principio. Questo e' il vero seme del Sufismo. Solo Dio e', in milioni di forme. Le forme sono differenti, le personalita' sono differenti, ma in profondita', se continui a cercare il tuo centro interiore, troverai sempre e soltanto Dio. Pertanto questo e' il principio fondamentale, tutti gli altri sono secondari. Questo e' il pilastro del tempio del Sufismo: Dio e'.

 

Quando io dichiaro di essere l'oceano, le altre onde si infastidiscono. Pensano che io voglia affermare una superiorita', che sostenga di essere un oceano mentre voi siete solo delle onde. Non sto dicendo questo ! Dichiarando di essere l'oceano io ho dichiarato che anche voi siete l'oceano. Ma se non lo volete riconoscere, siete liberi di non vedere la verita'.

 

Puoi tenere gli occhi chiusi, puoi continuare a portare una benda sugli occhi: e' una tua decisione. Se hai scelto di non essere un Dio, puoi continuare a fingere di non esserlo; ma lasciami dire che e' solo una finzione. Dio e' la tua realta' e qualsiasi altra cosa tu finga di essere non e' altro che una convinzione. Perfino quando fingi di essere questo o quello e non Dio, anche in quel caso resti Dio in profondita'. Non e' possibile essere nient'altro.

 

Perfino un'onda che dice: "Non credo nell'oceano e certamente io non sono l'oceano; posso vedere i miei limiti: un giorno nasco e il giorno dopo sono scomparsa; come posso essere l'oceano eterno? Non lo sono !" Eppure, anche mentre dichiara questo, l'onda e' l'oceano. E' parte dell'oceano, l'oceano e' sotto di lei, ma essa non ha mai guardato nelle sue profondita'."

 



Osho - Le onde e l'Oceano - Edizioni Del Cigno 

Meditare: cosa significa?

Tendiamo ad essere particolarmente ignari che pensiamo virtualmente per tutto il tempo. Il flusso incessante dei pensieri che attraversano la mente ci lascia pochissimo spazio per la quiete interiore. E ci concediamo comunque pochissimo prezioso spazio semplicemente per essere, senza dover sempre correre qua e là a fare cose. Le nostre azioni sono tutte impulsive piuttosto che intraprese con consapevolezza, sono controllate da quei pensieri e impulsi perfettamente ordinari che attraversano la mente come un fiume in piena, se non come una cascata. Veniamo presi dalla corrente che ci imprigiona e sommerge le nostre vite mentre ci trasporta in luoghi dove possiamo non voler affatto andare e senza nemmeno renderci conto di dove stiamo andando.

Meditare significa imparare come uscire da questa corrente, sedersi sulla sua riva ad ascoltarla, imparare da essa e quindi usare l’energia per guidarla piuttosto che esserne tiranneggiati. Questo processo non accade magicamente da sé. Richiede sforzo; e noi chiamiamo lo sforzo di coltivare la capacità di stare nel momento presente «pratica» o «pratica della meditazione».

 

Ma la pratica della meditazione non consiste nel cercare di gettare via se stessi per sostituirsi con qualcosa di meglio. Vuol dire invece fare amicizia con la persona che già si è.

Nutrire gentilezza amorevole, maitri, verso se stessi non significa sbarazzarsi di qualcosa. Maitri significa che, dopo tutti questi anni, possiamo ancora permetterci di essere mezzi matti; possiamo ancora essere arrabbiati, timidi, gelosi, o sentirci del tutto indegni.

Il punto non è sforzarsi di cambiare se stessi.

L’oggetto della pratica siete voi, sono io, chiunque siamo qui e ora, ed esattamente come siamo. È questo il nostro campo di indagine, che studiamo e ci prepariamo a conoscere con profonda curiosità e interesse… Quindi, venite come siete.

 

Il trucco consiste nell’essere disposti ad aprirvi a ciò che siete, a essere pienamente consapevoli di ciò che siete. Una delle scoperte più importanti della meditazione consiste nell’accorgersi di come continuamente si sfugga dal momento presente, si eviti di essere qui, di essere come sì è. Ciò non deve essere considerato un problema, ma l’importante è prenderne coscienza”. - Pema Chodron (Senza via di scampo – Ed. Feltrinelli)

Dimentica completamente Dio.

Prova semplicemente ad essere estatico e, un giorno, allorchè danzerai nella beatitudine interiore, allorchè il tuo nettare interiore fluirà, all'improvviso, vedrai che questa vita non è più qualcosa di comune.

Ovunque, vedrai che sono nascoste forze sconosciute, e vedrai Dio nei fiori, nelle pietre e nelle stelle.

 

Osho

GLI EFFETTI PSICOFISICI DELLE TECNICHE DI MEDITAZIONE

ABSTRACT

Negli ultimi anni la neuroscienza sta prestando grande attenzione allo studio degli effetti psicofisici delle tecniche di meditazione. L’articolo sarà una revisione della letteratura scientifico sperimentale, circa gli effetti e i benefici fisici, emozionali e psicologici delle varie tecniche presenti.

L’approccio seguito sarà di tipo scientifico, basato su evidenze e studi sperimentali, documentati da un’ampia bibliografia.

L’opinione pubblica rimane di pareri contrastanti circa l’utilizzo di queste pratiche a livello terapeutico, malgrado le evidenze scientifiche dimostrate, circa 3.000 articoli su riviste e giornali.

 

 

INTRODUZIONE

Un argomento che ha incuriosito molto durante la revisione della letteratura è come testi ed autori affermati nel campo delle neuroscienze definiscano in modo diverso la parola meditazione. Nel testo “Neuroscienze. Studiando il cervello” ( Bear M. F. , 2007), la meditazione viene definita come “stato alterato di coscienza”; nel testo “Psicosomatica olistica” ( Montecucco N. F., 2010), invece, viene definita come “stato naturale di coscienza”.

La meditazione è un processo nel quale volgiamo l’attenzione verso un certo numero di variabili corporee, sensoriali e mentali; è un movimento della mente volontario. Anche se stati meditativi possono sorgere spontaneamente, magari in riva al mare o davanti ad un paesaggio, le tecniche di meditazione vere e proprie consistono in esercizi prolungati e ripetuti, che rappresentano un addestramento alla mente.

La parola meditare deriva dal latino, meditàri e propriamente significa misurare con la mente, volgere nell’animo. Nella lingua madre meditare può significare anche ripensare o considerare qualcosa, fermandovi a lungo il pensiero, cioè riflettere.

Nel corso degli ultimi tre decenni, pratiche di meditazione di consapevolezza sono state sempre più inserite in programmi psicoterapeutici per i loro benefici (cfr. Baer, 2003; Grossman, 2004); la meditazione aumenta la consapevolezza dell’esperienza del momento presente con un atteggiamento compassionevole non giudicante (Kabat-Zinn, 1990).

 

GLI EFFETTI DELLA MEDITAZIONE

L’azione della pratica della meditazione è riscontrabile su più piani:

Fisico

Emozionale

Psicologico

Le caratteristiche principali di qualsiasi tecnica sono riconducibili essenzialmente a tre punti (G.M. Manzoni, F. Pagnini 2008):

Efficacia su numerosi disturbi

Assenza di effetti collaterali

Dipende da durata e continuità

 

Alcuni degli effetti delle meditazioni e le relative ricerche internazionale che sono stati riscontrate negli ultimi 30 anni sono riportate nella tabella seguente:

CONCLUSIONI

Questo rivisitazione nasce da uno studio approfondito della letteratura scientifica sulla meditazione sia dal punto di vista fisiologico che mediante un approccio biologico.

Negli ultimi cinquant’anni gli psicologi sociali hanno scoperto che una delle più potenti cause che alla base del comportamento umano deriva dal nostro bisogno di preservare un’immagine di sé stabile e positiva. Non sempre però è facile conservare queste credenze; nella vita incontriamo numerose situazioni che rappresentano una sfida a tutto questo. Molti di noi hanno bisogno di mantenere un’alta considerazione di se stessi. Alla sensazione di malessere provocata da informazioni che risultino discrepanti con il concetto di noi stessi, come essere ragionevoli e intelligenti, si è dato il nome di dissonanza cognitiva. Ogni individuo dispone di più modi per ridurre questo divario, come cercare di giustificare il comportamento modificando o aggiungendo nuove cognizioni o cambiare il comportamento fino a farlo concordare con cognizione dissonante.

Il processo di riduzione è in larga parte inconscio; ciò favorisce un utilizzo naturale e non consapevole, in quanto si tende a sovrastimare il dolore della delusione.

Ciò non significa, comunque, che ogni modo di scappare da se stessi sia così dannoso. Molte forme di espressione religiosa e di spiritualità sono anche mezzi efficaci per evitare l’attenzione su di sé. Inoltre il porre l’attenzione su di sé non sempre è negativo, poiché può anche portare lucidità, in quanto ci ricorda che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. Il concetto di meditazione racchiude in sé il semplice principio di stato naturale dell’essere umano; non si tratta dunque di un concetto esistenziale o filosofico, ma piuttosto di una condizione reale in cui si può trovare l’individuo.

Lo studio, nato con lo scopo di far riflettere la comunità scientifica, mira a sensibilizzare e rendere più chiaro possibile l’importanza di questo metodo. Esso viene utilizzato da millenni per trovare una pace e una profondità interiore difficile,malgrado gli ampi studi, da descrivere con numeri, parole e immagini.

 

BIBLIOGRAFIA

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Il messaggio dei Baul, mistici e poeti dell’India tradizionale, vagabondi alla ricerca, dentro di sé, dell’uomo essenziale.

 

 

Folli, folli

Siamo tutti folli!

Perché allora questa parola

è così spregiativa?

Se ti immergi profondamente

nella corrente del cuore

scoprirai che nessuno è

migliore di colui che è folle.

 

 

Scrutare il cosmo

è una perdita di tempo.

Egli è presente

in questo fragile vascello;

in questo debole corpo

si è costruito un rifugio.

 

 

Egli è qui,

in questo fragile vascello,

in te.

Egli è là,

il dio degli dei,

il re dei re,

l’Amato.

 

Ecco perché, fratello, sono diventato un folle Baul

Non obbedisco a nessun maestro, né ordine;

Le distinzioni fatte dall’uomo non hanno presa su di me.

Io gioisco

nella felicità dell’amore

che scaturisce dal mio essere.

Nell’amore non c’è separazione ma un incontro perpetuo di cuori.

Così io gioisco nel cantare e danzare con uno e con tutti.

Ecco perché, fratello, sono diventato un folle Baul.

 

 

Una storia....

Succede che una volta un angelo decise di venire sulla terra per vedere l’uomo e il suo mondo. Aveva sentito raccontare così tante storie sullo splendore dell’uomo, che non poteva resistere alla curiosità. La bellezza del mondo lo sopraffece: i picchi assolati delle montagne e l’oscurità delle foreste, il fruscio del vento e le raffiche impetuose, le valli colorate dall’arcobaleno, il terreno baciato dalla rugiada, l’odore pieno della terra, gli animali, feroci e mansueti. Dappertutto c’era una bellezza maestosa.

Ma quando vide l’uomo, e udì la musica del suo cuore e la canzone della sua anima, l’angelo rimase incantato. S’innamorò profondamente del mistero umano. Arrivò il crepuscolo, ma lui esitava. L’uomo e la terra lo avevano toccato a tal punto che non riusciva ad andarsene. Ma il suo tempo era finito e, seppur con le lacrime agli occhi, doveva andarsene. Si sentiva così preso d’amore, così arricchito da questa avventura sulla terra, da questa esperienza, che prima di andarsene, prima di ritornare nel suo mondo, solamente per condividere la sua gioia, decise di aiutare qualcuno di noi nel suo cammino. Si guardò intorno e vide quattro persone che camminavano. Si avvicinò e disse loro: “Sono venuto per esaudire un vostro desiderio”. Fortuna volle che tutti avessero aspirazioni spirituali.

Parlò il primo: “Mi sono sforzato incessantemente per raggiungere la verità divina – non ho fatto altro che lottare e lottare e lottare. Dammi la pace dello spirito!”. “Ma la lotta è una delle gioie della vita” disse l’angelo, non comprendendo bene il desiderio del primo ricercatore.

“Vorrei la pace!” insistette l’uomo.

Essendo questo il suo desiderio, l’angelo trasformò il giovane in una mucca che brucava quietamente l’erba in un pascolo lontano.

Un po’ turbato, l’angelo si rivolse al secondo aspirante.

“Dio è puro, ma io non lo sono” disse l’altro, “per favore ripuliscimi da tutte le impurità delle passioni, delle emozioni, dei desideri”.

“Non sono queste la base della vita?” chiese l’angelo. “Ma non voglio la vita, voglio la purezza!” insistette il secondo uomo, che a quel punto chiuse gli occhi in attesa della sua trasformazione. In un secondo l’uomo scomparve, e in un tempio lontano comparve una statua di marmo del tutto somigliante a lui.

Allora il terzo uomo disse: “Rendimi perfetto, solo questo mi interessa”. Anche lui svanì, ma non riapparve in alcun luogo, perchè nulla sulla terra è perfetto o può esserlo.

L’angelo si rivolse al quarto uomo: “E qual è il tuo desiderio?”.

“Non ho desideri” rispose felice l’uomo.

“Proprio nessun desiderio?”.

“Nessuno – eccetto l’essere umano, essere pienamente umano e vivo”.

Una gioia quasi incontenibile cominciò nuovamente a pervadere l’angelo. Guardò quell’uomo benedetto con immensa tenerezza e lo abbracciò con infinito amore. L’uomo continuò per la sua via cantando le glorie della vita, danzando la gioia della vita.

Questo quarto uomo era un Baul.

 Non c’e’ altro modo per definire un Baul. Il Baul ha un grandissimo amore per la vita, un amore infinito per questa terra, un amore incommensurabile per tutto quello che esiste. Il Baul non è un idealista, è realista, ha radici nella terra. Il Baul non chiede un paradiso chissà dove, lui è già in paradiso, qui e ora. Il Baul non è un ricercatore, il Baul è uno che ha trovato. Il Baul è un siddha, uno che ha indagato profondamente e ha capito che tutto è già disponibile e non c’è bisogno di cercare. Che è sufficiente partecipare a questo mistero chiamato vita. Lui balla, canta, gioisce, è beato, senza alcun motivo. Ma questa è solo metà della storia. L’altra metà racconta che l’angelo raggiunse il paradiso, venne chiamato da dio e si sentì chiedere: “Cosa stavi facendo sulla terra, gingillandoti con la mia creazione?”.

L’angelo disse: “Perdonami, ma quelle persone avevano dei desideri. Ho semplicemente cercato di appagarli”.

Dio disse: “Questo va bene. Non sono arrabbiato, era solo per sapere. E tu, non hai qualche desiderio da realizzare?”.

L’angelo disse: “Rendimi come il quarto uomo e fammi tornare sulla terra! Rimandami indietro e trasformami nel quarto uomo!”.

 

Lascia che questo sia anche il tuo desiderio. E non c’è neanche bisogno di chiederlo, perchè è già realizzato: tu sei un uomo sulla terra! Gioisci di questo dono di dio! In gratitudine, canta la tua canzone, manifesta la danza che c’è dentro il tuo essere e che aspetta solo di essere espressa. Sii creativo. Fiorisci. Un Baul è una fioritura. Un Baul è energia che fluisce. Un Baul non è un religioso qualsiasi, non finge, un Baul è realmente religioso. Non è contro il mondo, perchè non è contro dio. Il mondo è una creazione divina; lui non è contro nulla, perchè tutto è di dio. Il tempio di dio è ovunque. Ogni presenza è piena della sua presenza. Un Baul è un folle; questo è il significato della parola “baul”. Deriva dalla parola sanscrita vatul che significa folle.

Diventa matto nel nome di dio! Diventa matto nel condividere la gioia! E allora saprai che cos’è un Baul. Non c’è modo per dare una definizione; posso solo indicarla. Non c’è modo neppure per descriverli, ma io sono qui, presente, io sono un Baul. Guarda dentro di me, assaggiami un poco, mangiami, bevimi, questo potrebbe darti qualche indicazione. E se veramente la vuoi, se veramente desideri una definizione, allora diventa un Baul. Non c’è altro modo per conoscerli. Per conoscere dio è necessario diventare dio, perchè puoi conoscere solo ciò che sei diventato. Solo l’esistenza, e l’esperienza dell’esistenza, possono illuminarti, nient’altro.

 

tratto da: Osho, The Beloved, Vol. 2, # 10

 

Semplicemente umano

MEERA E LA MADRE DIVINA

Georg Feuerstein, praticante spirituale e autore di più di venti libri, che ci ha lasciato nel 2012, descrive un’inaspettata esperienza spirituale della Madre Divina e il suo importante incontro con la famosa santa indiana Madre Meera. Scritta con grande franchezza da uno dei principali interpreti contemporanei del pensiero spirituale, questa descrizione vivida e affascinante delle sue esperienze (e il tentativo filosofico di ricavarne un senso) fornisce un contesto alla nostra ricerca sulla natura del sacro femminile e sul significato delle Madri Divine. “Se Dio non esistesse – disse Voltaire – bisognerebbe inventarlo”. Da qualche altra parte, completò l’affermazione dicendo: “Se Dio ci ha fatto a Sua immagine, dobbiamo certamente restituirgli il favore”. Ciò ricorda l’intuizione espressa da alcuni antichi scettici greci, secondo cui è sospetto il fatto che gli dei siano così simili a noi. Chiaramente, c’è della verità in questa affermazione, come sa chiunque mastichi un po’ di religione comparata. Tuttavia, essa non trasmette affatto l’intera verità. Il materialismo vorrebbe farci credere che la società o l’economia formino, se non addirittura predeterminino, la nostra concezione dell’assoluto. Secondo il dogma materialista, la metafisica non è il prodotto di realizzazioni spirituali, intuizioni mistiche ed elevate considerazioni intellettuali, ma di fattori terreni come la fame, la ricchezza o il mal di denti. Sembrerebbe che la verità si trovi da qualche parte tra i due estremi del riduzionismo materialista e della spiritualità riduzionista. Alla luce di ciò, come dovremmo considerare l’antica tradizione della divinità del principio femminile (cioè della Dea o della Madre)? Per gli psicologi, la Divinità femminile è un potente archetipo insito nell’inconscio collettivo, anche se non c’è unanimità su come questa fondamentale immagine sia nata e sia stata poi trasmessa attraverso le ere e le culture. Per l’intellettuale medio, profondamente imbevuto dell’etos umanista contemporaneo, non si sta parlando di metafisica o di metapsicologia, ma di un fraintendimento, o di un’illusione, trasmessa da una generazione di credenti all’altra. Per i teologi della “morte di Dio”, la Dea è una proiezione, così come lo era il Dio patriarcale del deismo. Questa sbrigativa svalutazione è apertamente contestata da chi considera il divino femminile non un concetto astratto, ma una realtà vivente; ovvero, da quei tanti che contattano la Madre Divina nelle loro preghiere, che trovano in Lei sollievo, e perfino che si uniscono a Lei in mistica intesa. Fino a pochi anni fa, mi limitavo a sfiorare questo argomento filosofico; scrivevo sul principio cosmico femminile in termini puramente astratti, a livello di una costruzione metafisica plausibile come tante altre. In quanto ex luterano (di formazione religiosa molto tiepida) non avevo mai conosciuto la dottrina mariana che ha un ruolo così importante nel cattolicesimo. Il mio incontro intellettuale con il divino femminile rimase confinato alla dottrina induista di Shiva-Shakti. In essa, Shakti è il polo femminile della realtà divina, mentre Shiva rappresenta l’aspetto maschile dello stesso essere supremo; quest’ultimo si manifesta in forma di dei (deva) e dee (devi) particolari, ovvero di versioni inferiori della Realtà onnicomprensiva. Mi interessava poco il fatto che questa dottrina metafisica degli aspetti polari del Divino avesse i suoi riti concreti e la sua controparte esperienziale nella vita religiosa di milioni di pii indù. La sublime metafisica del non dualismo, o Advaita Vedanta, grazie alla quale la filosofia indù è famosa in Occidente, è prerogativa esclusiva di pundit eruditi, mentre la pratica religiosa, in India, si basa ampiamente sull’adorazione della Dea. Impegnato come ero nella ricerca di una pratica contemplativa non dualistica, la dimensione della Divinità polarizzata rimase per me un enigma. Poi, un giorno, come risultato naturale del mio lavoro interiore, mi sono ritrovato disponibile a considerare la possibilità esperienziale della Dea. Improvvisamente, le nude ossa teologiche della mia considerazione furono avvolte dalla carne dell’immediatezza: mi imbattei nella sacra presenza come in una forza materna; essa mi sosteneva, mi nutriva, mi proteggeva e mi rianimava come, sul piano umano, solo l’amore di madre può fare. Dalle mie guance sgorgarono lacrime di gratitudine e riconoscenza. Sapevo che qualcosa di molto importante era successo nel mio viaggio contemplativo. Questa esperienza mi lasciò felice e perplesso. Fino a quel momento, nelle mie meditazioni e preghiere avevo sempre sperimentato la presenza sacra attraverso un velo di qualità maschili; per esempio, l’imponenza, l’imparzialità, la lontananza e la severità. In giovane età, e dopo molte riflessioni filosofiche, avevo radicalmente eliminato dal mio bagaglio di credenze ereditarie l’idea del Dio-Creatore che i miei genitori avevano cercato di instillarmi. Tuttavia, in retrospettiva, sembra che non riuscii a sradicare completamente dalla mia psiche questa potentissima immagine archetipa del Divino come del maschio supremo. Anche se mi ero battuto in età molto precoce per arrivare a una versione non-dualista della metafisica, la mia esperienza dell’Assoluto conteneva tracce evidenti di quell’incrollabile Dio-Creatore da cui pensavo di essermi liberato. Si pose la domanda: la mia esperienza del sacro come una forza maschile era stata puramente un costrutto, o quella presenza era stata in se stessa qualitativamente diversa da quella presentatasi in modo materno? Se fosse stata esclusivamente un costrutto della mia mente, probabilmente la presenza materna veniva dalla stessa, inaffidabile fonte. Dopo una ricerca intensa e sincera, conclusi che ambedue le esperienze del sacro si riferivano a qualcosa di reale in sé, ma che vi si era sovrapposto il mio atteggiamento intellettuale ed emotivo. Poiché ero un non-dualista convinto, dovevo ammettere che il sacro – o la Realtà – nella sua condizione assoluta non avrebbe potuto essere né maschile né femminile. Ma questa non era di certo la mia esperienza. In genere, nei miei incontri con il sacro, ho sperimentato una predominanza di qualità che avrebbero potuto essere descritte come tendenti verso il maschile o il femminile. Tuttavia questo non mi disturba, in quanto non comporta una contraddizione irriducibile. Infatti, non condivido il non-dualismo radicale caratteristico, per esempio, dell’Advaita Vedanta di Shankara. Quando mi chiedono di esprimere il mio credo filosofico, mi sento più vicino al non-dualismo condizionato insegnato da Ramanuja, il grande rivale di Shankara, vissuto molti secoli dopo quest’ultimo. Come il neoplatonismo, la metafisica di Ramanuja non considera il mondo un’illusione, ma una manifestazione di grado inferiore della Realtà assoluta. Così, arrivai a pensare che la mia esperienza della presenza sacra come una forza materna avesse un referente oggettivo che si poteva definire “Dea” o “Madre”, ma che allo stesso tempo veniva colorata da certe predisposizioni all’interno della mia psiche. Cos’è quella Madre? All’epoca del mio primo incontro meditativo con la presenza materna, ero molto assorto nei problemi ecologici che assediavano il nostro pianeta e la famiglia umana. Ero esasperato dalla gravità della devastazione provocata dall’uso irresponsabile della scienza e della tecnologia moderne, oltre che dalla sbalorditiva mancanza di saggezza dei leader politici mondiali. Ricordo vividamente che le mie sofferenze per tutto ciò erano arrivate al punto che, per un certo periodo, le mie meditazioni si erano trasformate in dolorosi (sebbene, retrospettivamente, necessari) stati catartici nei quali ero emotivamente in contatto con il nostro ambiente devastato. In precedenza, prima di sedermi in meditazione, cercavo sempre di soffocare qualsiasi tumulto emotivo; durante la meditazione, poi, avrei cercato di stabilire e mantenere la concentrazione su un equilibrio mentale cristallino. Adesso, invece, permettevo ai sentimenti di seguire il loro corso, mentre io restavo sullo sfondo, testimone discreto di questo tumulto interiore. Avvertivo un legame profondo con la Terra e le sue innumerevoli creature, e sentivo di essere in contatto con il cosmo vivente nella sua interezza. Fu allora che accadde l’apertura. Improvvisamente il sacro invase la mia coscienza, nella forma di una sconfinata presenza femminile. Sentii una calda corrente di gioia sopraggiungere dall’infinito e sommergere il mio essere; sapevo con certezza che l’universo era buono e giusto, e che non dovevo preoccuparmi eccessivamente del triste stato del nostro pianeta e delle specie viventi. In quel momento mi sentii amato, accettato, accolto, nutrito e guarito. Grazie a quell’esperienza scoprii un aspetto del divino che caratterizzava dai tempi antichi la vita religiosa e spirituale. Tuttavia, tale aspetto era stato cancellato dalla nostra cultura materialistica, la cui mentalità patriarcale era in perenne lotta con il femminile, nelle sue manifestazioni umane e divine. Chiaramente, la realtà sacra comprende molte sfere e dimensioni che sono state esplorate dai maggiori “psiconauti” delle tradizioni spirituali mondiali. Più o meno un anno dopo, nel 1992, ebbi un incontro più immediato e diretto con il sacro nella forma di una presenza femminile. Esso s’incise nella mia anima come un’incrollabile certezza di essere permanentemente nel grembo di una Realtà più elevata. Questa volta l’esperienza non fu meditativa, o almeno non fu soltanto tale, in quanto si verificò grazie all’antico e rispettato principio del contagio spirituale. Più precisamente, accadde alla presenza di un essere umano che (per usare un linguaggio tradizionale) si può definire una santa, sebbene lei sembri molto di più. Si trattava della donna indiana conosciuta semplicemente come Meera, o “Madre” Meera. Dal 1983, ella vive nel sonnolento paese tedesco di Thalheim, a nord di Francoforte. Coloro che vogliono avere la sua darshana (lett. “visione”) devono essere pronti ad affrontare una specie di pellegrinaggio. Nel mio caso, ciò comportò un viaggio in macchina, lunghe ore di attesa in due febbrili aeroporti internazionali, un volo lunghissimo su un aereo affollato e chiassoso, un viaggio in treno misericordiosamente breve, un tassì verso un albergo locale e, infine, trenta minuti di passeggiata attraverso i campi sotto una pioggia torrenziale. Man mano che mi avvicinavo al paese, avevo la sensazione di stare attraversando uno specchio per entrare in un mondo diverso. Tale sensazione s’intensificò quando misi piede nella casa di Meera, avvolta da una grande pace. Avevo sperimentato una sensazione simile vicino ad altre anime altamente evolute, ma mai in modo così travolgente. La sala dove Meera avrebbe tenuto la darshana si stava riempiendo rapidamente. Riuscii a trovare un posto a poche file da dove lei si sarebbe seduta. Mi guardai intorno per un po’, studiando i volti delle persone che entravano nella sala. Quante storie e karma diversi erano rappresentati! Calcolai che c’erano molti più di cento visitatori. Poi, l’atmosfera serena mi spinse verso la mia interiorità e mi ritrovai a meditare senza curarmi dei movimenti e dei bisbigli intorno a me. Quasi non mi accorsi dell’ingresso di Meera che, puntualmente alle 7:00 di sera, arrivò e si sedette sulla sua sedia. Non potei fare a meno di restare sorpreso dalla sua piccola statura. Nonostante ciò, lei emanava un’aura di grande autorità, che sembrava palpabile come la pace che riempiva la sala. Le persone si erano alzate e la salutavano alla maniera indù con le palme delle mani unite di fronte al petto. Entrando, ella teneva lo sguardo fisso sul pavimento di fronte a sé, in un gesto di sincera umiltà e concentrazione. Durante tutta la sessione (che durò più di tre ore), Meera non si guardò mai intorno, ma si concentrò esclusivamente sulla persona che si alzava e le si avvicinava per riceverne la benedizione. Tutti i suoi movimenti avevano un ritmo fluido che osservavo affascinato. La maggior parte del tempo, comunque, mi ritrovai naturalmente assorbito in uno stato di meditazione. Poi, venne il mio turno di ricevere la benedizione. Non c’era una sequenza formale di atti, ma ognuno poteva avvicinarsi alla sua sedia quando si sentiva interiormente spinto a farlo. E io provai tale spinta interiore come una chiamata chiara e irresistibile. Mi inginocchiai di fronte a lei e, con una naturalezza che mi sorprese, posai la testa sulle sue ginocchia. Quindi, sentii le sue mani sulla testa e mi aprii alla sua benedizione. Non ci furono trasmissioni di energia (la shakti-pata), fuochi d’artificio interiori o sensazioni straordinarie; tutto fu incredibilmente semplice. Avvertii il passaggio veloce, nella mia mente conscia, di una presenza che scendeva in profondità nel mio essere, dove non potevo seguirla. Sentivo chiaramente, però, di essere benedetto oltre tutte le mie ragionevoli aspettative. Poi Meera rimosse le mani dalla testa, mi sedetti, e per circa quindici secondi fui in grado di guardarla negli occhi. Questa era la seconda fase del suo lavoro con i visitatori. Come mi era stato detto, ora stava lavorando sulla personalità. Di nuovo, non ebbi delle chiare sensazioni durante questa operazione, ma provai un’immensa gratitudine e un grande amore nel mio cuore; tutto il mio corpo deve averle sorriso. Mi inchinai ancora e tornai alla mia sedia. Passai le restanti due ore in profonda meditazione, alzandomi solamente quando la sala si era svuotata ed era ora di andar via. Durante quel week-end, ebbi altre tre darshana. Ognuna fu di qualità diversa, ma sempre con quell’atmosfera di pace che aderiva alle mie ossa tanto da rimanere con me per molte ore. Oggi, a distanza di vari anni, non ho ancora una spiegazione per ciò che accadde esattamente durante quegli incontri con Madre Meera. Quello che so, tuttavia, è che da allora la mia vita ha preso una svolta inaspettata e piacevole. Mi è stato dato ogni aiuto necessario, esteriore e interiore, per crescere ulteriormente: di ciò mi sento molto grato. Meera non ha un insegnamento formale, né l’ho mai considerata la mia insegnante. Piuttosto, ho visto in lei, sin dall’inizio, una soglia sul Divino; ovvero, un essere il cui scopo dichiarato è manifestare la luce divina sulla terra, di portarvi le paramatma-jyoti, la luce del Sé Supremo. Non pretendo di capire il significato razionale di ciò, ma ne ho avuto una comprensione intuitiva e forse anche esperienziale. Meera si definisce un’avatara [incarnazione del divino], ma non ha pretese di esclusività. La nostra mente di scettici occidentali fatica ad accettare che ci siano esseri che non condividono la confusione, le ossessioni, l’irreligiosità e la mancanza di scopi che abbiamo noi, ma che vivono e vibrano sempre nel Divino. Troviamo estremamente difficile accettare che possano esistere degli esseri in forma umana al servizio di un fine evolutivo più elevato. Perché il Divino non dovrebbe comprendere anche un aspetto femminile, materno? E perché quell’aspetto non dovrebbe essere esprimersi in una forma umana accessibile? Questo è precisamente ciò che molte tradizioni spirituali insegnano da millenni. Possiamo liquidare tali insegnamenti come semplici miti ma, così facendo, dal punto di vista spirituale perderemmo molto. La mia filosofia personale su tali argomenti è sempre stata quella di restare aperto a tutte le possibilità. La mente razionale è un magnifico strumento, ma non dovremmo assegnargli il compito di determinare a priori i confini della realtà. L’esperienza svolge questo ruolo in modo migliore. Non dobbiamo accettare ciecamente ogni dogma religioso, ma dobbiamo guardarci da quella boria intellettuale che ridimensiona ogni conoscenza tradizionale come mere superstizione e fantasia. Come l’esperienza ci mostra ripetutamente, questo universo è molto più meraviglioso di quanto la mente razionale voglia ammettere o trovi comodo. La nostra vita è troppo breve e troppo importante per fare a meno della grazia disponibile nel mondo, inclusa quella della Madre Divina. 

 

http://www.innernet.it/meera-e-la-madre-divina/

Dasa Dougji parla di Risveglio - e Sri Bhagavan da Divia Darshan Nayana 

 

http://edge1.streamingtank.tv/clients/fanetwork/birth2012/?v=3&vid=50d49119186d6bf31500000d

Darshan di Sri AmmaBhagavan il 21.12.12

sab

12

feb

2011

L'ULTIMA FASE...

Da ieri 11 febbraio 2011 è iniziata una nuova era, nella quale più che mai ciò che siamo ogni attimo costruisce ciò che vogliamo sia il nostro futuro.

Dopo 22 anni il processo Diksha è entrato nella 13esima e ultima fase.

Siamo tutti ora in grado di diventare "muktha" (Risvegliato) in ogni momento...

..E' il tempo della raccolta...


Sri Bhagavan, il fondatore dell’Oneness University,  ci ha sempre chiarito che il Diksha è un fenomeno collettivo planetario. Il fenomeno che può definirsi semplicemente il ritorno di una consapevolezza molto antica che è sempre stata parte della vita degli essere umani, per questo ha un ruolo importante nella storia dell’evoluzione dell’uomo.

Nel 1989, nella scuola indiana di  Jeevashram che Sri Bhagavan fondò con Sri Amma, inizio spontaneamente il fenomeno. con la comparsa della "Sfera Dorata" ad un bimbo, proprio il figlio Di Sri Amma e Sri Bhagavan.
Ma la “Sfera Dorata o coscienza del Diksha” apparve a Sri Bhagavan quando ancora non aveva compiuto 4 anni... e Lui cantò a quella sfera per i successivi 24 anni.
E poi il "canto" ha prodotto la Oneness University con tutti i corsi, gli insegnamenti, i nuovi Diksha Givers, e poi i Trainers e poi ancora e ancora insegnamenti e tanti nuovi Diksha Givers sparsi in tutto il mondo. In occidente oggi sembra ci siano oltre 25 mila Diksha Givers (3 volte i numeri della fine del 2009).
La vita di Sri Amma e Sri Bhagavan, il loro amore costante, la condivisione della loro saggezza e conoscenza con tutti coloro che l'hanno cercata, l'aiutare tutti ci porta a riflettere. Siamo in una fase nella quale si intensificano gli effetti del Diksha per chi lo da e per chi lo riceve: possiamo, guardando al loro amore, alla loro costanza, al loro coraggio, alla loro fiducia, respirare tanta grazia e portarla nella nostra vita quotidiana?
Possiamo partecipare attivamente ogni giorno di più a questo processo di crescita e di risveglio collettivo?
Innanzitutto col nostro "esserci" in ogni istante e poi organizzando, chiedendo, partecipando a corsi, serate Diksha, Processi Mukthi, 64 Diksha e Bakthi Yoga?
Il mondo che sarà certamente è il mondo che ogni giorno ognuno di noi costruisce con la propria presenza.
...e domani ci sarà l'inaugurazione del nostro centro "Oneness Family" di Napoli...
Un abbraccio forte.
Mario
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dom

06

feb

2011

INAUGURAZIONE CENTRO ONENESS FAMILY DI NAPOLI

Cari amici,

è con molta gioia che a nome di tutti i trainer campani vi comunico che il prossimo 13 febbraio inaugureremo il nostro Nuovo Centro di Napoli sito in Via Camillo Guerra n. 17, zona Camaldoli.

Per l'occasione organizzeremo un "Oneness Day" introducendo esclusivamente per i Diksha Givers il nuovo processo "Oneness Bakthi Yoga 1" e poi, nel tardo pomeriggio, condivideremo il Diksha con tutti i Receiver interessati.

Per ulteriori informazioni e per chi volesse partecipare rivolgersi a Mario Borrelli:

mail: borrellimario@tin.it

cell: 349-2862740

 

 

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MESSAGGIO DI SRI AMMABHAGAVAN SUL 21 DICEMBRE 2012
 

 

"Namasté, 
l'Umanità è in crisi. La crisi sta all'interno della personalità umana ed è di natura spirituale. Ciò che serve è una radicale trasformazione interiore dell'Umanità, su larga scala, che sia abbastanza veloce da invertire l'attuale tendenza auto distruttiva dell'Umanità moderna. Quello che ci vuole è una trasformazione, che faccia diventare gli esseri umani "cittadini del pianeta", piuttosto che cittadini di una particolare nazione, o membri di un particolare gruppo razziale, sociale, ideologico, politico o religioso. Un tale processo di trasformazione, è quello che verrà iniziato il 21 dicembre 2012.
Namasté".

da: http://www.youtube.com/watch?v=2qkgrosBNL4&feature=youtu.be

Mondo Etico e Sostenibile

Il Cervello Globale

"Svolta sostenibile o autodistruzione". L'appello del filosofo della scienza Ervin Laszlo

Appello ai Creativi Culturali per il censimento globale

Pensiero del giorno lunedi 15 ottobre 2012.

"Quante cattive cose derivano dall'ingratitudine! E viceversa,
quante buone cose provengono da un semplice moto di riconoscenza!
Perché? Perché tutto questo supera – e di gran lunga – il

semplice sentimento che a un dato punto potreste provare.
Lasciamo da parte l'ingratitudine per occuparci soltanto della
riconoscenza. A partire dall'istante in cui provate un moto di
riconoscenza verso il Creatore, verso la vita, verso la natura e
verso tutti gli esseri, anche i più insignificanti, quel
sentimento non si limita ad esistere passivamente, ma agisce. A
causa della legge di affinità, esso attira, con le sue
vibrazioni, delle impressioni, delle sensazioni che sono della
sua stessa natura. Allora, tutte le benedizioni giungono a voi da
questa piccola cosa: un sentimento di riconoscenza!"

Omraam Mikhaël Aïvanhov

IL CENSIMENTO GLOBALE

Se ancora non l'hai fatto iscriviti al censimento globale:
www.censimentoglobale.it

COERENZA ELETTROMAGNETICA: LA LEGGE DELL’UNITA’

Il principio unificante dalla fisica quantistica alla coscienza planetaria
Il Paradigma Olistico
L’olismo – dal greco olos: il tutto, l’intero – è il superamento delle divisioni della mente, che ci fanno vivere nella percezione della dualità, della separazione tra spirito e materia, tra mente e corpo. La visione olistica è il frutto dell’esperienza unitaria di sé stessi e della vita; dove le diversità sono percepite come parti integranti di un tutto organico e indivisibile.
Questa visione “filosofico-religiosa” della vita e dell’essere umano, da sempre esistita nel passato delle civiltà occidentali e orientali, ha ricevuto, negli ultimi decenni, una serie di conferme scientifiche che ne elevano la consistenza logica e l’applicabilità pratica, tanto che possiamo parlare di un vero “paradigma olistico”.
Questo paradigma olistico, come nuovo modello unitario della conoscenza umana, anima le più innovative aree della cultura planetaria emergente: dalla fisica quantistica alla medicina psicosomatica, dall’ecologia all’architettura, dall’educazione alla neurofisiologia, dalle reti neuronali alla globalizzazione.
Ma come comprendere l’unità quando il nostro mondo sembra sempre più frammentato e diviso? Quali sono le leggi che creano l’unità del vivente, l’unità della coscienza?
Evidenzieremo questi punti essenziali del paradigma olistico partendo dalla fisica quantistica.

La teoria quantistica della coerenza: la fisica dell’amore
La fisica conosce molto bene l’entropia, il secondo principio di termodinamica, che ci evidenzia come ogni cosa tenda alla frammentazione, alla disgregazione ossia al più basso livello di ordine. Es: . Ma la vita, l’organizzazione intelligente delle piante, degli animali, persino delle più semplici cellule, non sembra rientrare sotto questo principio. La vita è unità, è un ordine generato dalla massima complessità biochimica esistente, è l’amore che lega miliardi di atomi e cellule in un’unica intelligenza vivente. 
Questa unità ora può essere compresa scientificamente grazie alla “teoria della coerenza elettroquantistica” proposta dai fisici italiani Giuliano Preparata e di Emilio del Giudice. La base della teoria quantistica della coerenza rileva che, in certe precise condizioni fisiche, le particelle subatomiche si aggregano, si riuniscono in unità stabili, dove la forza di stare insieme è minima mentre l’informazione che lega le particelle diventa elevatissima. Gli atomi si comportano nello stesso modo: molecole di acqua libere nello spazio allo stato gassoso, in precise condizioni di pressione e temperature, si riuniscono e formano gocce d’acqua, dotate di una elevata coerenza elettromagnetica che li lega insieme fluidamente, sincronicamente.
La stessa cosa accade quando miliardi di atomi si riuniscono in una cellula, la più elementare forma di vita biologica, in cui differenti campi elettromagnetici coerenti connettono gli atomi tra loro in modo fluido, permettendo una elevatissima informazione circolante. Parallelamente accade quando miliardi di cellule si sintonizzano su frequenze elettromagnetiche coerenti (e ovviamente molto più complesse di quelle atomiche e cellulari) e generano un organismo multicellulare, come una pianta, un animale o un essere umano.

Possiamo dire che la legge della coerenza è la legge fisica dell’amore. La forza che crea unità e coesione, sinergia dinamica, che mantiene la vita. Quando un sistema vivente è ad alta coerenza perde poca energia per esistere e l’energia in esubero viene impiegata per crescere, o per riprodursi (duplicarsi) o per evolvere ossia per sviluppare nuove strutture (organi, funzioni, strategie) per sopravvivere meglio e per espandere la conoscenza di sé e dell’ambiente.

La coerenza elettromagnetica del corpo umano: la misura della salute psicosomatica
La coerenza elettromagnetica che crea sinergia tra le cellule e gli organi del corpo umano rappresenta oggi uno degli indici più importanti della salute psicofisica. Numerosi sistemi di diagnosi bioelettronica, come il Bicom, il Ryodoraku, la Sequex, la Mora, il Vega test, e altri ancora, si basano sull’analisi di quanto le varie bande elettromagnetiche del corpo umano siano in armonia tra loro.
Armonia è un nome generico della coerenza. Quando le cellule e i sistemi sono coerenti tra loro la forza usata per stare insieme diventa minima e quindi i sistema vivente è forte e ad alta sinergia, e questa alta energia genera migliori difese immunitarie, reazioni più pronte, sessualità più vitale, ecc.
Operando direttamente su campo elettromagnetico questi apparecchi bioelettronici possono ristabilire equilibrio e armonia nel corpo e nella mente.

Esperimenti sulla coerenza cerebrale
Il cervello è l’interprete della coscienza. Ippocrate
Il fatto che gli anni Novanta siano stati dichiarati dalla comunità scientifica internazionale il “Decennio del Cervello” può essere particolarmente significativo ricordando quanto sosteneva Roger Sperry, ossia che la scienza studiando il cervello in realtà intende addentrarsi nella comprensione della coscienza.
Per questo abbiamo creato il Brain Olotester: un elettroencefalografo computerizzato, costruito secondo gli standard internazionali, specificatamente studiato per l’analisi e la quantificazione della coerenza cerebrale. Dal 1990 ho cercato, con le mie ricerche sulla coerenza cerebrale, di dare un personale contributo sperimentale alla comprensione della psicosomatica e degli stati di coscienza più elevati. Il Brain Olotester cerca di amplificare e interpretare globalmente i dati delle attività cerebrali per cogliere il significato del messaggio che viene dalla coscienza.

I dati ricavati dall’Olotester ha confermato l’ipotesi della coerenza psicosomatica: gli stati di coscienza corrispondono ad una particolare coerenza elettroencefalografica: gli stati di coscienza più elevati (creativi, spirituali, che tendono all’unità) producono una più elevata coerenza nel campo elettromagnetico del corpo e del cervello in particolare. Quando la mente sta male, il corpo sta male e il cervello lavora a bassa coerenza: in maniera squilibrata e disarmonica. Quando la coscienza è in armonia con se stessa, l’attività elettromagnetica del cervello diventa coerente ed equilibrata. Gli stati di meditazione corrispondono allo stato più coerente, armonico e integrato del cervello. Fino ad ora l’evoluzione interiore è stata appannaggio delle religioni e delle scuole di ricerca interiore; oggi siamo in grado di iniziare un lavoro scientifico nella stessa direzione.

Ricerche sugli stati di meditazione ad altissima coerenza nei monasteri indiani
Cosa accade nel cervello quando si entra in meditazione, ossia in stato di consapevolezza vigile senza pensieri? Per rispondere a questa domanda abbiamo condotto due estese ricerche in monasteri indiani e himalayani. Nell’inverno del ’91, presso l’Osho International Commune di Poona, uno dei maggiori centri di crescita del mondo, dove vivono dalle cinque alle diecimila persone, abbiamo studiato numerose persone in meditazione.
Abbiamo così rilevato, per la prima volta, una serie di quadri ad altissima coerenza, con valori dal 95% al 100%. Questi stati sono caratterizzati da onde armoniche, tipiche degli strumenti musicali, esattamente come le “armoniche” che compongono un suono o le note tra loro quando formano un accordo. La coscienza, in quello stato ad altissima sincronizzazione, è silenziosa e vigile; si sperimenta uno stato di grande pace in cui la mente interrompe il suo ininterrotto parlare o “dialogo interiore” e la coscienza è lucida e vuota. Il corpo è in grande rilassamento psicosomatico e le sue energie sembrano fluire con grande piacere e benessere generale.
Teoricamente questo dovrebbe essere il quadro “ideale” dello stato di salute globale a cui riferirsi per ogni valutazione generale. Va rilevato che le persone studiate erano di differenti età e nazionalità, ed avevano praticato da vari anni, oltre alla meditazione, varie terapie psicosomatiche individuali e di gruppo.

Coerenza (sincronicità) tra cervelli
La seconda ricerca è stata effettuata ad Hairakhan, sull’Himalaya indiano, nell’Ashram di Babaji, il grande maestro spirituale che ha lasciato il corpo nel 1984; uno dei luoghi più sacri della tradizione shivaita, ai piedi del monte Kailash, nell’Himalaya indiano.
Abbiamo fatto rilevazioni sull’attività cerebrale di Yogi, Sadhu e devoti indiani e occidentali. Oltre ad aver ritrovato gli stessi stati armonici ad altissima coerenza, abbiamo rilevato che due persone vicine, in certi stati, possono avere un’attività cerebrale profondamente interconnessa.
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Vari studi internazionali, tra cui quelli elettroencefalografici condotti presso l’Universitad Nacional Autonoma del Mexico dal Prof. Jacobo Greenberg-Zylberbaum e Julieta Ramos, confermano la tesi neurofisiologica secondo cui i campi neuronali possono interagire e influenzarsi a vicenda senza l’uso dei normali canali di comunicazione esterna. Nel loro esperimento hanno dimostrato che esiste un fortissimo aumento di coerenza tra le onde elettroencefalografiche dei cervelli di soggetti, quando entrano in “comunicazione empatica silenziosa” (empatia dal greco: sentire dentro insieme).
Questo dato testimonia come esista una sincronicità di onde che si trasmette e si riceve a distanza e può quindi provocare l’incontro tra due persone simili per semplice legge di risonanza o simpatia (dal greco sun, insieme e pathos, sentire).Gli sperimentatori hanno anche evidenziato che le persone le cui onde interemisferiche erano più armoniche ed equilibrate hanno più potere di trasmissione e sono più influenti.

Sessualità e polarità: quantificare la telepatia
Una delle scene più commoventi e significative del famoso film E.T. di Spielberg è legata al momento in cui i medici e gli scienziati cercano di curare il piccolo extraterrestre che sta morendo e si rendono conto che è in profonda relazione empatica con il suo amico bambino. Il loro cuore batte all’unisono… c’è sintonia, amore, amicizia e telepatia. Questa non è solo una fantasia cinematografica. Letteralmente il termine telepatia (da tele che vuol dire “da lontano” e pathos emozione) non significa, come spesso si intende, trasmissione del pensiero, ma percezione a distanza delle sensazioni, dei sentimenti e delle emozioni.
Studiando le interrelazioni sincroniche tra cervelli, abbiamo scoperto che quando esiste forte attrazione sessuale tra due persone di sesso opposto, la sincronizzazione è altissima ma di segno opposto; questo significa che, quando il cervello (altamente sincronizzato) della ragazza ha una curva “in su”, sincronicamente nel cervello del ragazzo si osserva una curva identica ma “in giù”.
La logica del Tao può offrire una spiegazione: la polarità opposta tra Yin e Yang che rispecchia quella dell’elettricità, crea attrazione tra esse.
L’analisi della sincronizzazione è quindi in grado di rilevare e quantificare se due persone sono in profonda comunicazione tra loro o no, il loro livello di relazione e sintonia. Spesso ho osservato il quadro, purtroppo comune, senza sincronicità di una coppia in crisi.

Buddhafield experiment
In occasione del CyberGaia, un evento di esperienze olistiche di gruppo nell’ottobre 1994, rileviamo e documentiamo, per la prima volta, l’esistenza di una trasmissione di informazioni tra cervelli all’interno di un gruppo di dodici persone. Con il Brain Olotester a dodici canali, e i suoi programmi di analisi dei dati, registriamo simultaneamente le onde elettroencefalografiche di dodici persone, ponendo un singolo elettrodo sulla parte alta della fronte in posizione centrale (tra F1 e F2), e seguiamo l’aumento della loro sincronizzazione collettiva durante la pratica di meditazione Vipassana della durata di trenta minuti. Le dodici persone non erano esperte in questa meditazione anche se alcune di esse avevano già meditato in passato. I risultati sono evidenti e significativi: la sincronizzazione collettiva è elevata. Testimoniamo la prima rilevazione scientifica di un campo di coscienza collettivo, ossia di un Buddhafield.

Secondo le conoscenze e i modelli della scienza ufficiale, l’aspettativa statistica di una similitudine tra le onde dei cervelli di persone vicine è praticamente nulla. Ogni cervello infatti dovrebbe avere la sua propria onda elettroencefalografica, una banda assolutamente individuale e unica non correlata a nessuna delle onde cerebrali delle persone vicine. La scienza non riconosce nessuna comunicazione di informazioni che non sia quella già conosciuta dei cinque sensi, e spesso si è opposta con decisione ai vari tentativi di dimostrazione dell’esistenza di altre forme di comunicazione più “sottile”. Tuttavia, chiunque abbia un minimo di sensibilità sa quanto la coscienza collettiva sia reale: pensiamo al sentimento di gruppo che si prova quando sentiamo un’opera a teatro o l’inno nazionale o, più semplicemente, all’emozione che dilaga tra i tifosi di una partita o in alcune manifestazioni di massa.
Certamente gli stati d’animo collettivi possono anche essere negativi, come quando un dittatore riesce a influenzare, più attraverso le emozioni che le ragioni, grandi masse di persone. Così hanno fatto Hitler e Saddam Hussein.

L’esperienza religiosa è un altro chiaro esempio di senso di unità: i canti e le cerimonie, se vissute profondamente, portano spesso a queste esperienze. Chiunque poi abbia vissuto pienamente l’esperienza di meditazione in gruppo, conosce l’incredibile sensazione di essere tutti parte di un’unica energia, come le cellule di uno stesso organismo vivente. Le varie pratiche spirituali e le cerimonie religiose sembrano proprio essere tecniche collettive per sincronizzare i cervelli e portarli ai loro massimi livelli di potenzialità e creatività. Tuttavia queste ipotesi sulla comunicazione sottile tra persone sono sempre state respinte dalla scienza come fatti non documentabili, illazioni che non potevano essere provate scientificamente.

Arco di Trento
Durante il primo incontro del Comitato Europeo per una Nuova Scienza, organizzato da Astra ad Arco di Trento nel ’94, abbiamo realizzato un esperimento di coerenza-sincronizzazione collettiva a cui hanno partecipato un centinaio di persone tra relatori e partecipanti al congresso. Le dodici persone i cui elettroencefalogrammi sarebbero stati registrati, erano posti in cerchio al centro della sala, senza contatto fisico tra loro.
Si sarebbe fatto un certo periodo di silenzio ad occhi chiusi, poi una meditazione collettiva fino a percepire il “campo collettivo” costituito dall’insieme delle energie individuali di tutto il gruppo. Nelle figure ** – ** possiamo osservare l’inizio dell’esperimento ad occhi aperti, la prima fase di silenzio ad occhi chiusi e nella terza il momento di meditazione e di percezione del “campo collettivo”.
I risultati degli esperimenti condotti e la possibilità di una corretta e ripetibile quantificazione della sincronizzazione aprono nuove possibilità all’interno della scienza ufficiale. I nostri dati, più volte ripetuti, sono fortemente indicativi di una reale trasmissione “telepatica”. Tra i cervelli delle persone sedute ad occhi chiusi e in silenzio è stata registrata una sincronizzazione con punte superiori all’80%. Tra alcune coppie di persone la sincronicità era superiore al 90%. Essendo vicino allo zero il valore percentuale atteso, questi risultati sono di grande interesse. Se gli esperimenti successivi confermeranno i dati da noi registrati, si apriranno nuove prospettive scientifiche: la misurazione della telepatia in larghi gruppi potrebbe aiutarci a svelare la natura della coscienza collettiva e le sue logiche di sviluppo verso la coscienza planetaria. In alcune rilevazioni collettive abbiamo osservato che il gruppo sembra suddiviso in due sottogruppi, che manifestano una differente sincronizzazione collettiva.

Le ripercussioni sono vaste e di grande significato sociale e umano. La quantificazione della comunicazione empatica collettiva apre le porte ad una nuova concezione dei principi che regolano l’educazione e la collaborazione umana, a una più profonda comprensione delle dinamiche di gruppo, di coppia, familiari, all’interno di staff o equipe di lavoro, tra medico e paziente, tra coppie, tra persone che lavorano insieme. Fino ad ora questa comunicazione silenziosa è rimasta inconscia e quindi in gran parte inutilizzata; ora sarà possibile comunicarsi delle informazioni (trasmetterle e riceverle) in modo più consapevole e deliberato.

Ricerca olistica per l’evoluzione globale
Sulla base di queste scoperte è possibile concepire una nuova didattica e una logica di lavoro basata sulla sintonia e sulla sensazione di appartenenza ad un gruppo. È logico ritenere che, se si comprendessero a fondo le logiche e l’armonia che la comunicazione empatica comporta, si potrebbe imparare a vivere meglio insieme, a cooperare e a crescere insieme.
Riassumendo possiamo concludere che le potenzialità della psiche e del cervello umano sono in diretta relazione al suo stato generale, all’equilibrio tra funzioni istintive del corpo, sensazioni, emozioni, pensieri e coscienza di sé. È evidente che ogni inibizione dei nostri istinti, delle nostre sensazioni, ogni blocco emozionale, ogni condizionamento culturale creerà dei blocchi nel nostro cervello impedendoci di vivere la nostra vera vita e quindi riducendo le nostre potenzialità a livelli sempre più bassi.
La sensazione generale riportata dalle persone con bassa sincronizzazione è di vivere una vita inutile e senza significato, di non avere piacere di vivere. È fondamentale considerare che ci si può liberare da tutti questi blocchi e condizionamenti con opportune tecniche terapeutiche psicosomatiche individuali o di gruppo. Come lo stesso Dalai Lama ha recentemente suggerito, le terapie psicosomatiche possono rivelarsi preziosi strumenti di liberazione spirituale.

Coerenza e sviluppo del potenziale umano
Viene così confermata l’ipotesi di lavoro secondo cui l’essere umano possiede la capacità di sviluppare uno stato di coscienza unitario e globale che lo connette con gli altri esseri umani e con l’esistenza. Queste scoperte sono di evidente importanza per lo sviluppo del potenziale umano, in quanto permettono di comprendere scientificamente parametri fino ad ora non quantificabili come la salute, la creatività, il benessere o la depressione, l’apertura o la chiusura affettiva ed emozionale, gli stati di meditazione e di contatto col Sé, e quindi aprono una nuova dimensione alla ricerca scientifica, medica e psicosomatica. Gli sviluppi umani e sociali di queste scoperte possono essere vastissimi: dalla medicina alla psichiatria, dall’educazione, alla psicologia sociale, alla spiritualità.

La comprensione delle logiche e delle modalità di sviluppo globale dell’essere umano e della formazione della coscienza collettiva (come comunicazione attiva tra cervelli-coscienze) può quindi essere considerata una finalità immediata della ricerca scientifica, in modo che possa diventare parte di una medicina e di un’educazione più globale e consona alle attuali necessità storiche di trasformazione verso una coscienza planetaria.
E’ particolarmente interessante, dal punto di vista della medicina psicosomatica, considerare l’opportunità di un’educazione psicosomatica preventiva attuabile già dai primi anni di vita del bambino.
Da una decina di anni, la nostra associazione organizza corsi e gruppi di crescita umana orientati alla coscienza globale, in cui vengono praticate le maggiori tecniche psicosomatiche (bioenergetica, gestalt, rebirthing, psicodramma ecc.) per la consapevolezza e la liberazione dei blocchi, e le principali tecniche di meditazione (vipassana, mantra, yoga, preghiera). I risultati sono all’altezza delle aspettative, le persone alla fine del corso sperimentano una sorta di trasformazione interiore e del comportamento e vivono stati di coscienza molto positivi, unitari e creativi.
Ritrovare l’unità e la fluidità interiore è il primo passo verso una visione olistica dell’esistenza, visione che potrà essere successivamente trasmessa ai bambini in un contesto di educazione globale.

Tavola riassuntiva delle quattro scoperte sulla coerenza neuropsichica 
1) La prima scoperta è relativa all’esistenza di una correlazione tra la coerenza tra le onde elettroencefalografiche tra i due emisferi e la salute psicosomatica.L’osservazione di più di un migliaio di pazienti evidenzia che le onde elettroencefalografiche dei due emisferi possono essere più o meno coerenti in relazione al loro livello di integrità psicofisica: alti valori sono correlati a stati di salute, bassi valori sono correlati a stati di depressione psicofisica. Il valore di coerenza viene interpretato come indicatore generale della comunicazione e integrazione tra i due emisferi e tra le differenti aree funzionali del cervello (tre cervelli). Il campo principale di applicazione di questa scoperta è in medicina psicosomatica, come quantificazione globale dello stato di salute.

2) La seconda scoperta è quella degli “stati armonici ad altissima coerenza”,caratteristici dei momenti di intensa creatività, di profondo benessere e degli stati di meditazione. La coerenza media durante le sessioni di meditazione è alta, tendente al 95-100%. La coerenza media di un gruppo di meditanti dopo una sessione di meditazione è significativamente più elevata della loro media prima della sessione. Due ricerche del 1990 e 1991 hanno permesso di scoprire che, in stati di meditazione, le onde cerebrali (oltre ad essere ad elevata coerenza) possono generare un’unica onda armonica, con picchi regolari o a forma di onda sinusoidale, spesso stabile per decine di minuti, come se tutte le differenti frequenze dei vari centri cerebrali diventassero coerenti e iniziassero a “suonare un’unica sinfonia comune” indice di profondo benessere psicofisico. Questa seconda scoperta trova la sua principale applicazione nell’ambito dello sviluppo del potenziale umano come quantificazione dello stato evolutivo individuale.

3) La terza scoperta è relativa alla “coerenza intercerebrale “, ossia alla“sincronizzazione interpersonale”. I cervelli di coppie di persone vicine, che normalmente sono caratterizzati da onde completamente indipendenti e non coerenti, possono sincronizzarsi tra loro anche a livelli molto alti. Questi dati sono stati da me rilevati e quantificati con una serie di esperimenti su coppie svolti nel 1991 e 1992, analizzando i valori di coerenza tra i loro emisferi destri e sinistri. La ricerca ha evidenziato un’inaspettata comunicazione tra persone vicine, con punte di sincronizzazione tra cervelli superiori al 90%. Questa scoperta dimostra scientificamente una “comunicazione sottile” tra persone e permette di quantificare fenomeni come l’affetto di coppia, l’empatia, il feeling e la telepatia.

4) La quarta scoperta, strettamente derivata dalle terza, è relativa alla“sincronizzazione collettiva”, ossia all’esistenza di un “campo di coerenza collettivo” tra persone in gruppo. Una serie di esperimenti, iniziati nel 1994, su gruppi di 12 persone, prima e durante una sessione di meditazione, hanno evidenziato un aumento della coerenza tra le onde EEG dei cervelli di persone vicine durante la fase di meditazione, con valori che hanno superato il 60% con punte massime che hanno raggiunto l’82%. E’ la prima dimostrazione scientifica dell’esistenza di un “campo di coscienza collettiva”. Questi dati permettono di comprendere le basi scientifiche della “telepatia collettiva”, della cooperazione o delle difficoltà di relazione all’interno di gruppi di lavoro, classi scolastiche, società.

dal dossier “I sentieri dell’essere” pubblicato su: http://www.fiorigialli.it/dossier/rivista.php?id=6&articolo=415

 

LA MASSA CRITICA E IL CAMBIAMENTO GLOBALE

di Nitamo Montecucco

 

estratto dal libro “I Creativi Culturali” Xenia Edizioni

 

Abbiamo raggiunto un punto di cruciale importanza nella nostra storia. Siamo all’inizio di un nuovo periodo di evoluzione sociale, spirituale e culturale. Stiamo evolvendo verso un sistema interconnesso, basato sulla informazione, che abbraccia l’intero pianeta. La sfida che ora dobbiamo affrontare è quella di scegliere il nostro futuro. La nostra generazione è chiamata a decidere il destino della vita su questo pianeta, a creare una società globale pacifica e cooperante, continuando così la grande avventura dello spirito e della consapevolezza sulla Terra.

 

estratto dal «Manifesto della Coscienza Planetaria»

 

Le ricerche sociologiche presentate in questo libro rilevano una forte crescita delle persone

impegnate su aree valoriali quali: ecologia, pace, economia e consumi etici, salute naturale, ricerca interiore e diritti umani. Esse rappresentano quasi certamente l’unica forza che può innescare il grande cambiamento globale necessario per trasformare la nostra attuale cultura divisa in una Civiltà Planetaria etica, umana e sostenibile. Tale Civiltà Planetaria rappresenta un traguardo fondamentale dell’evoluzione umana, come lo sono stati i processi di unità nazionale nell’Ottocento, e di formazione della Comunità Europea nella seconda metà del Novecento.

I creativi culturali, anche se numerosi, rappresentano però una forza sociale ancora troppo

frammentata per influire in modo apprezzabile sulla direzione del nostro futuro globale. È quindi necessario che vengano create reti di interconnessione tra le componenti di tale forza, così da raggiungere, entro i prossimi cinque-dieci anni, una «Massa Critica» di persone sufficiente a catalizzare l’inizio del worldshift.

Ma che cos’è una massa critica, e da quante persone dovrebbe essere composta per influire su una scala planetaria?

 

LA MASSA CRITICA E IL FENOMENO DELLA CENTESIMA SCIMMIA

Il concetto di «massa critica», che in fisica individua la quantità di materiale fissile (uranio,

plutonio) necessaria ad innescare una reazione a catena, viene utilizzato per analogia dalla nuova cultura emergente per indicare un processo di cambiamento sociale indotto da una minoranza attiva quando raggiunge un certo grado di numerosità o di intensità. L’antropologa statunitense Margaret Mead scriveva: «Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. Questo infatti è quanto è sempre successo».

Esempio assai citato per spiegare il processo di mutamento socioculturale per massa critica è il cosiddetto fenomeno della centesima scimmia raccontato, in termini metaforici, dallo scrittore inglese Lyall Watson, che prese spunto da una reale ricerca sul comportamento di un gruppo di scimmie giapponesi, del genere «macaca buscata». Alcune di tali scimmie avevano imparato spontaneamente a lavare le patate per eliminare la sabbia e altre incrostazioni prima di mangiarle.

La nuova conoscenza si diffuse nel gruppo molto lentamente, per imitazione, ma ad un certo momento, quando il numero delle scimmie che adottavano questa nuova abitudine raggiunse una certa soglia numerica, la pratica si diffuse in un tempo brevissimo all’intera comunità delle scimmie, e tutte iniziarono a lavare le patate. Fu un «macroshift», un cambiamento improvviso e radicale di comportamento dovuto al raggiungimento di una massa critica. Watson prese spunto da questo fatto e, arbitrariamente, ipotizzò che il gruppo che lavava le patate fosse di 99 scimmie (rispetto alle migliaia che non le lavavano) e che una «centesima scimmia» che aveva anch’essa imparato a lavare le patate aveva determinato il raggiungimento della «massa critica» che aveva indotto quel vistoso cambiamento collettivo di costumi.

La metafora della centesima scimmia, o della soglia di innesco del cambiamento, anche se ancora non scientificamente provata, è intuitivamente plausibile ed è stata recepita da milioni di persone come realtà potenziale: se un numero sufficiente di persone cambia in meglio un comportamento o realizza una nuova consapevolezza, si crea una «massa critica» che catalizza in una società (o nell’intera umanità) una trasformazione pressoché istantanea, una reazione a catena.

 

L’EFFETTO MAHARISHI

Il fenomeno della «massa critica» è stato studiato scientificamente con il nome di «Effetto

Maharishi» in differenti ricerche sperimentali di vaste dimensioni svolte dalla Maharishi International University (MIU) nel Massachussets, USA. L’assunto di partenza è che quando una persona pratica regolarmente una qualche forma di meditazione, si produce una armonizzazione nel suo stato mentale ed emozionale che si ripercuote positivamente anche sulle sue azioni, che risultano più calme e meno violente. L’ipotesi sostiene che se una quota di almeno l’1% della popolazione di una città pratica la meditazione, gli effetti positivi si diffonderanno anche al restante 99% che non medita, e tale effetto sarà rilevabile mediante un sensibile abbassamento dei tassi di criminalità e di violenza.

Nel 1993 ben 4000 persone che praticavano abitualmente la meditazione si riunirono nella città di Washington D.C. dal 7 giugno al 30 luglio, per un vasto esperimento volto a verificare scientificamente l’effetto di un ritiro intensivo di Meditazione Trascendentale di sei settimane sui tassi di criminalità. In tale periodo i crimini gravi scesero in effetti del 15.6% con punte massime del 23%. Più di cento esperimenti simili svolti in varie parti del mondo hanno rilevato effetti analoghi non solo sui tassi di criminalità ma anche sui tassi di incidenti, suicidi, omicidi, ospedalizzazioni e altri indici di qualità della vita.

Tali approfondimenti (alcuni dei quali supervisionati anche da un’equipe di ricercatori del MIT – Massachussets Institute of Tecnology) sono stati condotti da varie équipe di studiosi, tra cui D.W. Orme-Johnson et al., e J.S. Hagelin et al. Secondo gli autori, più di 50 ricerche e 23 pubblicazioni scientifiche dimostrerebbero che la pratica collettiva della meditazione – da parte di alcune migliaia o anche solo di poche centinaia di esperti (il numero richiesto è legato alle dimensioni dell’area che si vuole coprire) – neutralizza velocemente lo stress sociale acuto, comprese le tensioni etniche, religiose e politiche che alimentano la violenza e i conflitti.

 

LA COERENZA CEREBRALE A DISTANZA

Esperimenti sull’influenza positiva di campi di coscienza coerenti sono stati condotti fin dall’inizio degli anni ’70, come si è visto nel paragrafo precedente. Una ulteriore indagine in tal senso è quella condotta dal centro di ricerche del Villaggio Globale di Bagni di Lucca durante la «giornata globale della meditazione e della preghiera per la pace» del 20 maggio 2007, a cui parteciparono oltre un milione di persone in tutto il mondo.33 Tale ricerca evidenzia una relazione statisticamente significativa tra la coerenza cerebrale di due gruppi di persone che meditavano a 200 chilometri di distanza l’uno dall’altro. L’analisi dell’attività cerebrale tra i due gruppi durante la meditazione, monitorata mediante appositi elettroencefalografi, indicò un aumento di coerenza EEG tra gli individui: gli schemi di attività cerebrale dei meditanti erano in armonia reciproca; i loro cervelli erano sincronizzati a distanza. Ciò indica che lo stato generale di consapevolezza di ciascuno influenza quello di tutti. Se, quindi, più persone inizieranno a sperimentare stati elevati di

coscienza, altri ne saranno contagiati e ciò renderà sempre più facile il raggiungimento di stati più elevati di coscienza da parte di un numero sempre maggiore di individui.

Così, nella società umana, quanto maggiore sarà il numero di persone che eleveranno il loro livello di coscienza, tanto più facile sarà per gli altri effettuare il trasferimento delle energie a livelli superiori, in una specie di reazione a catena. Questo effetto di coerenza tra i cervelli e le coscienze è la base della comprensione scientifica della Massa Critica e della Coscienza Planetaria, e ci permette di comprendere l’importanza che la spiritualità come esperienza reale, al di là di ogni limitazione teologica o ideologica, è un fenomeno scientifico di straordinaria importanza per l’evoluzione individuale e globale.

 

IL PARADIGMA OLISTICO E LA SPIRITUALITÀ EMERGENTE

In ogni luogo della Terra, in questo momento, nella nuova atmosfera spirituale creata dall’idea di evoluzione cosciente, fluisce, in uno stato di estrema mutua sensitività, amore di Dio e fede in un nuovo mondo: le due componenti essenziali dell’essere umano superiore. Queste due componenti sono ovunque nell’aria... prima o poi ci sarà una reazione a catena. (Teilhard de Chardin)

Partendo dagli importanti dati sperimentali accennati al paragrafo precedente, possiamo a buon diritto ritenere che, nella realizzazione della coscienza planetaria, la spiritualità potrebbe avere una parte rilevante. Riteniamo che la «massa critica» che potrebbe crearsi nei prossimi anni sarà in larga parte sostenuta da persone che, pur conservando la propria identità spirituale, si sentiranno sempre più parte di un’unica vasta coscienza planetaria, e insieme creeranno le basi di una nuova civiltà umana, pacifica e sostenibile. Il sogno dell’intera umanità.

I praticanti, i fedeli e i meditatori delle differenti scuole spirituali del mondo, forti della propria unicità, ma riuniti dall’amore e dalla consapevolezza comune, contribuiranno sensibilmente a creare l’anima della nuova civiltà planetaria, a dare vita al movimento di consapevolezza capace di riportare il senso del sacro nella cultura e nella società globale, esattamente come gli organi che compongono il nostro corpo, pur nella loro determinante differenza, insieme danno vita e complessità al nostro essere. Il Paradigma Olistico in realtà esprime una visione unitaria e sacra dell’essere umano e dell’esistenza che può essere largamente condivisa tra differenti gruppi spirituali, ecologici, sociali in quanto è di fatto il denominatore comune delle antiche e moderne religiosità del nostro pianeta.

Ma per arrivare a questo storico risultato occorre un salto evolutivo individuale e collettivo, un salto quantico di coscienza.

 

MASSA CRITICA, SPIRITUALITÀ E WORLDSHIFT

Come si è visto nei capitoli II e III, i creativi culturali sono costituiti da due distinti, seppur

interconnessi, gruppi: uno più «esterno» interessato soprattutto all’impegno su temi sociali e ambientali (green CC), l’altro più centrale e impegnato anche sul piano della crescita personale e spirituale (core CC). In questo paragrafo conclusivo metteremo a fuoco soprattutto il secondo gruppo e il ruolo che esso può svolgere nel processo evolutivo verso una coscienza planetaria.

Nel 1994 il settimanale «Newsweek» commissionò un’estesa ricerca sociologica sulla spiritualità degli americani i cui risultati furono così sorprendenti che venne loro dedicata la copertina e un lungo dossier dal titolo: «La ricerca del sacro – il nuovo bisogno di significato spirituale». Dalla ricerca è emerso ad esempio che il 58% degli americani ha sentito il bisogno di una crescita spirituale, il 33% ha avuto esperienze religiose o mistiche, il 45% ha percepito un senso di sacro durante la meditazione, il 68% alla nascita di un bambino, il 26% durante rapporti sessuali. Il 20% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto rivelazioni divine nell’ultimo anno, il 60% ha pensato che bisogna credere in un Dio per avere esperienze spirituali, il 50% ha sentito un profondo senso del sacro in chiesa o durante funzioni religiose, il 13% ha sentito o visto la presenza di una entità spirituale (ad es. un angelo).

Da questa ricerca – come del resto da varie altre effettuate anche in Europa e in Italia – emergono utili indicazioni sulle caratteristiche di questo nuovo e vastissimo movimento spirituale, largamente sovrapponibile a quello dei creativi culturali, come risulta anche dalla citazione che segue, tratta dal suddetto dossier.

I ricercatori (spirituali, n.d.t.) non rispettano nessun particolare profilo: includono investitori di Wall Street... artisti che riscoprono temi religiosi, ex fanatici del fitness che hanno tradito l’aerobica per le classi di meditazione... A prescindere dalla via scelta, i ricercatori sono uniti dal sincero desiderio di trovare risposte a profonde domande, di capire il loro posto nell’esistenza. Ci sono ricercatori di tutte le età... Per molti la ricerca del sacro è ispirata dalla semplice necessità di connettere la propria vita con qualcosa di più vasto.

Per molti americani che trovano alienanti le religioni convenzionali, e anche per alcuni di quelli che le accettano, la ricerca ha inizio con la crescente preoccupazione per la situazione ambientale globale. La natura da sempre ha suggerito sensazioni trascendenti, ma per molti ambientalisti l’evoluzione della Terra e i suoi ecosistemi interconnessi danno un nuovo contesto in cui trovare il sacro.

In quest’ottica l’evoluzione dell’universo diventa la nuova storia sacra.

Lo scopo di ogni viaggio è di arrivare a destinazione. A differenza degli antichi noi adesso sappiamo che il sacro non è più al di fuori, lassù, e nemmeno solo dentro di noi, piuttosto può essere trovato ovunque e in qualsiasi momento.

Secondo le ricerche sociologiche menzionate in questo libro, una delle caratteristiche dei creativi culturali è di essere orientati allo sviluppo del potenziale umano e a forme di spiritualità più aperte e sperimentate personalmente. Se valutiamo i dati da questo punto di vista vediamo che i creativi culturali sono orientati a valori come l’altruismo, l’etica, la pace, la tolleranza interculturale e interreligiosa, la realizzazione di se stessi: che sono i valori «spirituali» per eccellenza. Secondo noi i creativi culturali stanno creando «un nuovo senso del sacro» che incorpora la crescita psicologica personale e il senso di rispetto della cura per gli altri e per il pianeta.

Raggiungere la Massa Critica e realizzare il Worldshift potrebbe quindi non essere una mera utopia, ma un traguardo umano possibile, pur se difficoltoso da realizzare. Tutte le iniziative dei creativi culturali in ogni parte del pianeta, in ogni contesto sociale, scientifico, politico o culturale, in ogni campo del sapere o delle attività pratiche, sono un fondamentale aiuto a questa realizzazione globale. Tra queste ci piace segnalare anche quelle promosse dal Club di Budapest (la Rete Olistica, il Censimento globale, l’Enciclopedia Olistica e il film sul Paradigma Olistico meglio illustrate in appendice), che rappresentano un ulteriore piccolo grande aiuto all’alleanza globale dei creativi culturali. La loro forza aumenterà proporzionalmente alla consapevolezza di essere parte di una cultura estesa all’intero pianeta. Prima o poi, come diceva Teilhard de Chardin, ci sarà una reazione a catena globale. Si produrrà una «massa critica» nella coscienza planetaria – una potente forza di consapevolezza globale – capace di indurre grandi cambiamenti nelle scelte sociali, economiche, ambientali e umane, e di catalizzare il salto socioculturale, il Worldshift, verso un futuro globale pacifico e sostenibile: l’inizio della civiltà planetaria. Questo è il nostro scopo e la nostra speranza. Questo è il grande passo evolutivo della nostra epoca.

 

LE DIFFERENZE TRA I DESIDERI DELLA MENTE E QUELLI DEL CUORE

Bhagavan, quali sono le differenze tra i desideri della mente e quelli del cuore?
Sri Bhagavan:
"Sono molto diversi. I desideri della mente nascono dalla comparazione, per gelosia e ogni altro fattore.
Se il desiderio è dal cuore, non è causato da confronti, da gelosia o da insicurezza o da altre cose. E' solo il piacere di farlo. Per esempio, è solo l'amore per suonare il violino e ti basta suonarlo. Questo è tutto. Non è perché vuoi diventare il violinista più famoso del mondo. Queste cose non ci sono. E' solo che ti da gioia suonare il violino. Ciò viene ovviamente dal cuore.
Dal momento che non hai mai permesso al cuore di fiorire, in quanto i bambini non hanno mai il permesso di essere se stessi, è difficile farne esperienza. Ma se pratichi l'integrità interiore ben presto il cuore fiorirà e vedrai la netta differenza nella tua vita. Vedrai che la gioia è tornata. Ti sentirai così felice. Quando guarderai la gente, sarai così felice. Non sentirai più male con le persone, non ti ammalerai più con le persone. (Ora, molto spesso invece vi ammalate con la gente.) Ma, nel momento in cui vedi una persona, se senti che c'è energia, significa che il cuore è attivo. Quando vedi un essere umano, chiunque sia la persona, tu riconosci quella energia. Ciò significa che il cuore è aperto e quindi il desiderio deriva dal cuore. Solo allora, sei un essere umano. Non altrimenti ".

Preghiera e Fiducia

Per quanto concerne il pregare, sembra che, spesso, concepiamo Dio come un gigantesco distributore automatico presente nel cielo che esaudirà i nostri desideri se inseriamo in lui gli appositi gettoni sotto forma di preghiere. Inseriamo le preghiere, poi premiamo il pulsante e speriamo che Dio ci elargisca la merce richiesta. Il Dio-distributore automatico diventa l’oggetto della nostra venerazione. Diciamo alla macchina quanto è buona e fino a che punto le tributiamo il nostro culto e poi ci aspettiamo che, in cambio sia buona con noi.

La premessa fondamentale, in questo caso, è che Dio è al di fuori di noi: ne consegue che anche ciò che desideriamo e di cui abbiamo bisogno è al di fuori di noi. Così considerata, la preghiera è dunque più simile alla pratica dell’assenza che non alla presenza di Dio. Se crediamo di essere separati da Dio, l’approccio alla preghiera secondo la modalità del distributore automatico rafforza e rende più profonda quella convinzione.

Preferisco considerare la preghiera, nella sua essenza, come una forma di comunione con Dio. Pregare a livello spirituale diventa comunione con Dio e consapevolezza che Dio è tanto vicino a noi quanto il nostro respiro. Nella preghiera, cerchiamo l’esperienza della co-esistenza con Dio. Pregare è il nostro modo di comunicare che siamo pronti, e desideriamo che questa sacra energia si manifesti attraverso la nostra forma umana.

Nessuna separazione, nessuna assenza, semplicemente la presenza di questa forza in noi stessi. La vera esperienza di Dio, dunque, non cambia né altera Dio, ma cambia noi. Lenisce la nostra impressione di essere separati. Se invece la preghiera non ci cambia, vuol dire che abbiamo negato a noi stessi la possibilità di conoscere la saggezza che ci ha creato.

La ricerca della felicità al di fuori di noi riaccende nel nostro intimo l’idea che non siamo interi e relega la preghiera allo stato di lamentela rivolta a un capo/Dio. Invece di cercare una manifestazione del nostro sé invisibile e illuminato, chiediamo favori.

La preghiera, al livello spirituale di cui sto scrivendo, non consiste nel chiedere qualcosa, così come il tentativo di diventare capaci di manifestare la propria spiritualità non consiste nel chiedere che qualcosa arrivi nella vostra vita. La preghiera autentica consiste nell’invitare il desiderio divino a esprimersi attraverso di me. È una preghiera per ciò che si conforma al mio più alto scopo e al mio massimo bene, o per il massimo beneficio di tutta l’umanità. A questo livello, pregando, esprimo la mia esperienza di essere una cosa sola con l’energia divina.[...]

La mia pratica personale della preghiera consiste nel partecipare a una comunione con Dio in cui vedo Dio dentro di me e chiedo la forza e la consapevolezza interiore per affrontare qualsiasi cosa mi capiti. So di non essere separato da questa forza vitale che chiamiamo Dio. So che questa forza mi lega a ogni cosa nell’universo e che, dirigendo la mia attenzione su ciò che voglio attirare, in realtà mi limito a manifestare un nuovo aspetto di me stesso. Poi mi disinteresso dei risultati e lascio i particolari all’universo. Mi ritiro in pace e continuo a ricordare a me stesso che il cielo sulla terra è una scelta che devo fare, non un luogo da trovare.

È una mia scelta quella di vivere con la forza di Dio che scorre senza limitazioni attraverso di me, ed è il modo per co-creare la mia vita in questo momento. La fiducia, quindi, è la pietra angolare della mia preghiera, e con essa subentra la pace che è l’essenza del manifestare il proprio destino.

 

di Wayne Dyer

 

SRI AMMA BHAGAVAN SULLA VIA DELLA LIBERAZIONE

Domanda: A parte gli insegnamenti e le sadhana, qual è il tuo messaggio in questo percorso di Mukti (liberazione)?


Kalki Bhagavan: Vedi, in fondo il mio insegnamento è questo. Anche se vi sono stati insegnati alcuni sadhana e alcuni insegnamenti, per quanto riguarda il Mukti nessun sadhana o insegnamento vi porterà al Mukti. Ecco perché insisto sul fatto che tutti i sadhana e gli insegnamenti devono infine essere gettati nel cestino della carta straccia. Semplicemente non vi aiuteranno per quando riguarda il Mukti. Vi possono preparare al Mukti. Può essere qualsiasi insegnamento di Ramana Maharshi, Ramakrishna Parama Hamsa, l'insegnamento del Buddha; nessun insegnamento per questo scopo vi porterà al Mukti. I discepoli di Rama Krishna non sono diventati illuminati e neanche i discepoli di Ramana Maharshi ... i discepoli del Buddha non sono diventati illuminati. Così gli insegnamenti non possono darvi l'illuminazione, nessuna tecnica o sadhana può darvi l'illuminazione. Questo deve essere compreso molto chiaramente attraverso la yajna (corso) che hai frequentato. Nella migliore delle ipotesi ciò che può accadere è che ci può essere una ricerca di illuminazione, un tentare di ottenere il Mukti e un po’ di chiarezza. Sostengo sempre che la psicologia, la filosofia e ogni insegnamento rientreranno in queste categorie.

Al massimo potranno contribuire a realizzare la trasformazione all'interno della mente. Questo è tutto. Così come siamo in grado di riorganizzare i mobili in questa stanza: comunque rimarranno ancora lì. Quindi, possiamo fare una sorta di decorazione interna. Siamo in grado di portare un po’ di felicità, superare alcuni problemi, correggere e ricorreggere. I Sadhana vi possono portare ad avere una coscienza sempre più profonda dentro di voi, ma andare in profondità nella vostra coscienza non è Mukti. Riorganizzare la vostra struttura mentale, avere relazioni migliori, avere più successo nel mondo ... tutto questo non è Mukti. Mukti è essere completamente liberi dalla mente. Questo, nessun insegnamento, nessuna tecnica può darvelo. Questo perché non è un processo psicologico o filosofico o meditativo. È un fenomeno neurobiologico. I cambiamenti fondamentali devono avvenire nel vostro cervello fisico. Ecco perché vi dico di non seguire alcun insegnamento. Diventeresti un essere umano di seconda mano. Se tentate di seguire un Gesù Cristo, diventerete un essere umano di seconda mano. Gesù Cristo poteva amare tutta l'umanità. Si può amare come Lui? Gesù Cristo dice “ama il prossimo tuo come te stesso”. Non puoi farlo. Egli può farlo perché il suo cervello è connesso in modo diverso. Ma se si tenta di prendere come Gesù Cristo, ce l’hai.

Ramakrishna può saltare in estasi e ballare. A meno che la tua kundalini non venga risvegliata tu non puoi farlo. Se si tenta di copiare Ramakrishna si diventa un essere umano di seconda mano. Nel suo cervello le connessioni sono diverse. Ramana può chiedere “chi sono”. Se fai la stessa cosa andrai pazzo e finirai in manicomio! Ecco perché, in un certo senso, sono anti-insegnamenti.

 

Si diventa un essere umano di seconda mano. Si sviluppa in conflitto dentro di voi. Tu sei qualcosa. Vuoi essere qualcosa di diverso, un Cristo o un Ramana o Sri Aurobindo. Perché no? Potete leggere tutti i loro libri, si può fare tutto questo, ma non ci si sposta di un centimetro. Forse si otterrà una certa chiarezza. Forse vi sentirete bene. "Ah, sto facendo questo sadhana" ... vi sentirete più sicuri. Questi vantaggi ci sono. Ma non vi porteranno al Mukti. Molto spesso inducono in conflitto, perché potete solo essere voi stessi. Come si può essere qualcos'altro? Per quanto si può provare come potete essere qualcos’altro? Non lo si può diventare. Questa è l'illusione dalla quale vi dovete liberare.


Quindi, quello che sto dicendo è '"Qualunque cosa tu sia, devi solo accettarla”. Quando l’accetti, non c'è conflitto. Quando non c'è conflitto c'è un sacco di energia. Quando si dispone di energia, si vede cosa sta succedendo all'interno, provi gioia. Per questo motivo, quando tornate a casa, sperimentate pienamente quel dolore. Il dolore fisico diventerà beatitudine. Provate sinceramente tutto il dolore psicologico. Se lo sperimentate pienamente, diventa gioia. Non cercate di fuggire. Se si tenta di fuggire al dolore, lo si mette sotto il tappeto. Dopo un po’ inizia a puzzare. Questo è ciò che fa la maggior parte della gente. Non si sono mai confrontati con il loro dolore. Qualcuno muore nella tua famiglia, perdi il posto di lavoro, qualche altro problema, ma non sentite il dolore. Scappate dal dolore attraverso la televisione, i film, andare a casa di un amico, facendo un po’ di puja (cerimonia). Questo è quello che viene chiamato GESTIONE DOLORE. Va bene fino a un certo punto, ma certamente non vi libererà dal dolore.

Allora, ciò che si deve imparare dal Yajna Ananda (7 giorni corso avanzato) è come affrontare questo dolore. Quello che intendo è questo: supponiamo che una tigre entri in questa stanza, la maggior parte di voi salirebbe sulla ventola e rimarrebbe aggrappato là! Quello che sto dicendo è che "appesi al ventilatore provate veramente dolore perché la tigre è qui e voi siete appesi lì". Vi sto dicendo "scendete dal ventilatore e lasciate che la tigre vi mangi". Se vi fate mangiare il ​dolore scompare. Lasciate che il dolore vi mangi. Il dolore è la tigre. Guardate cosa succede. Il dolore diventa gioia. Supponiamo che ci sia in voi una forte gelosia. La gelosia è di per sé dolore. Sapete quanto è dolorosa. Così, invece di dire "Cercherò di non essere geloso, ma di essere gentile e amorevole", tutto questo è falso. Tu sei tu. Sei geloso, violento, odi ... tutti i dosha ci sono dentro di te.

Quindi affrontalo. Non vi sto dicendo di essere questo o quello. No! Sii te stesso. Questo è lo scopo di questo particolare yajna che hai frequentato, per aiutarvi a scoprire chi siete come Ramana "chi sono io", ma la sua scoperta è un'altra cosa. La tua scoperta sarà che sei un Ravana! Tutte le cose inutili del mondo sono dentro di te. Questa sarà la vostra scoperta. Questo non richiede molto tempo. Ma alla gente non piace. Ti piacerebbe avere una bella immagine di te stesso. E’ tutto ben coperto, ma se si scava si vede solo spazzatura. Quindi affrontate quella spazzatura. E’ lì, poi accettala, perché è lì. Come si può fuggire da essa? È doloroso, ma ecco che improvvisamente ci sarà gioia. Dove c'è gioia, non ci sarà dosha. Un uomo felice non può causare dolore agli altri. Solo un marito o moglie infelice può causare dolore al marito o moglie. Bambini infelici provocano dolore ai loro genitori, i dipendenti infelici causeranno dolore al datore di lavoro. Le persone infelici DIFFONDONO MISERIA. Le persone felici non possono causare dolore. Se le persone sono felici non possono fare nulla di male. Sono felici quindi non possono fare niente di sbagliato. Sono le persone infelici che hanno guai, che diventano infine ladri, criminali ecc. Quindi la cosa fondamentale è che ci deve essere un minimo di felicità e la vera felicità arriva quando affronti te stesso.

Dite sempre: "Ho paura di quella persona". Questo non è vero. Fondamentalmente hai paura di te stesso. Se non hai paura di te stesso non hai più paura di niente compreso Veerapan! Se il Buddha fosse lì andrebbe semplicemente a parlare con Veerapan. Come andò a parlare a Aungulimai (un ladro nella foresta), dal momento che non aveva paura. Avete paura di voi stessi, perché non vi amate. D'altra parte dite "Devo superare la mia paura, devo amare qualcuno." Tu non ami te stesso, questa è la situazione. Così quanto andate dentro voi stessi scoprirete come siete. Quindi, accettatevi. Nel momento in cui iniziate ad accettarvi iniziate ad amare voi stessi. Vedrete che c'è un lavoro enorme che può essere raggiunto in 21 giorni di pratica. Questo è facile, se fosse difficile non ne parlerei. 21 giorni di pratica e vedrete che è come respirare. E’ molto naturale e semplice andare in profondità dentro voi stessi, scoprire e accettare, amare se stessi e convertire la sofferenza in gioia. Se lo fate la vostra famiglia starà benissimo. Nel momento in cui vedete vostro marito o vostra moglie, sentirete la gioia. Quando lui o lei vi vede ci sarà gioia. Le vostre case diventeranno templi. Questo accade quando si è pronti per il Mukti. Il Mukti come vi ho detto è un fenomeno neurologico. Nessuno è diventato illuminato seguendo un insegnamento, poiché hanno pensato che sia un processo psicologico o filosofico. Ramana non ha ricevuto alcun insegnamento. Ha avuto la sua esperienza di morte e lui era lì. Per Buddha è stata la luce. L'unica cosa è che non ha riconosciuto subito quello che la luce aveva fatto in lui. Non attraverso gli insegnamenti. Gli insegnamenti sono all'interno della mente. Diventare liberi dalla mente è l'illuminazione. Questo è quando si è veramente liberi.

Quindi, tutto quello che ora dovete fare è imparare a convertire la sofferenza in gioia. Una volta fatto questo manderò una parola per te. Devi venire alla Città d'Oro (Ashram a Varadhayapalem, India del sud). Quando io ti do il Diksha diventi completamente illuminato. Ho più di 400 persone che hanno raggiunto questo stato di Illuminazione. Si può andare a vedere come stanno vivendo.

 

da un corso di Sri Bhagavan con gli indiani il 31 marzo 2010

pubblicazione nel sito della comunità oneness il 26 marzo 2012

http://www.worldonenesscommunity.com/profiles/blogs/sri-amma-bhagavan-on-the-path-of-liberation-mukti

http://www.ammabhagavan.net/kalki_about_liberation_mukti.php


 

RISVEGLIA LA TUA VITALITA’ INTERIORE

MEDITAZIONE GRAZIA DI DIO


PARTE PRIMA
Gli occhi sono chiusi.
MANTRA: IO SONO LA GRAZIA DI DIO
Inspirate profondamente, trattenete il respiro in silenzio, mentre ripetere il mantra 10 volte. Tenete le dita uno alla volta per tenere il conto. Espirate tutta l'aria fuori, tenerlo fuori e ripetere il mantra 10 volte.
Continuare questo processo di ripetere il mantra 10 volte su ogni inspirazione e 10 volte su ogni espirazione, per un totale di 5 inalazioni e 5 esalazioni. Ammontano complessivamente a 100 ripetizioni silenziosi.


PARTE SECONDA
POSTURA: Rilassate il respiro, e con gli occhi ancora chiusi, lentamente siedi in posizione facile.
MUDRA: Portate la mano destra in Gyan Mudra, appoggiato sul ginocchio. La mano sinistra si tiene al livello della spalla sinistra, palmo della mano rivolto in avanti e, come se si assumesse un giuramento.
RESPIROe MOVIMENTO: Tenere il respiro rilassato e normale. Tendi solo un dito della mano sinistra alla volta, mantenendo le altre dita rettilineo ma rilassato. Meditate l'energia di governo di ciascun dito (vedi tabella), quindi ripetere il mantra ad alta voce per 5 volte.
Cominciando con il dito Mercury, continuare questa sequenza per ciascuna delle altre dita, terminando con il pollice. Per terminare: Relax e meditare in silenzio per qualche minuto.
ENERGIA CHE CARATTERIZZA OGNI DITO
Mignolo MERCURIO
Potere di relazionarsi e comunicare, la comunicazione inconscia 
ACQUA
Anulare SOLE E VENERE
La salute fisica, la vitalità, la grazia e la bellezza
FUOCO
DITO MEDIO SATURNO
Canale emozione di devozione e pazienza
ARIA
Indice GIOVE
Saggezza e di espansione, spazio aperto per il cambiamento
ETERE 
Pollice
Ego positivo
TERRA

Informazioni su questo Meditazione
Si dice che quando una donna pratica questa meditazione per un anno, la sua aura diventa punta con oro o argento, e di grande forza e poteri di guarigione di Dio fluirà attraverso di lei. Affermazione positiva è un'antica tecnologia. Le parole aumentano di potenza attraverso la ripetizione, e quando si sta ripetendo la verità, l'impatto è enorme. Yogi Bhajan ci ha dato questa meditazione, che è una delle affermazioni più potenti di una donna può fare. Il fatto è, la donna è la Grazia di Dio. La donna è Shakti. Il problema è che lei non lo sa.
Questa meditazione è stata progettata per evocare e manifestare la grazia interiore, la forza, e splendore di ogni donna. Essa aiuta a sintonizzarsi direttamente con l'Adi Shakti, la Potenza Primal nel proprio essere. Si autorizza una donna per canalizzare le sue emozioni in una direzione positiva, rafforzare le sue debolezze, sviluppare la chiarezza mentale e una comunicazione efficace, e darle la pazienza di passare attraverso le prove del suo karma. E le permette di unire l'ego limitato nella Divina Volontà, così come per migliorare la sua salute fisica.
Praticando questa meditazione, pensieri di una donna, il comportamento, la personalità e la proiezione si allineano con l'infinita bellezza e la nobiltà svelato dal mantra. Equilibra i cinque elementi. La cosa sorprendente è, questa è una meditazione facile da fare! Si potrebbe passare sopra, perché è così semplice e non realizzare ciò che un profondo effetto che essa può avere sulla vostra vita.
Pratica fedelmente, due volte al giorno per 40 giorni. Si raccomanda alle donne in menopausa a praticarlo 5 volte al giorno.
Meglio praticare a stomaco vuoto.

Il censimento per l’alleanza globale

Come riunire tutte le associazioni e le persone che operano per un mondo migliore e creare insieme una Massa Critica e una Rete Globale: Grande Incontro del 3-4 Marzo 2012.

E’ tempo che la parte più saggia e consapevole dell’umanità si riunisca e collabori per invertire l’attuale tendenza distruttiva e realizzare un futuro comune di pace, comprensione umana e rispetto della Terra. Ogni individuo, ogni associazione è determinante in questo
processo di evoluzione della coscienza globale.

A cura di Nitamo Montecucco e del comitato del Club di Budapest Italia

Il Progetto Globale 2012–2018

Il Progetto Globale 2012-2018 è un importante programma culturale di collaborazione internazionale su cui stiamo lavorando da molti anni; è una strategia evolutiva di vasta portata che ha lo scopo, entro il 2012, di realizzare una prima Massa Critica tra le associazioni dei “Creativi Culturali”, la parte più sensibile e responsabile della società, e di catalizzare così entro il 2018 il salto di consapevolezza necessario per realizzare le basi di una società globale etica e sostenibile.

I “Creativi Culturali” e la nuova Cultura Globale

Il sociologo Paul Ray ha definito i “Creativi Culturali” come le persone sensibili al degrado della Terra e al dolore umano, che si interessano all’ecologia, alla pace, al volontariato, ai diritti umani, alla salute naturale, alla spiritualità, al commercio etico, al bene comune. I Creativi Culturali siamo tutti NOI che in ogni parte della Terra desideriamo un mondo migliore e cerchiamo di realizzarlo con amore nella vita quotidiana e nella società. Noi e le nostre associazioni stiamo creando una nuova Cultura Globale.

Secondo le ricerche sociologiche internazionali la “nuova cultura emergente” negli anni ’70 era circa il 2%, negli anni ’90 era al 25%, nel 2005-2007 (Italia, USA, Giappone, Francia, Ungheria) era salita al 33-35% e ora si stima intorno al 37-40% della popolazione totale. Siamo quindi già ora oltre 2 miliardi di persone nel mondo che vogliono pace, diritti umani e rispetto della Terra, ma che non sono consapevoli del proprio numero! Siamo un numero enorme di persone responsabili e creative che potrebbero cambiare la società e le scelte globali ma NON abbiamo potere perché siamo frammentati in miriadi di movimenti e associazioni.

In una decina di anni (2023-2024) dovremmo raggiungere il fatidico 51% ma la crisi economica potrebbe rallentare questa data al 2030 o addirittura al 2040, con il rischio che il sistema crolli prima che noi riusciamo a creare una rete che cambi le cose. Il progressivo peggioramento dei parametri ecologici, economici e sociali a livello globale ci pone quindi di fronte alla necessità di riunire le forze e creare un salto di coerenza tra di noi e tra le nostre associazioni. Il futuro del pianeta dipende dalla nostra capacità di sviluppare una nuova coscienza umana e planetaria, più unita e collaborativa. Dobbiamo necessariamente iniziare da noi stessi e dalle nostre associazioni. La crisi globale si può risolvere solo con un salto di consapevolezza globale!

La Massa Critica e la Rete Planetaria delle Associazioni (NGO)

Noi siamo una “minoranza” dimenticata dalla politica e dall’informazione “ufficiale” solo perché NON siamo consapevoli del nostro numero e del nostro potere. Per cambiare la situazione dobbiamo prendere coscienza di essere parte del più grande Movimento Culturale Planetario mai esistito, con oltre 2 miliardi di persone nel mondo che condividono gli stessi valori.

Per riprendere il nostro giusto potere nella società, nei media, nella gestione dell’informazione, occorre iniziare creare una “Massa Critica” di persone e associazioni che si riuniscano consapevolmente! Ricerche internazionali hanno evidenziato che quando l’1% di una società si riunisce in modo consapevole intorno ad un progetto o ad un’idea, costituisce una Massa Critica: un “gruppo di coerenza” in grado di influenzare significativamente l’intera società. Per questo abbiamo realizzato il Censimento Globale.

Il nuovo sito www.censimentoglobale.it è aperto dal 11-11-2012 e in 2 mesi siamo passati da 6.000 a oltre 110.000 iscritti! Iscriviti anche tu, come persona, professionista o Associazione. Attraverso il Censimento Globale cercheremo di raggiungere una Massa Critica di 60 milioni di persone nel mondo, 450 mila in Italia. Questo realizzerà il primo nucleo di Rete Globale delle Associazioni che operano per un mondo pacifico e sostenibile.

Grande Incontro Nazionale di tutte le associazioni e dei creativi culturali del 3-4 Marzo 2012

Per facilitare l’Alleanza e la riunione delle persone e soprattutto delle associazioni e dei centri Italiani, abbiamo organizzato un Grande Incontro al quale sono invitate a partecipare creativamente tutte le associazioni. Solo Uniti possiamo fare la differenza! Scopi dell’Incontro sono:

1) Facilitare un’Alleanza Globale tra le persone e le associazioni che in Italia e nel mondo operano per un mondo pacifico, umano e sostenibile.

2) Iniziare la cooperazione e la collaborazione su: progetti comuni, l’organizzazione della rete, creare la redazione del giornale online, costituire i gruppi di lavoro nelle varie aree.

3) Collaborare con gli altri Network globali: Wiserearth, Earth Charter, Club di Budapest, Pace, Eco, e molte altre…

4) Organizzare una grande manifestazione o molte grandi manifestazioni per il 12-12-2012, “Giorno della Coscienza Globale”.

Saranno proiettati Filmati con messaggi di maestri spirituali e di famosi ecologisti sulla necessità di un risveglio della coscienza globale e di un’alleanza in rete.

Il 12-12-2012 “Giorno della Coscienza Planetaria” per diverse ragioni sarà una data significativa, per iniziare un risveglio globale della consapevolezza. La Rete Globale potrebbe “catalizzare” entro il 2018-2020 la presa di coscienza e la riunione di oltre 2 miliardi di Creativi Culturali oggi sparsi in ogni angolo della Terra.

Insieme a noi, in tutto il mondo, molte altre associazioni si stanno muovendo per realizzare questa stessa Massa Critica e riunire in una grande alleanza le persone, le associazioni e i movimenti, orientati all’etica, alla pace, alla sostenibilità, alla crescita umana, alla salute e alla consapevolezza globale, ponendo in evidenza lo spirito che ci accomuna: il senso di responsabilità per il benessere dell’uomo e del pianeta. Uniti possiamo realizzare la nostra visione di una società globale, pacifica e cooperante.

Per maggiori informazioni: www.reteolistica.itwww.clubdibudapest.it,www.censimentoglobale.it.

 

ASATOMA MANTRA

ASATOMA MANTRA
Amma Bhagwan Sharanam

"Ásato ma sád gamaya
Támasoma jyótir gamaya
Mrtyórma amrtam gamaya"
******************************
Om adityaya namah
Om adityaya namah
Om adityaya namah
**************************
Narayanaya vidmahe vasudevaya dhimahi
Tanno vishnu prachoyat
Narayanaya vidmahe vasudevaya
*******************************
ASATOMA Mantra:

"GUIDAMI DALL'IRREALE AL REALE,
DALL'OSCURITA' ALLA LUCE,
DALLA MORTE ALL'IMMORTALITA'." 

 

( Original Artist :- Juno Reactor - Navras (MIDIval PunditZ Remix)

Ogni strada è giusta con me fino a quando ti accadrà naturalmente.

‎"Tu crei il tuo Dio;
Tu crei la tua vita;
Tu crei la tua religione;
Tu potresti scegliere di pregarmi e scartare i miei insegnamenti;
Tu potresti scegliere di seguire i miei insegnamenti e di non pregarmi;
Tu potresti negare entrambe ma accettare il mio Oneness Diksha.
Tutto ciò che mi interessa è aiutarti.
Ogni strada è giusta con me fino a quando ti accadrà naturalmente."

Sri Amma Bhagavan

Dall’Homo Sapiens all’Homo noeticus

Quando immaginiamo il futuro della Terra, ci troviamo di fronte a un paradosso: da un lato è difficile pensare che l’«Homo sapiens» non continuerà a essere l’unico padrone del pianeta Terra, ma dall’altro è ugualmente difficile immaginare, data la vastità delle distruzioni in atto, quale sarà il futuro della Terra se continuerà il dominio dell’Homo sapiens.

Nel corso della nostra indagine per scoprire se e come l’illuminazione può risolvere la crisi attuale, ci siamo imbattuti in un affascinante pensatore che ha osato spingere la sua immaginazione al di là di questo paradosso, arrivando a una soluzione nientedimeno che evolutiva.

Secondo il ricercatore della consapevolezza John White, benché tutte le tendenze siano contrarie, la Terra e l’umanità possono davvero avere un promettente futuro insieme. Ma l’essere umano che parteciperà a questo futuro sarà un primate molto diverso da quello che conosciamo oggi. White lo chiama “homo noeticus”: il gradino successivo dell’evoluzione.

Chiamato alla vita spirituale nel 1963 da un’esperienza spontanea di ciò che egli chiama “la realizzazione di Dio”, John White non ha mai avuto difficoltà a dire di essere illuminato, salvo precisare, subito dopo, “ma solo un po’”. E negli ultimi ventisette anni, quel “solo un po’” è stato ciò che ha alimentato il suo insaziabile interesse verso l’esplorazione del potenziale umano più elevato. Chiedetegli dei suoi risultati in questo campo, e l’ultima cosa che vi sentirete raccontare è l’esperienza di illuminazione che ha dato il via al suo cammino. Prima sentirete parlare della sua amicizia con l’astronauta dell’Apollo 14 Edgar Mitchell, la cui esperienza spirituale nella capsula spaziale lo ha portato a fondare, insieme a White, l’Istituto di Scienze Noetiche, oggi noto in tutto il mondo.

Poi sentirete parlare del manoscritto ricevuto nel 1974 da un giovane scrittore che faticava ad affermarsi, Ken Wilber, intitolato The Spectrum of Consciousness. Il libro fece una tale impressione su White che egli fece di tutto per pubblicarlo, cosa che gli riuscì trentatré editori e quattro anni dopo, dando l’avvio all’ascesa di Wilber, che oggi è uno dei più autorevoli pensatori spirituali dell’era moderna.

Scrittore freelance ed editore di gran parte dei suoi libri, White potrebbe raccontare anche di aver pubblicato decine di articoli e oltre quindici libri, tra cuiL’incontro tra scienza e spirito, A Practical Guide to Death and Dying e le antologieKundalini, Evolution and Enlightenment e What is Enlightenment? Nel suo prossimo libro, Enlightenment 101, White descrive come, secondo le sue ricerche ed esperienze, la razza umana sta già attraversando un mutamento evolutivo.

Vivere tra le avanguardie dell’esplorazione della consapevolezza, in compagnia dei più importanti pensatori spirituali, ha donato a White un punto di vista unico sul nostro potenziale umano più elevato, nonché uno sguardo penetrante su quello che potrebbe essere il futuro della nostra specie. Tuttavia, alla fine White ammette che la sua fiducia nel nostro potenziale evolutivo non è dovuta alle sue ricerche e ai suoi studi, bensì a quella prima esperienza spirituale avvenuta nel 1963. Come egli racconta, “Ci fu una rivoluzione nella mia consapevolezza che mi portò a scorgere l’illusorietà dell’io separato e la realtà del Sé autentico. Fu un momento di consapevolezza cosmica.

La percezione di un io corporeo venne completamente spazzata via, e restò solo l’«io» dell’universo, del cosmo. Tutto ciò non mi donò una sorta di onniscienza, ma un insieme di certezze. Sapevo al di là di ogni dubbio cosa ero, perché stavo qui, dove stavo andando e qual era la strada verso casa, verso Dio. E ho visto anche che esisteva qualcosa di simile a una natura umana, per cui ciò che era possibile per me lo era per tutti. Ho visto nel mio passato e nel mio futuro il passato e il futuro di tutta l’umanità”.

Lo scorso autunno, nel nostro centro nel Massachussetts occidentale, abbiamo avuto il piacere di una cortese visita di John White, proveniente dalla sua casa nel Connecticut. Quel pomeriggio egli ha condiviso con noi la sua visione di un’umanità illuminata.

Craig Hamilton: Molti futurologi, scienziati e pensatori sociali ritengono che l’umanità stia affrontando una crisi evolutiva. Prevedono trasformazioni potenzialmente devastanti nei prossimi decenni, quando la sovrappopolazione, la rapida globalizzazione e la sperimentazione tecnologica renderanno ancora più precario l’equilibrio su cui si basa la vita della nostra specie e del pianeta in generale. Molti autorevoli pensatori hanno affermato che, data l’enormità delle sfide che ci attendono, l’unica soluzione che può forse andare alla radice del problema è di tipo spirituale, ovvero è una trasformazione della consapevolezza. Cosa pensi di questa idea? L’illuminazione può salvare il mondo?

John White: L’illuminazione è la solacosa che può salvare il mondo. La sola cosa.

Quando lavoravo con l’astronauta dell’Apollo 14 Edgar Mitchell, l’idea era che l’Istituto per le Scienze Noetiche, da lui fondato nel 1972 e del quale ero il Direttore dell’Educazione, avrebbe studiato la mente umana per applicare le scoperte in questo campo ai problemi dell’umanità. Ed, dopo aver avuto un’epifania o esperienza religiosa mentre la capsula spaziale scendeva sulla Terra, aveva capito chiaramente che i problemi che assillavano l’umanità non facevano parte del mondo naturale.

Le divisioni sociali, le lotte, i conflitti e tutti i problemi politici… egli aveva capito che quei problemi sorgevano nel contesto della mente, o della consapevolezza umana, e voleva studiare quest’ultimaper risolvere quei problemi alle radici. Come ha detto Einstein, non puoi risolvere un problema al livello che l’ha originato: devi andare un livello sopra. Quindi, questa era la speranza dell’Istituto di Scienze Noetiche: comprendere meglio la natura della consapevolezza e capire fino a che punto potevamo trascendere la condizione alla base di tutti i problemi che l’umanità si trova di fronte. Senza questa comprensione, è facile che ci ritroviamo a essere nulla più che un granello di polvere nel cielo notturno, o un pianeta moribondo dove le specie sono morte.

Quindi, sì, abbiamo di fronte molte crisi, ma le mie indagini recenti e la mia esperienza personale mi dicono che riusciremo a superarle. Questo fa parte del grande disegno della creazione, del fine intelligente dell’universo. Dio non ci ha condotto attraverso cinque milioni di anni di evoluzione umana per spegnerci così. Abbiamo i mezzi, il potenziale per affrontare questa crisi in modo intelligente, in linea con la nostra spinta teleologica verso la trascendenza dell’io.

Ma per quello che posso vedere, tutto ciò non è assolutamente certo. Il nostro pianeta potrebbe subire un’overdose, per così dire. Ma non credo che arriveremo a quel punto: abbiamo superato moltissime crisi nella nostra lunga storia, e vedo diversi segnali promettenti secondo cui riusciremo a superare anche queste. In realtà, come ha detto un mio amico, “La parola inglese «Hope», speranza, è un acronimo per «Help Our Planet Evolve», sostieni l’evoluzione del nostro pianeta”. E io ho grandi speranze.

Craig Hamilton: Nel tuo prossimo libro, affermi che in realtà l’umanità si sta evolvendo verso una nuova e più elevata forma di vita, che riuscirà a trascendere molte delle difficoltà di oggi. Hai definito questa nuova ed evoluta forma di umanità “Homo noeticus”. Cos’è l’homo noeticus?

John White: L’homo noeticus è il termine che uso per indicare quella che considero una forma di umanità più elevata che sta emergendo oggi sul pianeta, caratterizzata non da mutamenti genetici, bensì noetici. In altre parole, laconsapevolezza è il principio fondamentale per definire l’homo noeticus. Esiste una radicale trasformazione della consapevolezza che contraddistingue l’homo noeticus, un passaggio dalla centratura sull’io a quella su Dio. L’homo noeticus potrà assomigliare molto al Tizio e al Caio che oggi camminano per le strade di New York, ma sarà caratterizzato da una profonda trasformazione della consapevolezza. E tale trasformazione della consapevolezza fa parte del processo dell’illuminazione.

Non ho una lista antropologica di caratteristiche che definiscono l’homo noeticus. Se fossimo stati vivi quando stava apparendo l’uomo di Cro-Magnon, come avremmo potuto distinguere quest’ultimo dall’uomo di Neanderthal? Fisicamente, avevano praticamente lo stesso aspetto. Ma col senno di poi possiamo dire che il Cro-Magnon era un tipo di essere umano nuovo e superiore, caratterizzato dal fatto di essere il primo artista, che dipingeva caverne e scolpiva sculture femminili. Il Cro-Magnon ha inventato l’arco e la freccia, le prime armi del mondo dopo le semplici pietre. E ci sono altre caratteristiche che contraddistinguono il Cro-Magnon dal Neanderthal.

Lo stesso avviene con l’homo noeticus. I segni distintivi che secondo me indicano la piena appartenenza all’homo noeticus sono di base conseguenze del passaggio dalla centratura sull’io a quella su Dio. Quest’ultima riconosce la presenza del divino in ognuno e opera nel mondo su questa base. In essa non esiste competizione, bensì cooperazione, e il processo di pensiero non è del tipo semplice, lineare, sequenziale, o/o, ma è a più livelli, integrato e inclusivo. E dal punto di vista delle emozioni, non troverai né odio né vizi né alcuno dei sentimenti non virtuosi che creano tanta sofferenza, dolore, morte e distruzione nel mondo di oggi. Si può dire che è possibile sapere che l’homo noeticus è la forma-vita dominante sul pianeta grazie all’assenza di guerre, di oppressione, di competizione, di avidità, di cupidigia e di altri vizi che hanno molto contribuito a creare la condizione umana odierna.

Craig Hamilton: Quali sono i segni che scorgi nel mondo di oggi e che ti hanno portato alla conclusione che stia nascendo l’homo noeticus, che stiamo davvero evolvendoci?

John White: Nel mio libroL’incontro di scienza e spirito elenco una lunga lista di fattori che, presi insieme, mi dicono che nel mondo è in atto una profonda trasformazione della consapevolezza. Non che tutti questi fattori siano globalmente presenti, ma possiamo considerare ogni aspetto delle attività umane di oggi e vedere cose, movimenti, gruppi, prospettive che non sono semplicemente contrari allo status quo, ma che indicano una via nuova e più elevata al di là di quest’ultimo. L’economia, l’istruzione, la politica, gli affari militari: tutte le attività umane stanno mostrando segni, qui e là, dell’apparizione di qualcosa che non solo le trascende, ma proietta un’influenza che trasforma ulteriormente quei domini.

Nella gente è diffusa la volontà di crescita, che si sta manifestando in molti modi: fisico, mentale e spirituale. Guardiamo come la specie umana sta superando ogni limite nei campi dell’atletica e dell’esplorazione planetaria. Per la prima volta padroneggiamo l’esplorazione sottomarina al punto che è possibile scendere con l’autorespiratore per centinaia di metri, o anche più in basso grazie a mezzi tecnologici come i sottomarini o i batiscafi. Quindi, stiamo superando i limiti dell’esplorazione oceanica e atmosferica tramite i viaggi spaziali, gli aerei ultraleggeri e i vari tipi di sport aerei. E gli stessi sport fisici sono diventati realtà che cento anni fa non sognavamo neppure. I record vengono battuti in continuazione, man mano che miglioriamo i programmi di allenamento e il tipo di alimentazione.

Inoltre, gran parte del mio bagaglio culturale è fatto di parapsicologia, di ricerca psichica. Vedo quest’ultima come una conseguenza di un risveglio della consapevolezza dell’umanità, grazie al quale la gente vuole conoscere meglio se stessa, a un livello più profondo o elevato. Per la prima volta in tutta la storia umana, esiste un vasto riconoscimento pubblico del potenziale psichico delle persone. E questo trova un’applicazione molto pratica nel movimento per la salute olistico, o alternativo. Dappertutto, la specie umana sta superando i limiti della nostra condizione fisica, mentale e spirituale.

Quindi, questi sono alcuni fattori.

Craig Hamilton: È giusto definire l’homo noeticus illuminato, così come l’illuminazione viene tradizionalmente intesa?

John White: L’homo noeticus sarebbe quello che definisco il primo stadio dell’illuminazione, in cui esiste una trasformazione psicologica, un mutamento radicale della consapevolezza, dalla centratura sull’io a quella su Dio. Ma questo deve avvenire anche a livello fisiologico. Molti anni fa, ho enunciato quella che ritengo la prima legge della noetica: “Il corpo segue la consapevolezza”. Ebbene, quando c’è un mutamento radicale della consapevolezza, “moksha”, si creano le basi per il perfezionamento di tuttigli aspetti delle nostre attività. E ne segue necessariamente, nel gran disegno dell’evoluzione umana (così come lo vedo io), la trasformazione del corpo stesso, del corpo e della mente, che sonoinferioriallo spirito.

Craig Hamilton: Secondo te, quanto siamo lontani da quella trasformazione della consapevolezza che può davvero prepararci ai radicali cambiamenti futuri? Quale percentuale di persone si deve evolvere nell’homo noeticus prima di poter sperare di cambiare le cose e acquisire una prospettiva più vasta su questi problemi?

John White: Per come la vedo io, la piena emersione dell’homo noeticus (cioè la sua affermazione come forma-vita dominante sul pianeta) richiede ancora molte centinaia di anni, come minimo. Questo, per noi che stiamo seduti in questa stanza con un orologio al polso, sembra un lungo periodo di tempo. Ma dal punto di vista antropologico o evolutivo, equivale a un batter d’occhio.

In teoria, la prima forma di vita sulla Terra è emersa dal brodo primordiale quattro miliardi di anni di fa, e ha dominato per uno o due miliardi di anni. La seguente e più elevata forma di vita ha dominato per un periodo più breve, e ogni nuova forma di vita ha prevalso per un periodo sempre più limitato. In altre parole, l’emersione di forme più elevate sta aumentando. Dunque, quando si arriva al livello dell’uomo, stiamo parlando di io e te seduti in questa stanza grazie al fatto che appena cinque milioni di anni fa i nostri progenitori hanno assunto la posizione eretta in mezzo alle pianure africane. E il Neanderthal è apparso trecentomila anni fa; il Cro-Magnon, da trentacinque a quarantamila anni fa; l’Homo sapiens sapiens, l’uomo moderno, diecimila anni fa.

Se la noetica, piuttosto che la genetica, governerà il cambiamento evolutivo (come secondo me avverrà d’ora in poi), grazie al potenziale delle comunicazioni di massa e delle tecnologie delleinformazioni assumeremo davvero il controllo della nostra evoluzione. Avremo la possibilità di disseminare informazioni per creare trasformazioni. E quindi penso non solo che questo mutamento sta avvenendo, ma che la sua velocità è in costante accelerazione. Tuttavia, ci vogliono ancora molte centinaia di anni prima che l’homo noeticus sia davvero la forma-vita dominante. Ma non dobbiamo pensare che passeranno trecento anni prima che affronteremo tutte le crisi globali che abbiamo di fronte. Un essere trasformato nel mondo può trasformare centinaia e migliaia di persone.

Craig Hamilton: Come hai detto, esiste ovviamente una quantità enorme di segni positivi, e un numero crescente di persone sta cercando di avere una maggiore consapevolezza sulle sfide che abbiamo di fronte. Ma hai anche fatto notare come la maggioranza dell’umanità sembra tuttora bloccata in una visione del mondo estremamente materialista, egocentrica e governata dall’interesse a breve termine. Hai scritto: “Dire semplicemente che l’umanità può accelerare la sua evoluzione non è la stessa cosa checonvincerlaa farlo, o fargli capire chedevefarlo”. Qual è secondo te il fattore principale che convincerà gli esseri umani a rispondere alla chiamata evolutiva, trasformando se stessi?

John White: Evidenzierei due fattori. Uno è la presenza di maestri illuminati nel mondo, il cui stesso essere irradia il messaggio. Nel loro esempio, abbiamo la dimostrazione del potenziale umano. Secondo, abbiamo l’aumento delle sofferenze, e la sofferenza è la prima grazia. È il modo in cui la natura ci dà un calcio, sul piano astrale, quando non vogliamo imparare attraverso mezzi più gentili. Se non ci lasciamo guidare dall’attrazione, verremmo guidati dalla repulsione. E, probabilmente, le cose sono sempre andate così.

Il livello di sofferenza è molto alto in certe aeree del mondo, mentre in altre è assai elevato il livello di consapevolezza del nostro potenziale di trasformazione: per questo è in atto un processo sinergetico nel quale coloro che sono illuminati, risvegliati e compassionevolmente preoccupati per le sofferenze del mondo, stanno rivolgendo la loro attenzione alla cura immediata e concreta di tali sofferenze. Ecco perché affermo di essere molto, molto fiducioso: perché vedoquesta trasformazione avvenire davanti ai miei occhi.

 

Di John White

 

da: http://www.innernet.it

 

LE 7 VERITA' PER LIBERARSI DALLA SOFFERENZA

D. : Bhagavan, sembra che questo movimento stia evolvendo. Ci sarà mai una fine ai tuoi insegnamenti?

R. : La coscienza evolve continuamente, ma, per quanto ci riguarda, appena avremo raggiunto i 64.000 (risvegliati), chiuderemo bottega. Già vedi che non andiamo più in giro, in nessun posto. Tutto quello che vogliamo fare è offrire questo (risveglio) a 64.000 persone. Poi semplicemente ce la godremo. Voi potete fare quello che volete. Io non sono il Messia che trasforma il genere umano.

Ho solo preparato alcune persone per portarli in un stato (di coscienza superiore). Questi, a loro volta, prepareranno i 64.000 e li porteranno a quello stato. Poi, voi (i 64.000) farete lo stesso con l'intera Umanità.

Kalki? Io non sono Kalki. Kalki è tutte le divinità indiane messe insieme. Non è un'unica persona, ma un enorme gruppo di esseri, che trasformerà l'Umanità. Così anche Cristo, Imam Medhi, Maitreya.

Kalki, o Cristo, o Maitreya, entrerà dentro di voi. Poi sarà compito suo, e noi chiuderemo bottega qui e ce la godremo!

D. : Bhagavan, nessuno in questo mondo è libero dalla sofferenza. Cosa bisogna fare per liberarsi dalla sofferenza?

R. : E' molto semplice. Seguite queste 7 verità, per liberarvi dalla sofferenza.

Ogni cosa origina da un'unica fonte: possiamo chiamarla Dio o energia.

La vita non ha nè inizio, nè fine. Se voi identificate questa fonte, non farete più differenza tra buono e cattivo, tra giusto e sbagliato.

Questi sono semplicemente nostri punti di vista. Tutto proviene da un'unica fonte.

La vita non è altro che la ricerca del proprio 'Sè'. Nella vostra vita, quello che vi succede, le persone che incontrate, tutto riflette il vostro 'Sè'. Se soffrite per povertà, significa che qualcosa non va in voi. Dovete correggere questo aspetto, per uscire dalla povertà. Se avete odio in voi, allora tutto quello che vedrete mostrerà la stessa qualità. Se avete pensieri cattivi, la gente che incontrerete avrà pensieri cattivi. Per prima cosa cercate di capire voi stessi.

Rendetevi conto che tutto quello che vi capita, in questa vita, avviene per grazia di Dio. Se scivolate camminando, cercate di capire che anche quello avviene per grazia divina. Se saprete vedere Dio in ogni cosa, la vostra vita diventerà meravigliosa.

Rendetevi conto che tutto quello che vi capita, in questa vita, è semplicemente una prova che Dio vi manda: non è una brutta esperienza. Se la considerate una brutta esperienza, allora significa che Dio non è compassionevole.

Quando avete un problema, consideratelo come un'opportunità per voi di affrontarlo e venirne fuori. Vi sono state date persone, ricchezza, fiducia, per poter affrontare le difficoltà: se lo capite, la vostra fiducia crescerà. E' proprio per testare la vostra fiducia che Dio vi da queste prove.

Se capite che tutto quello che vi capita è una prova, che Dio vi manda, allora saprete analizzare più profondamente il problema ed affrontarlo nel modo migliore. Capirete le sue finalità e non ne avrete paura.

Se capite le 6 verità, di cui vi ho appena parlato, allora ci sarà un'enorme trasformazione nel vostro corpo. Da lì in avanti, no solo avrete più compassione, ma diventerete quella 'compassione'. Se seguirete questi insegnamenti, le vostre relazioni miglioreranno.

Non avrete più paure nè dispiaceri. Ci sarà solo gioia. Non cercate di analizzare questi insegnamenti con la logica.

Se praticherete queste verità anche solo per 21 giorni, sarete nella gioia. Il problema è che solitamente diffondiamo solo dispiaceri e sofferenza. E' per questo che la Terra sta morendo. Quando avrete provato la gioia e la felicità, diffonderete solo gioia e felicità agli altri.

 

11.11.11 Amma Bhagwans Darshan Global Africa Ubuntu Deeksha

Il messaggio di Sri Bhagavan dell'11.11.11.


Seguire questo link e, all'apertura della pagina, cliccare sulla
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http://www.onenessuniversity.org/index.php/sri-bhagavan-africa-message

Grazie a Carlo per la traduzione!!

 

 

Namaste,

l'Umanità sta entrando nella fase più critica della sua esistenza. I tempi che stanno arrivando testimonieranno i cambiamenti più inusuali e mai immaginati, nel corso della Sua lunga evoluzione. La razza umana, come insieme distinto e coerente, è passata attraverso diversi stadi evolutivi ed ora si sta avvicinando a quella maturità, lungamente attesa.

Con tutti gli avanzamenti scientifici e tecnologici, nati dall'ingegnosità del genere umano, l'uomo è enormemente progredito nel mondo materiale: le sue invenzioni hanno reso la vita quotidiana più comoda. Eppure egli è infelice. Nonostante tutto questo progresso e tutte queste invenzioni, l'uomo è tuttora smarrito. Le sue incapacità di disperdere gli spettri minacciosi della guerra, le minacce di collasso dell'ordine economico internazionale, il diffondersi dell'anarchia e del terrorismo, lo hanno portato in una 'terra di nessuno'.

Oggi, aggressione e conflitto caratterizzano i nostri sistemi sociali, economici e religiosi. Questo avviene perché l'uomo ha fatto ben poco progresso nel mondo interiore. Nella sua pazza corsa verso la felicità materiale, ha perso di vista la sorgente della sua anima. Non riconoscendo il vuoto interiore, indulge in varie attività, che essenzialmente servono a tenerlo occupato, nel tentativo di fuggire da quel vuoto. Questo lo si può vedere osservando i suoi costanti tentativi di porsi nuove mete da raggiungere, e dalla sua incessante ricerca di riconoscimento, nella società. La conseguenza di questo fuggire, è ulteriore stress mentale, che porta a conflitti in famiglia, nella società e, alla fine, a conflitti mondiali.

La vita è movimento. Oscilla tra ordine e disordine. Compare e sparisce.

Nel corso naturale degli eventi, man mano che si passa dall'ordine al disordine, anche voi verrete spinti lontano dall'unità, verso la divisione.

Nella famiglia, ogni volta che c'è sofferenza e stress, c'è un movimento che vi allontana dall'unità. La guarigione del cuore, il fiorire dell'amore, sono modi per tornare all'unità.

In qualità di esseri consapevoli, voi potete usare il potere del Diksha, per spingere questo flusso a ritroso, dalla divisione all'unità: per istituire un sistema sociale progressista e pacifico, dinamico e armonioso, un sistema che dia spazio all'iniziativa e alla creatività individuale, ma basato sulla cooperazione e sulla reciprocità.

Quando c'è ordine nella famiglia, nel comitato delle nazioni e nelle varie forme di vita, il ritorno all'unità è possibile. Esso è raggiungibile tramite l'accettazione della vita e l'esperienza di se stessi, senza resistenze.

Ora c'è l'opportunità di elevare la vita ad un nuovo livello di ordine e di unità. Quando è iniziato il fenomeno Oneness, noi abbiamo ricevuto certe rivelazioni, che indicavano il Risveglio dell'Africa come foriero del cambiamento globale. Le rivelazioni ci mostrarono che ci sarebbe stata un'accelerazione del Risveglio, in tutto il pianeta, a partire dal 2012.

L'unica cosa che dobbiamo fare, è diventare ricercatori appassionati e sviluppare una seria preoccupazione riguardo l'intera Umanità e tutte le forme di vita. Coloro che hanno dentro questa passione, saranno i primi a risvegliarsi. Una volta che questi saranno trasformati, la loro presenza, il loro accresciuto livello di consapevolezza, aiuteranno spontaneamente gli altri a raggiungere stati più elevati di coscienza.

Il Caos è sempre un precursore dei cambiamenti di coscienza, e noi siamo certamente in un momento di Caos. Ricordate quindi che ogni prova viene sotto forma di disordine e divisione. Essa ci guida verso un superiore livello di ordine e unità. Siccome psicologicamente siamo inseparabili dal resto dell'Umanità, ogni individuo che si risveglia all'Unità, influenza automaticamente diverse migliaia di esseri, aiutandoli a crescere verso esperienze più profonde della Realtà, ed a scoprire nuovi modi di vivere ed amare.

Voi state creando un pianeta migliore, per il presente ed il futuro.

Namaste

 

IL GUERRIERO E L'EDUCAZIONE ALLA RICERCA INTERIORE

La parole più inflazionate di questo periodo sono tutte quelle che si riferiscono alla spiritualità ed alla ricerca interiore. In tal modo le parole perdono la potenza del loro autentico senso e non riescono a fare più presa. Si annacquano e si sviliscono. Pensiamo a "crescita interiore", "olistico", "iniziazione", "mantra", "essenza", "meditazione", "chakra" e persino "yoga". Ma queste parole devono essere adoperate perché non possono essere sostituite. Infatti il loro significato originario ha valore.

Moltissime persone “pretendono” oggi di fare una ricerca interiore senza essere state educate alla ricerca interiore.

Ritengo fondamentale che prima di iniziare una Ricerca Interiore sia necessario comprendere il senso di ciò che essa rappresenti, il vero significato delle parole e dei processi, la differenza tra ricerca psicologica ricerca spirituale.

Già nel 1986, quando vivevo a Roma, facevo dei corsi di Educazione alla Ricerca Interiore, in cui preparavo gli allievi a questo passo fondamentale della vita. Ovviamente in questo post non posso che accennare questo tema importante, suggerendo ai neofiti di riprendere l’ottima abitudine di riprendere lo studio dei testi tradizionali della spiritualità e delle opere dei Maestri riconosciuti che appartengono a un lignaggio che affonda le sue radici nelle tradizioni della filosofia perenne.

Testi come gli Yoga Sutra di Patanjali, la Baghavad Gita, La Sintesi degli Yoga di Sri Aurobindo, Considerazioni sulla Via Iniziatica di Guenon, la conoscenza del Vedanta, dello Zen e del Taoismo, dovrebbero far parte di una preparazione di base.

Invece ci si getta nelle braccia del nuovo “maestro” di moda, della nuova tecnica portentosa che “accelera” lo sviluppo e promette in poco tempo esperienze di illuminazione.
Pochi si rendono conto dello sforzo e dell’impegno continuo e costante che comporta la ricerca interiore, della frequenza del plagio nei cosiddetti ambienti spirituali, di quanto i propri vuoti e conflitti snaturino ed inquinino tale ricerca e di come sia frequente il fenomeno della cristallizazione, ovvero di quel processo che tende a cristallizzare la struttura dell’ego, mentre stiamo illudendoci di progredire. 

Ecco perché è così determinante l’Educazione alla Ricerca Interiore…

 

di Roberto Sassone

 

http://www.nonsoloanima.tv/sassone/index.php?entry=entry110322-085413

SADHANA, LA VIA ALL’ECCELLENZA PERSONALE

Non pensiamo a fare passi che ci conducano, un giorno, a una meta. Ogni passo deve essere in sè una meta.

 

Con la parola sanscrita Sadhana, in India, si indica una disciplina spirituale, cioè tutto l'insieme di pratiche e rituali che vengono eseguiti con regolarità e concentrazione dagli “Sadhaka”, gli aspiranti che hanno lo scopo di ottenere Moksha, la liberazione dai condizionamenti della vita. L'obiettivo di qualunque Sadhana è di conseguire la realizzazione nell’uomo della propria natura divina , tuttavia molto spesso in un percorso spirituale o di autoconoscenza profonda vengono intraprese svariate pratiche con il solo scopo di raggiungere obiettivi minori come ottenere una salute fisica migliore oppure lo sconfiggere una o più tendenze interiori : ad esempio la timidezza, il panico, la rabbia eccessiva. Un concetto meno orientale e certamente più diffuso oggi, che ci può aiutare a capire l’essenza di una Sadhana è “Essere Presenti A Se Stessi”, ossia essere consapevoli in ogni momento della nostra giornata di ogni nostra azione e di ogni pensiero, anche i più banali. Il progresso spirituale dopotutto è una cosa pratica, la teoria in sé non dà risultati, che si ottengono invece nel vissuto concreto della vita e non sono mai una manna che piove dal cielo.

La biologia e molte filosofie ci insegnano che il corpo e la mente sono i mezzi che ogni uomo ha a disposizione per vivere l’esperienza della vita terrena, siamo quindi tutti ricercatori che devono custodire ed elaborare i dati conosciuti e contemporaneamente sondare il nuovo e lo sconosciuto, dobbiamo provvedere a scaricare i bagagli inadeguati e fare posto agli equipaggi necessari al momento; per vivere l’esperienza della vita è indispensabile divenire esseri coscienti e fronteggiare i nostri impedimenti, quelle difficoltà che sembra ci vogliano distruggere, quelle sofferenze che non riusciamo a capire, indirizzando piuttosto l’attenzione a comprendere i messaggi che la vita vuole che elaboriamo attraverso gli eventi e i vissuti di ogni giorno, che hanno lo scopo di spingerci all’ evoluzione personale. La Sadhana degli indù è un percorso che dura tanto quanto la vita stessa dell’uomo, fatto di disciplina, di volizione, di impegno, di gioia di crescere.

Come ha affermato il Maestro Osho “la vita è un viaggio e non una meta”, è determinante che ogni passo del nostro cammino assuma un significato incisivo nel tempo in cui avviene, non serve tanto l’aspirare di raggiungere, chissà quando, le più alte vette.

Tuttavia i momenti di smarrimento, di crisi e stasi, non mancano neppure nella vita dei grandi iniziati, di coloro che sono guidati nel cammino da una Chiamata Superiore, basta leggere l’ “Autobiografia di uno yogi “ del grande Maestro Yogananda per averne conferma.

E scrive Paolo Coelho nel “Manuale del guerriero di luce”: “Il guerriero della luce si sta ridestando dal suo sonno. Pensa: non riesco a sopportare tutta questa luce che mi fa crescere. La luce tuttavia non scompare ed egli pensa: saranno necessari dei cambiamenti che non ho voglia di fare. La luce persiste perché la volontà è una parola piena di trucchi.”

“Più aumenta la consapevolezza, più aumenta l’astuzia dell’ego” afferma Roberto Sassone nel suo libro “Il guerriero interiore”. Chi, uomo o donna, si avvia nel cammino della crescita personale è inevitabile che periodicamente non si ritrovi dentro nuove crisi, oggi ancor più di ieri, essendo la nostra una società variegata e molto complessa. La vita non è un casuale cocktail di eventi, ogni vita ha un filo logico che pone sempre di fronte a situazioni e persone che fungono da stimolo a guardarsi dentro, chi vive superficialmente magari riesce a evitare l’introspezione anche per lungo tempo, ma un Sadhaka no, un Sadhaka comprende che si tratta di specchi che non può scansare, che certe cose accadono proprio perché lui si osservi profondamente.

 

da: http://www.solaris.it/indexprima.asp?Articolo=2117

IL GUERRIERO E I CINQUE PASSI DI TRASFORMAZIONE DELL'EGO

In un libro magistrale, Il Piacere (Astrolabio), Alexander Lowen traccia cinque passi che sono necessari per attuare una vera trasformazione della struttura del carattere.

Il primo è riuscire ad identificarsi con il proprio corpo. Infatti tutti i meccanismi di difesa che hanno lo scopo di reprimere e di rimuovere le emozioni che non sono accettabili nella storia individuale, irrigidiscono il nostro sistema vivente; a causa di ciò ce ne andiamo nella testa e perdiamo il contatto con il corpo, ovvero con noi stessi.

Il secondo è ilriconoscimento del principio del piacere, ovvero recuperare la capacità di espandersi, di pulsare e di creare; in poche parole ritrovare il piacere di vivere secondo le nostre istanze più autentiche.

Il terzo è l’accettazione delle proprie sensazioni. Esse infatti ci indicano qual è il vero rapporto con le differenti situazioni della nostra vita. Ma, se le sensazioni sono alterate e distorte dai meccanismi di censura interna, diventa alterato anche il criterio di valutazione degli eventi e delle scelte.

Il quarto è “la comprensione dell’interdipendenza di tutte le funzioni della personalità”. I pensieri sono determinati dalle emozioni che sono determinate dalle sensazioni corporee: ricordiamo di essere un sistema complesso in cui ogni nostra funzione è collegata alle altre e dipende da esse.

Il quinto è l’umiltà. Dice Lowen: “L’umiltà caratterizza la persona che accetta se stessa. Una persona simile non è né modesta, né arrogante”. Anche Lowen dà quindi all’umiltà un’importanza fondamentale.Tutto questo processo, afferma Lowen, deve avvenire nell’ambito di un percorso psicocorporeo perché un psicoterapia solo analitica e verbale non dà voce alle emozioni e alle sensazioni represse e “rafforza l’io a detrimento del corpo”; “Se il lavoro terapeutico si limita all’espressione delle sensazioni (e delle emozioni), incoraggia l’impulsività a spese dell’integrazione”.

 

di Roberto Maria Sassone

Cos'è "Atma pradakshina"?

 

Alla fine della Puja, è consuetudine fare " Atma pradakshina": cioè ruotare intorno a sè stessi in senso orario per 3 o 7 volte con le mani giunte in preghiera sulla testa e ad occhi chiusi. Il senso è orario perchè si suppone che Dio è sempre accanto a noi al nostro fianco destro, e noi si deve condurre sempre una vita retta sulla strada giusta del Dharma.

Atma è l'anima suprema, pradakshina è andare in giro: ciò significa che Dio è ovunque e andare attorno a Lui è impossibile. Ma significa anche che l'ego che l'ego che va in giro come un turbine deve essere assorbito, deve svanire in Atma. Un altro significato è che ogni vita è per noi come girare su noi stessi alla ricerca del Sè.

Infine, significa anche che dobbiamo renderci conto che siamo il Sè e che dentro di noi ruotano innumerevoli sfere; noi ci inchiniamo alla suprema divinità dentro di  noi e facendo "Atma pradakshina" chiediamo che tutte le omissioni e gli errori fatte in questa vita e nelle precedenti possano essere consumate in ogni "pradakshina".

 

 

Qual è lo scopo della vita? 
Se non potete fare pace con qualcuno e portare la pace a qualcuno, allora chi siete? Un vagabondo? 
Arrivate alla radice della vostra vita. 
Toccate e guarite, guardate e guarite, sentite e guarite. 
Siate. 

© The Teachings of Yogi Bhajan, July 2, 1984

Lo yoga non è una maniera di fare, ma una maniera di essere.

Il silenzio mentale secondo Aurobindo - Satprem

Meditazione attiva

Quando ci si siede, con gli occhi chiusi – per fare il silenzio mentale – si è immediatamente invasi da un torrente di pensieri che sorgono da tutte le parti, in maniera confusa e aggressiva. Non esiste un manuale con diversi metodi per venire a capo di questo baccano infernale; non c’è che da tentare e tentare ancora, pazientemente, ostinatamente. Soprattutto non c’è da commettere l’errore di lottare mentalmente contro la mente; bisogna spostare il centro. 

Ciascuno di noi possiede al di là della mente o ancora più in profondità, un’aspirazione; quella stessa aspirazione che ci spinse verso il sentiero dello yoga. Un bisogno intimo dell’essere, come se fosse una parola d’ordine con virtù solamente per noi, per noi soli. Aggrappandoci a questa aspirazione, il lavoro riuscirà più facile giacché passeremo da un’attitudine negativa ad un’attitudine positiva. Più ripeteremo la nostra parola d’ordine, più essa acquisterà potenza. Ma si può ricorrere anche ad un’immagine, come per esempio: quella di un mare immenso, senza una sola increspatura, sul quale ci abbandoniamo galleggiando fino a divenire parte di quella tranquilla immensità. Ci si lascia andare, dolcemente, seguendo il moto ondoso fino a che, a poco a poco, si viene assorbiti da quella tranquilla pace. 

Avremo in tal modo non solo il silenzio, ma anche l’allargamento della coscienza. 

Ognuno deve trovare il metodo che più gli si addice e quanto più completo sarà l’abbandono, più presto si riuscirà. 

"Si può cominciare con qualsiasi sistema – che normalmente richiederebbe un lungo lavoro – ed essere afferrati fin dal principio da un rapido intervento o da una manifestazione del silenzio, e ottenere effetti assolutamente sproporzionati ai mezzi utilizzati. S’incomincia con un metodo, ma il lavoro è preso in mano da una grazia proveniente dall’alto, da ciò a cui si aspira o dall’irruzione delle immensità dello Spirito. In questo modo io stesso ho trovato il silenzio assoluto della mente, inimmaginabile per me prima di aver avuto l’esperienza concreta". (Sri Aurobindo, On Himself, 1953 pag. 135). 

Abbiamo toccato qui un punto di singolare importanza, giacché saremmo indubbiamente tentati di pensare che queste esperienze yogiche sono veramente belle e interessanti, ma che in fondo sono ben lontane dalla nostra umanità ordinaria. Com’è possibile che noi – così come siamo – possiamo arrivare fin là? L’errore consiste nel fatto che si giudica con un “sé attuale” delle possibilità che appartengono ad un altro “se stesso”. Infatti, per il solo fatto di essersi messi in cammino, lo yoga sveglia automaticamente una gamma di facoltà latenti e di forze invisibili che vanno molto al di là delle possibilità esteriori del nostro essere e che possono fare per noi quello che normalmente saremmo incapaci di compiere. 

"... è necessario chiarificare il passaggio tra mente esteriore ed essere interiore... perché la coscienza yogica e i suoi poteri sono già in voi". (D. K. Roy, Sri Aurobindo Came to Me, 1952, pag.219) 

e il miglior sistema per “chiarificare” è quello di fare il silenzio mentale. Non sappiamo ancora chi siamo e nemmeno quello di cui siamo o non siamo capaci. 

Ma gli esercizi di meditazione, a dire il vero, non sono la vera soluzione del problema – quantunque, al principio, la loro spinta sia necessaria per dare l’impulso – perché potremmo anche arrivare ad un relativo silenzio, ma... appena messo il piede fuori dalla nostra stanza o dal luogo di isolamento scelto per la meditazione, ricadremmo ancora una volta nella ressa abituale e continuerà l’eterna separazione del ‘di dentro’ dal ‘di fuori’, della ‘vita interiore’ dalla ‘vita mondana’. Noi abbiamo bisogno di una vita completa, abbiamo bisogno di vivere la verità del nostro essere, tutti i giorni, in ogni momento, non solamente qualche volta oppure nella solitudine. 

"Rischiamo di incrostarci nella nostra reclusione spirituale... e dopo, trovar difficile proiettarci al di fuori, vittoriosamente, per applicare alla vita quello che avremo conquistato nella Natura Superiore. Quando vorremo annettere questo regno dell’esterno alle nostre conquiste interne, ci troveremo troppo abituati ad un’attività puramente soggettiva e non potremo esercitare una pressione efficace sul piano materiale. Avremo gran difficoltà a trasformare la vita esteriore e il corpo. Oppure ci accorgeremo che la nostra azione non risponde alla luce che ci illumina interiormente, ma che obbedisce ancora ai vecchi imperfetti influssi; un abisso doloroso separerà ancora la Verità che è in noi, dal meccanismo ignorante della nostra natura esteriore... come se vivessimo in un altro mondo, più vasto e più sottile, ma senza presa divina, o può darsi senza presa di nessuna specie sull’esistenza materiale e terrestre". (Sri Aurobindo, The Synthesis of Yoga, 1955 pag. 105). 

La sola possibile soluzione è quindi di praticare il silenzio mentale nell’ambiente e nel posto dove apparentemente sembra più difficile: in strada, in metropolitana, al lavoro e ovunque. Invece di passare quattro volte al giorno per il Boulevard Saint Michel come poveracci stanchi e obbligati a camminare svelti, si può passare le stesse quattro volte coscientemente, come ricercatori. Invece di vivere in un modo qualsiasi, sperduto in una moltitudine di pensieri – non solamente privi di interesse, ma che esauriscono sfibrando l’essere – si possono riunire i fili sparsi della coscienza e lavorare, lavorare su se stessi ad ogni istante. Allora la vita comincerà a prendere interesse, un interesse assolutamente inaspettato, perché le minime circostanze diventeranno l’occasione di una vittoria su se stessi. Avremo allora un orientamento, sapremo dove andare invece di camminare alla cieca. 

Lo yoga non è una maniera di fare, ma una maniera di essere.

 

Adattato da: Satprem. Sri Aurobindo. L'avventura della coscienza. Galeati. Imola. 1968

 

Japji Sahib - Sikh Prayer

In questo video potrete leggere il jap ji sahib dai sottotitoli ed ascoltare la corretta recitazione.

Il Jap ji sahib è la prima pratica della mattina della tradizione del Kundalini yoga.

Consiste in 40 pauri [sono delle strofe] la recitazione delle singole strofe è raccomandata a seconda delle necessità specifiche, con l’utilizzo di un MALA.

Per esploare cosa sia il jap ji e come sia una  straordinaria pratica per lo sviluppo della consapevolezza, tra qualche giorno scriverò un post.

Sat nam

 

Sri AmmaBhagwan Darshans and pooja

Augurio di Yogi Bhajan

Siete venuti qui da tutte le parti della terra, e continuerete a venire qui da tutte le parti della terra per secoli a venire. Questa terra ha il suo karma e il suo dharma, vi arricchisce ogni volta che venite qui, come ha fatto per secoli. E’ una tradizione, è un’abitudine ed è una benedizione. E' la dimora delle anime custodi di questo pianeta.

E ' una storia umana. Si tratta di un percorso che sarà sempre lì, che vivrà, fiorirà e si espanderà. Questo percorso appartiene a coloro che non sono di giaccio, i cui cuori non sono diventati di pietra, le cui teste non sono diventate così piene da non poter sentire la voce dell'anima. Questo percorso appartiene a coloro che renderanno giustizia a se stessi, che ascolteranno le loro anime e le loro passioni, mentali e spirituali, che non saranno spiritualmente ciechi o fanatici, e che non saranno troppo pigri per camminare. Questo percorso appartiene a coloro che, con tutte le loro forze e debolezze, continuano a servire gli altri.
Ed io vi prometto che coloro che serviranno gli altri, Dio onnipotente non ha altro potere che servire loro, questa è l'unica via. Il vostro potere non è nella vostra forza e debolezza, in ciò che mostrate e nelle vostre capacità, nei vostri titoli e nei vostri riconoscimenti, nel vostro denaro, e nei giochi che giochate. Il vostro potere è elevare gli altri. Chi eleva gli altri, Dio lo eleverà, perché è la volontà di Dio elevare tutti. Quando vivete nella vostra divinità, Egli non vi lascerà cadere.

Siamo tutti pionieri l'Età dell'Acquario. Nessun uomo può dare qualcosa ad un altro uomo che non sia amore. Nessun uomo può dare altro ad un uomo che non sia speranza. Nessun uomo può dare ad un altro uomo niente altro che servizio. L'unica cosa che potete fare è agire come un elevatore, muoversi nel fango e sollevare l'altra persona, adagiarla sul percorso in modo che possa proseguire. Voi mi ponete la domanda: "Se comincio a farlo tutto il tempo, cosa ne sarà di me?" Poi il grande elevatore chiamato Dio verrà, e Lui andrà nel fango e vi solleverà. C'è un affare migliore di quello?

Ricordate noi siamo qui per iniziare un'epoca, per avviare un’Era, per celebrare il passaggio dall'età dei Pesci nell'Era dell'Acquario. Siamo qui per festeggiare. Noi siamo i pionieri. Noi siamo i pionieri del Dharma. Chiniamo la testa in preghiera e apriamo i nostri cuori. camminiamo con lo spirito su questa terra benedetta.

Dovete essere intelligenti, imparare l'arte, attraversare il mondo e guarire le creature di Dio. Questo è il vostro lavoro, e ciò che in realtà direte è: "Ave, ave Guru Ram Das guarisci il mondo." 
Il vostro compito è quello di guarire il mondo e di elevare e sollevare tutti. Ognuno sarà guarito. Prendete una persona dal suo sé inferiore, alzate il fossato così da poterla sollevare. Il mantra del Età dell'Acquario è "tenete il passo", aiutate a sostenere tutti. Se non vi lasciate andare giù e non lasciate gli altri andare giù, Dio vi servirà. Egli non vi deluderà.

Che Dio vi guidi durante questo cammino. Che possiate capire che siete bambini benedetti e che avete un lavoro da svolgere. Possa il vostro cuore comprendere che Dio vi appartiene da sempre, dentro e fuori. Che il vostro dolore non tocchi il vostro domani, che le vostre benedizioni siano per tutti, che la vostra felicità sia condivisa, e che i vostri sorrisi possano dare speranza agli altri.


YOGI BHAJAN

METODO DEL CONSENSO - IL CERCHIO COL BASTONE

Per il superamento dei conflitti personalistici e della strategia della prevaricazione nelle assemblee, nelle associazioni, in ogni contesto dove è necessario raggiungere un obiettivo comune.
Per sviluppare un sistema decisionale/politico orizzontale e non più verticale, come la nostra società riproduce attraverso la dittatura della democrazia, del voto a maggioranza, dove le minoranze vengono emarginate e non comprese nè ascoltate. Dove la mancanza della Parola e della possibilità di esprimerla crea false divergenze, fazioni, frange ostili verso gli obiettivi necessari comuni. 
Per vivere l'essenza di una Comunità, tirare fuori il meglio di Noi Stessi e apprendere la capacità dell'Ascolto e del dare Voce alle proprie intenzioni.

 

Come funziona

 

Tutti i partecipanti si siedono in cerchio uno accanto all'altro (compreso il 13 elemento che ha la funzione del Facilitatore) ed insieme per prima cosa, mano nella mano, beatificano l'Unione, al cui centro vi è già il bastone della parola e i quattro elementi della vita, simbolicamente o espressamente visibili, attraverso una celebrazione detta anche cerimonia d'inizio (a seconda delle diverse tradizioni si medita rimanendo in silenzio per un minuto, si canta tre volte Om etc.)

 

 

http://pratichesostenibili.blogspot.com/p/metodo-del-consenso-il-cerchio.html

 

http://www.autistici.org/azione/consenso/index.html

COMPRENDERE L'AMORE

Buon Compleanno Yogi Bhajan

Yogi Bhajan
Yogi Bhajan

Oggi 26 Agosto, ricorre l'anniversario della nascita di Yogi Bhajan. Augurandogli "Buon Compleanno" con tutto il cuore, riporto alcune sue parole:
 
Definizione di uno Yogi

Lo Yogi non è influenzato dalle opposte polarità della vita
né dalle lodi né dalle calunnie, né dalla ricchezza né dalla povertà,
né dalla salute né dalla malattia, né dalla vita né dalla morte.

La Volontà di Dio è la volontà dello Yogi.
Lui o lei arrende la sua personale volontà alla Volontà di Dio.

Quando Kundalini, la forza primordiale del Prana (energia vitale),
penetra e prevale attraverso i Chakra, lo Yogi rimane stabile alle bizzarrie del Karma e cammina il piano sentiero del Dharma.

Il Raj Yogi è un saggio e un re di fronte a tutte le tentazioni, situazioni, eventi, circostanze. Coloro che meditano su Guru Ram Das sono benedetti con il miracolo di essere dei saggi regali attraverso i secoli.

Yogi Bhajan, settembre 1995

 

Breve biografia:

Yogi Bhajan, un Maestro di Kundalini Yoga dall'età di 16 anni - di per sé una rara impresa - diede la sua prima lezione in Occidente nella palestra di una scuola di Los Angeles il 5 gennaio 1969. Quindi, all'età di 39 anni, emigrato di recente dall'India, aveva lasciato una carriera governativa al fine di realizzare la visione di portare il Kundalini Yoga in Occidente. Non importa che non una sola persona era presente quella sera; egli era venuto ad insegnare e procedette a parlare con la sala vuota.
 
Nella turbolenta cultura della droga degli anni '60, Yogi Bhajan allungò la mano ai giovani. Riconobbe che la loro sperimentazione con le droghe e con gli "stati alterati di coscienza", esprimevano un desiderio profondo di vivere un olistico e liberatorio senso di consapevolezza, un desiderio di famiglia, per connettersi con se stessi e l'un l'altro. Presto si resero conto che gli stupefacenti, nella migliore delle ipotesi, procuravano una semplice imitazione della pace e dell'euforia interna che essi avrebbero potuto ottenere naturalmente con il Kundalini Yoga e, nel peggiore dei casi, procuravano debilitanti effetti collaterali fisici e mentali. Così i giovani cominciarono ad affollare le sue lezioni. Egli creò una famiglia, conosciuta come 3HO (Healthy, Happy, Holy Organization) e presto, molti centri di insegnamento si diffusero negli Stati Uniti e in tutto il mondo.

Egli scatenò un movimento le cui ramificazioni hanno avvolto la nostra cultura. Yogi Bhajan ha aperto la strada, che oggi, dopo oltre 30 anni di sforzi da parte della 3HO e del Kundalini Research Institute, ha permessolo allo Yoga e alla meditazione di guadagnarsi l'accettazione diffusa in Occidente. Questa attenzione popolare sorge non solo dai benefici dimostrati dello Yoga e della meditazione, ma dall'interesse crescente del pubblico per la spiritualità e uno stile di vita sano.
 
Nato il 26 Agosto 1929 con il nome di Harbhajan Singh in quello che oggi è il Pakistan da una famiglia di guaritori e leader di comunità, Yogi Bhajan studiò religione comparata e filosofia vedica nei suoi anni universitari, fino a ricevere il suo Master in Economia con lode presso l'Università del Punjab. Anni dopo, conseguì il suo Ph.D. in Psicologia della Comunicazione presso la University of Humanistic Studies di San Francisco.

Egli emerse come un leader religioso, della comunità e degli affari con una reputazione di uomo di pace, di vedute ampie, saggio e compassionevole. Ha scritto e pubblicato oltre 30 libri su argomenti che spaziano dalla spiritualità e coscienza alla comunicazione e psicologia. Ha fondato diverse aziende alimentari che producono e distribuiscono prodotti naturali sulla base dei suoi insegnamenti. Egli ha favorito lo sviluppo economico di ogni comunità in cui ha partecipato, conducendo annualmente seminari di lavoro, ed è autore di diversi libri che forniscono indicazioni sia agli aspiranti imprenditori che ai dirigente d'azienda esperti. Come Siri Singh Sahib, leader Sikh dell'emisfero occidentale, ha incontrato Papa Giovanni Paolo II per discutere di dialogo interreligioso e ha lavorato fianco a fianco con il Dalai Lama e l'Arcivescovo di Canterbury per favorire la pace nel mondo.

E' morto negli Stati Uniti il 6 Ottobre 2004.

da: http://satnamsatnam.blogspot.com/

PERCHE' PREGARE

IO SONO UNO

La percezione è stato il primo momento della Creazione - in effetti era la causa - il desiderio di riflettere su di sé.

E' iniziato come uno specchio, desideroso di appartenere al suo riflesso .... il Sé, al Sé. Dato che il desiderio e l'appartenenza sono uno nello stesso, nessun testimone esisteva prima di questo primo momento.

Un'illusione era necessaria per creare la definizione di Creazione.

La Vita, intangibile senza un testimone, aveva bisogno di essere appresa .... bisogno di essere vissuta attraverso le percezioni apprese. Il cibo dell'esperienza desiderava i sensi e le sensazioni per essere apprezzato .... la vita richiede il vivere.

Una volta che il gusto della vita fu appreso, questa esperienza si affezionò ai sensi. Il compito della liberazione è disimparare questo attaccamento ai sensi.

Quando i nostri sensi vengono ignorati, potremmo trascendere alcune parti del tempo ma abbiamo ancora paura della morte che è richiesta per passare attraverso le porte di questa illusione e che fa la guardia al piano spirituale.

Spendiamo vite come un prigioniero di questa paura, andando e venendo, venendo e andando - con prove e fallimenti su tentativi ed errori.

Il concetto di vita è stato costruito intorno a questi tentativi - questi si chiamano lezioni di vita - questi errori sono diventati il nostro stile di vita.

La lezione più importante della vita - la fase finale del nostro studio - è quella di riconoscere oltre il mero sapere, che non esiste una cosa come la morte.

Noi continuiamo il ciclo - di andare e venire nel corso della vita - fino a quando di questa lezione, ne diveniamo padroni. Una volta acquisita la padronanza, la paura si dissolve nel coraggio e l'intero Cosmo diventa la nostra accogliente casa. Quando il Cosmo intero è casa, non c'è spazio al di là di questo conforto.

Quando non c'è uno spazio disagevole, non c'è un tempo disagevole .... nemmeno il futuro sconosciuto è disagevole.

Quando non c'è disagio, non vi è separazione e quel primo momento di percezione è annullata .... i sensi sono distaccati .... il testimone respinto .... la percezione smantellata.

Il desiderio scompare in un connubio perfetto - un matrimonio perfetto - la Coscienza diventa legata all'Anima piuttosto che al Corpo .... nessun testimone, nessun desiderio, nessuna percezione, nessuna separazione .... Akal .... l'immortalità prevale ovunque. Il compimento dell'illusione (Maya) è completo.

Io sono Uno.

Fonte: Guru Singh; Traduzione di Onkar Singh

SANGEET KAUR SUL KUNDALINI YOGA

La Storia di Come sono Diventato Ricco

Uno studente pose a Yogi Bhajan la seguente domanda:


"Donare, è un atto di Dio ?"


Yogi Bhajan rispose: "No, no, no, no. Affatto. Si tratta di un atto perfettamente egoista. Hai mai sentito parlare di quando sono diventato ricco ? Senti questa. Parola per parola, è l'esatta verità.


Insegnavo in una classe al Centro Culturale Est-Ovest. E feci un meraviglioso lavoro. C'erano trecento dollari ed oltre raccolti con quella classe. Non so esattamente quanto. Ma so sicuramente che, centocinquanta e alcuni centesimi, mi furono dati in una busta. Era il mio cinquanta per cento di quella lezione. Questo è quello che fanno. Si va. Ti pubblicizzano. Si insegna in quel Centro. E di tutti i soldi che arrivano in quel giorno, il cinquanta per cento è dato all'insegnante e il cinquanta per cento va al Centro.

Così accadde. Poi il direttore del Centro porta l'insegnante a cena fuori. Ora questa signora, il direttore, era molto spirituale, molto ferrata con le Scritture e molto più saggia di me. Ero molto felice con lei e lei era molto felice con me, perché quando lei parlava delle Scritture, da qualche parte nel testo, le davo delle spiegazioni sulla comprensione delle Scritture. Io non sono molto bravo con tutta questa conoscenza libresca, ma certe cose le conosco.

Lei disse: "Oggi la tua lezione è stata così piacevole. Voglio solo portarti a mangiare. Per favore vieni con me". Era così forzatamente gioiosa.

Le dissi: "Beh, sembra che ci sia una tempesta dietro il sole"

"Che cosa può essere ?"

"Vedremo"

Quando arrivammo al ristorante, sul lato c'era un palo. In piedi accanto al palo c'era un bellissimo uomo di colore, ben vestito. E lui stava dicendo: "Io non voglio elemosinare e non voglio che tu mi aiuti, ma ho figli. Ho una vita e ho una famiglia. Sto vendendo queste matite. Puoi acquistare queste matite per qualsiasi importo, perché io sono cieco e non riesco a vederlo. Ma spero che entro la fine della giornata ci sarà un profitto e io possa prendermi cura della mia famiglia".

Quando sentii ciò, consegnai la mia busta a lui e presi una matita.

Lei vide quello che stavo facendo e ... Dio, quella donna divina divenne un fuoco vivo. Mi disse: "Che hai fatto ? Sai, questo è quello che fanno gli Indiani. Hai incoraggiato l'accattonaggio". Fu assai rude.

Io dissi: "Ohhhhh !". Fu la mia prima esperienza; divenni consapevole della prepotenza in una donna Americana. Fino a quel momento stavo bene.

Dissi: "Che cosa ho fatto ?"

"Hai preso una matita per centocinquanta dollari. Lo sai che avresti potuto prenderne un'autotreno ?"

"Non ho bisogno di un'autotreno di matite."

"Perché hai preso una matita ?"

"Voglio questo matita per scrivere la mia fortuna."

"E tu hai pagato centocinquanta dollari per questo ?"

"No. Ho pagato molto meno. Non ho pagato nulla"

"Io non ti capisco. A te non piace il denaro. Tu non ami il denaro."

Io dissi: "Io amo il denaro molto più di te. Io amo i soldi. Non ti preoccupare di questo. Volevo solo questa matita per scrivere la mia fortuna. Ho pagato i soldi che hai dato a me."

Lei disse: "Non ci posso credere".



Nel frattempo, entrammo nel ristorante. Allora sai cosa disse lei ? Lei disse: "Va bene. Ti insegnerò qualcosa di pratico".

"Certo"

"Non ho intenzione di pagare per la tua cena"

"Certo"

"Questo ti mostrerà cosa succede quando non hai soldi"

Io dissi: "Certo. Va tutto bene"

Così, presi il mio piatto nel luogo in cui prendi la tua insalata, e prendi questo e quello e presi tutto quello che volevo mangiare. Camminai fino alla cassa e la cassiera disse: "Grazie, signore". Non disse questo. Io soltanto andai lì, presi le cose dal vassoio e le misi sul tavolo. Eravamo circa tre o quattro persone, e quando il direttore venne, la cassiera le disse: "Grazie, signora. Può passare".

Lei disse: "Chi ha pagato per questo ?"

La cassiera disse: "E' tutto pagato"

Così, sentendosi piccola piccola lei venne a sedersi accanto a me. Nel frattempo, la cameriera venne e portò una sessantina di dollari e li diede a me. Immagina. Non avevo un portafoglio. Non avevo un dollaro. Non avevo un soldo. Il direttore mi aveva detto che non aveva intenzione di pagare e allora dissi alla cameriera, "Li dia a lei".

La cameriera disse: "No, no. E' per lei signore. E' per lei".

"Perché per me ?"

"C'è stato un suo allievo seduto qui. Mi ha lasciato un centinaio di dollari e ha detto: "Il mio insegnante è in arrivo. Tutte le persone che sono con lui non devono pagare e il resto datelo a lui". Così sto solo facendo quello che ha detto".

Guardai il direttore e dissi: "Non hai pagato ?"

"No"

"Hai pagato tu ?"

"Sì".

Dissi: "Vedi come Dio opera ?". E tirai fuori dieci dollari e li diedi alla cameriera che disse, "Oh mio Dio. Grazie. Grazie. Grazie".

Poi diedi al direttore i circa cinquanta dollari rimanenti.

Lei mi chiese: "Perché ? Non capisco. Tu sembri così felice".

Allora dissi: "Oggi il mio Guru e il mio Dio mi hanno fatto donatore. Prima di questo, ero un beneficiario. Ero alla tua mercé. E quando lo hai messo alla prova, il Guru è arrivato. Mi ha salvato all'ultimo minuto. Io sono molto arrabbiato con lui per questo. Ma poichè Lui lo fa sempre, io sono molto grato. Ho visto il mio Guru. Ho visto Lui in azione. Sono grato".

da "Success and the Spirit - An Aquarian Path to Abundance" di Yogi Bhajan


- Traduzione di Onkar Singh

 

 

 

LE 20 CHIAVI DELLA CREAZIONE CONSAPEVOLE

Chiave 1: La Matrix Divina è il contenitore dell’Universo, il ponte tra tutte le cose e lo specchio che ci mostra cosa abbiamo creato.

Chiave 2: Tutte le cose nel nostro mondo sono connesse tra loro.

Chiave 3: Per poter utilizzare la forza dell’Universo dobbiamo noi stessi essere parte del mondo e non separarcene.

Chiave 4: Quando due cose si uniscono, restano sempre connesse, sia che ci sia ancora il contatto fisico o no.

Chiave 5: L’Atto di focalizzare la nostre Coscienza è un atto di Creazione. È la Coscienza a creare!

Chiave 6: Noi abbiamo tutto il potere per creare tutti i cambiamenti che vogliamo.

Chiave 7: Il centro della nostra attenzione diventa la realtà del nostro mondo.

Chiave 8: Dire semplicemente che scegliamo una realtà diversa non è sufficiente!

Chiave 9: Il “sentire” è il linguaggio per parlare alla Matrix Divina. Sentite come se il vostro obiettivo fosse stato già raggiunto e la vostra preghiera sarà esaudita.

Chiave 10: Non tutte le emozioni creano. I sentimenti senza ego e giudizi sono quelli che creano.

Chiave 11: Dobbiamo diventare nelle nostre vite quelle persone che vogliamo incontrare nel mondo.

Chiave 12: Noi non siamo limitati dalla leggi della fisica come crediamo di essere.

Chiave 13: In un olografico “qualcosa”, ogni parte di questo qualcosa riflette come uno specchio il qualcosa stesso.

Chiave 14: L’Universalmente connesso ologramma di Coscienza promette che nello stesso istante in cui preghiamo o esprimiamo i nostri desideri, essi sono stati già esauditi.

Chiave 15: Attraverso l’ologramma della Coscienza, anche il più piccolo cambiamento nella nostra vita viene riflesso nel mondo.

Chiave 16: Il numero minimo di persone richiesto per avviare un cambiamento nella coscienza è l’1% della popolazione mondiale.

Chiave 17: La Matrix Divina nel nostro mondo serve da specchio per le relazioni che creiamo con le nostre convinzioni.

Chiave 18: Le cause delle nostre esperienze “negative” possono essere ridotte a tre paure universali ( o una combinazione di esse): paura dell’abbandono, mancanza di autostima e mancanza di fiducia.

Chiave 19: Le nostre vere convinzioni sono riflesse nelle nostre più intime relazioni.

Chiave 20: Dobbiamo diventare noi stessi tutte quelle cose che scegliamo di sperimentare nel nostro mondo.

 

Tratto da “The Divine Matrix” (La Matrix Divina) di Gregg Braden

 

SE STAI CERCANDO LA LIBERAZIONE

Janaka disse:


Come si può acquisire la Conoscenza? Come conquistare la Liberazione? E come raggiungere il distacco?

Dimmi questo, Signore.


Ashtavakra rispose:


Se stai cercando la Liberazione, mio prediletto, rifiuta gli oggetti dei sensi come veleno. Dissetati con il nettare della tolleranza, con la sincerità, la compassione, la contentezza, la verità.

Tu non se né la terra, né l'acqua, né il fuoco, né l'aria, né l'etere. Per conquistare la Liberazione conosci te stesso come sostanziale consapevolezza, il testimone delle cinque sostanze. Solo se resterai stabilmente nella consapevolezza, vedendoti ben distinto dal corpo, fin da subito diventerai felice, pacificato e libero da tutti i legami.


Tu non appartieni ai bramini, ai guerrieri o a qualsiasi altra casta, tu non sei in alcuno stadio di vita, non sei nulla di ciò che i tuoi occhi possono vedere. Sei privo di attaccamento e di forma, il testimone di tutto - dunque sii beato, ora. Giusto e ingiusto, piacere e dolore appartengono soltanto alla mente e non ti riguardano. Tu non sei l'agente o il fruitore delle conseguenze dell'agire; tu sei sempre libero.

Tu sei l'unico testimone di tutto, completamente libero. La causa della sofferenza è nel ritenere il testimone qualcosa di diverso da questo. Finché sei stato ingannato dal nero serpente dell'opinione di te stesso, hai creduto stoltamente: "io sono colui che agisce"; ora dissetati col nettare dell'evidenza: "io non sono colui che agisce", e sii felice ora. Brucia la foresta dell'illusione con il fuoco della comprensione.


Conosci: "io sono Pura Consapevolezza" e sii felice delle ceneri, libero dall'angoscia. Poiché tutto ciò che si vede non è diverso da un serpente immaginato dove c'è solo una corda; ma tu sei quella gioia, la suprema conoscenza e consapevolezza; ora, sii felice. Se qualcuno crede di essere libero, è libero; se crede di essere legato, è legato. Perciò è vero il detto: "Si diventa ciò che si pensa".

La tua vera natura è perfettamente unitaria, libera, consapevolezza senza azione; il testimone di ogni cosa - senza attaccamento, senza desideri, in pace. E' solo l'illusione che ti mostra coinvolto in altre condizioni. Medita te stesso come consapevolezza immobile, libera da ogni dualismo, abbandona l'idea erronea di essere solo una coscienza limitata; qualunque oggetto interno o esterno è falso. Sei stato a lungo ingannato dall'identificazione con il corpo. Distingui con la lama della conoscenza: "Io sono consapevolezza", e sii felice, mio caro.


Tu sei già realmente libero e non agente, auto-illuminato e senza macchia. La causa del tuo sentirti legato è che ancora perseveri nel fermare la mente. Tutto questo è sostanziato di te e prolungato da te, poiché tu sei fatto di pura consapevolezza - dunque non essere meschino.

Tu sei incondizionato e immutabile, senza forma e senza movimento, insondabile consapevolezza, imperturbabile - dunque ritieniti null'altro che consapevolezza. Riconosci che l'apparenza è irreale ed effimera, mentre l'immanifesto è permanente.

Con questa sola iniziazione alla verità, eviterai di cadere di nuovo nell'illusione. Come uno specchio esiste separatamente dall'immagine che riflette, così il Supremo esiste insieme e separatamente a questo corpo. Così come lo stesso spazio esiste all'interno e all'esterno di una giara, così l'eterno, immutabile Essere, esiste nella totalità dell'esistente.

(Ashtavakra Samhita - Capitolo I)

 

 

CREA L’EFFETTO E STA A VEDERE... LA CAUSA SEGUIRÀ

Da questo preciso momento cerca di essere felice e beato.


Vi voglio parlare di una delle più profonde leggi dell’esistenza, perché può darsi benissimo che non ci abbiate mai pensato. Avrete sentito parlare – tutta la scienza ne viene a dipendere – della legge di causa ed effetto. Voi create la causa, e l’effetto segue da solo. La vita è un nesso causale. Lasciate che il seme cada nella terra arata, e germoglierà. Se esiste la causa allora l’albero seguirà. C’è una fiamma accesa – ci metti sopra la mano e ti bruci: alla causa è seguito l’effetto. Prendi del veleno e muori. Produci la causa e l’effetto non può che seguire. Questa è una delle leggi scientifiche più importanti, causa/effetto è il nesso più profondo di tutti i processi vitali. Ma la religione conosce un’altra legge, una seconda legge che è ancora più profonda. Questa seconda legge è tale che se non la pratichi e non la sperimenti ti sembrerà assurda.

La religione dice: produci l’effetto e la causa deve seguire. Questo è assolutamente assurdo in termini scientifici. La scienza dice: se è presente una causa, l’effetto seguirà. La religione dice: è vero anche il contrario - crea l’effetto e sta a vedere... la causa seguirà.
Sei in una situazione che ti rende felice. È venuto a trovarti un amico, ti ha chiamato qualcuno che ami; la situazione è la causa – e tu sei felice. La felicità è l’effetto, la causa è l’arrivo dell’amante. La religione dice: sii felice e l’amato arriva. Crea l’effetto e la causa deve seguire. E questa è la mia stessa esperienza, che la seconda legge è molto più importante della prima. L’ho usata e l’ho vista funzionare. Sii felice e l’amante arriva. Sii felice e vengono gli amici. Sii felice e tutto succede come conseguenza.
E non è solo che tu semini e l’albero cresce – perché una volta che c’è l’albero vi sono milioni di semi. Se la causa è seguita dall’effetto, l’effetto è seguito a sua volta dalla causa. È questa la catena. E allora diventa un circolo, puoi cominciare da dove vuoi – creare la causa o l’effetto...
E io vi dico: è più facile creare l’effetto – perché l’effetto dipende soltanto da voi, mentre la causa può non dipendere da voi. Se dico che sono contento solo in compagnia di un amico, la mia felicità dipende dall’amico... se lui c’è o non c’è. Se dico che non posso essere felice finché non ho un sacco di soldi, la mia felicità dipende da situazioni esterne – che possono anche non verificarsi, per cui io non posso più essere felice.
La causa è aldilà di me, l’effetto è dentro di me, la causa è in quello che mi circonda, nelle situazioni – la causa è fuori. L’effetto sono io stesso! Se posso creare l’effetto, la causa seguirà. Scegli la felicità – questo significa scegliere l’effetto – e poi sta a vedere quello che succede... Scegli l’estasi e sta a vedere... scegli la beatitudine e sta a vedere… La tua vita viene immediatamente a cambiare – cominciano ad accadere miracoli. Perché ora hai creato l’effetto e le cause dovranno seguire. Sembrerà una magia: puoi anche chiamarla ‘legge della magia’ se ti piace. La prima è la legge della scienza e la seconda quella della magia.

La religione è magia – e tu puoi essere un mago. E questo vi insegno: a essere maghi, e conoscere i segreti della magia. Provaci! Hai sperimentato l’altra possibilità per tutta la vita – e non solo in questa vita, ma anche in tante altre. Adesso stammi a sentire! Prova questa formula magica, questo mantra: crea l’effetto e sta a vedere... le cause seguono immediatamente, ti circondano. E non stare ad aspettare le cause, hai aspettato abbastanza. Scegli la felicità e sarai felice. Che problema c’è? Com’è che non potete scegliere? Com’è che non sapete far funzionare questa legge? Perché la vostra mente, tutta la mente, condizionata com’è dal pensiero scientifico, dice che se non siete felici, e provate a esserlo sarà una felicità artificiale; che se non siete felici, e cercate di esse felici sarà solo una recita, non sarà un’esperienza reale. Questo è ciò che dice la scienza: che non sarà reale, sarà solo una recita.

Ma tu non sai... L’energia della vita ha le sue vie segrete: se sai recitare totalmente, la recita diventa realtà. L’unico requisito è che l’attore sparisca, sii totale così che non ci sia più differenza. Se reciti a metà, tutto rimarrà artificiale. Se ti dico di danzare, cantare ed essere estatico e tu ci provi solo a metà, solo per vedere quello che succede e nel profondo te ne stai a guardare e continui a pensare: “È tutto artificiale, ci sto provando ma la cosa non succede, non mi sento spontaneo”, allora sarà solo una recita, una perdita di tempo. Se ci provi, prova con tutta la tua intensità, con tutto il cuore. Non rimanere lì a guardare, entraci dentro, diventa la recita. Dissolvi l’attore nella rappresentazione e sta a vedere: la recita diventa reale. E allora sentirai che è un fatto spontaneo: non l’hai creata tu, è qualcosa che è semplicemente successo. Ma se non sei totale non succede; crea l’effetto, immedesimati totalmente e osserva i risultati.

Non ti sto parlando di una teoria o di una dottrina. Sii felice e in quel culmine di felicità vedrai che tutto il mondo è felice con te. C’è un vecchio detto: piangi, e piangerai da solo, ridi e tutto il mondo riderà con te. Anche gli alberi, i sassi, la sabbia, le nubi, se sai creare l’effetto ed essere estatico, danzeranno con te. E allora l’intera esistenza sarà danza e celebrazione. Ma dipende da te – se sai creare l’effetto. E io ti dico che lo puoi creare. È la cosa più facile del mondo. Sembra difficile solo perché non ci hai ancora provato. Provaci!

(Osho)

Tratto da: La Mia Via, la Via delle Nuvole Bianche ed Mediterranee

 

ONENESS BLESSING

Il Oneness Blessing o Diksha è una energia disponibile ovunque nel mondo con lo scopo di aiutare la coscienza dell'individuo ad avvicinarsi ad uno stato di unità. Oneness Diksha in sanscrito significa “benedizione”, e il fenomeno indica il passaggio di un’energia divina concepita per portare, col tempo, lo stato di Unità in chi la riceve. La scienza è in grado di rilevare gli effetti che il diksha produce ma, paradossalmente, spiegare cos’è sembra meno facile. L’effetto registrato è l’induzione di un processo neurobiologico che, rallentando l’attività dei lobi parietali del cervello - responsabili del senso di separazione tra noi e ciò che ci circonda - aiuta a trasformare la percezione che abbiamo di noi stessi e del mondo.

Il cambiamento a livello neurobiologico che il diksha innesca, una volta completato, libera le percezioni sensoriali dall’interferenza della mente. E quando i sensi nonsono più annebbiati dall’interpretazione della mente, c’è una naturale chiarezza di percezione, accompagnata da spontanei sentimenti di gioia, calma interiore e senso di unità con tutte le cose.


Il Diksha può essere canalizzato e trasmesso tramite coloro che hanno ricevuto una particolare iniziazione da un Trainer della Oneness University, India. Per diventare Diksha giver bisogna aver partecipato con successo al corso "Oneness Awakening".
Generalmente, il Diksha viene trasferito tramite le mani del Diksha Giver dal momento che questi le posa con leggerezza sulla testa del ricevente. Esso può però anche avvenire senza alcun contatto ma solo con l’intento oppure in casi particolari anche tramite gli occhi.

Che effetti ha il Diksha?


Il Diksha sviluppa l’apertura della nostra coscienza verso l’unità con tutte le forme di vita presenti sul nostro pianeta, mettendoci in collegamento con il nostro sé superiore. Questo comprende tutti gli aspetti interiori ed esteriori e ci porta a sviluppare in modo assolutamente naturale una pace profonda sia in noi stessi sia con l’ambiente che ci circonda.

Il Diksha permette un’armonizzazione energetica anche a livello corporeo affinché la capacità di sentirsi un tutt’uno possa diventare una componente quotidiana e duratura della nostra vita.

L’energia cosmica trasmessa viene percepita in modo diverso da ogni individuo, poiché ognuno si trova in un punto diverso del suo sviluppo. La maggior parte delle persone percepiscono subito una grande trasformazione nella loro coscienza, altre invece possono sentire solo un vago cambiamento e c’è pure chi non sente assolutamente nulla.

Si possono avere delle esperienze transpersonali, sperimentare guarigioni emotive e fisiche, avere accesso a delle parti di sé che finora si è preferito ignorare o reprimere oppure vivere uno stato di assoluta felicità. Si possono vivere degli stati di leggerezza e profonda lucidità mentale, estasi, sensazioni di caldo e freddo, e molto altro. Non di rado si arriva a risolvere problemi esistenziali e a sanare relazioni interpersonali complesse.

Ogni Diksha ci avvicina un po’ di più all’unità cosmica. Alcune persone sono in grado di percepire, anche se per brevissimo tempo, uno stato di consapevolezza superiore dopo un solo Diksha, a seconda dell’apertura che hanno e degli ostacoli karmici psicologici e intellettuali che la loro psiche deve affrontare e superare. Altri invece hanno bisogno di ricevere molti più Diksha. Un Diksha è come un seme che porta prima o poi il ricevente a risvegliarsi e ad essere in unità con il Divino.

L’effetto del Diksha pare essere più rapido quando le persone riescono ad essere libere dalle proprie identificazioni. 

Il testo qui presentato è stato tratto da:

Quaderni di studio THEOSOPHIA - Stampato in Torino, nel mese di Ottobre 1976
Prima edizione italiana, per la Libreria Editrice Teosofica – Torino.
Traduzione dalla Prima edizione Indiana della Theosopy Company del 1965 a cura dei Gruppi Studio LUT di Roma e di Torino.

Abbiamo estratto dalla lunga prefazione, ciò che si riferisce al contenuto filosofico del testo.
Per quanto riguarda Gli Aforismi il testo è stato trascritto integralmente.


GLI AFORISMI DELLO YOGA

di

PATANJALI

 

 

Versione e commento di
WILLIAM QUAN JUDGE

 

PREFAZIONE

Alla prima Edizione Inglese

……….

Per comprendere il sistema esposto in quest’opera è pure necessario ammettere l’esistenza dell’anima ed in confronto la non importanza del corpo fisico che essa abita. Poichè Patanjali sostiene che la Natura esiste solo per l’interesse dell’anima, nell’esistenza della quale è scontato che lo studente creda. Quindi egli non si prende la pena di provare ciò che ai suoi tempi era ammesso da tutti. E siccome egli afferma che il reale sperimentatore e conoscitore è l’anima e non la mente, ne consegue che quest’ultima, definita un "organo interno" o "principio pensante", benchè più elevata e sottile del corpo, non è altro che uno strumento adoperato dall’anima per acquisire delle esperienze, nella stessa maniera in cui un astronomo adopera il suo telescopio per ottenere delle informazioni sui cieli. Ma la mente è un fattore importantissimo nel conseguimento della concentrazione; questa, d’altra parte, non può essere ottenuta senza la mente, ed osserviamo che perciò nel Libro I Patanjali vi dedica la sua attenzione. Egli dimostra che la mente è, come egli la definisce, "modificata" da tutti gli oggetti o soggetti che le sono presentati o verso i quali è rivolta. Questo può essere ben illustrato dalla citazione di un brano del commentatore: "L’organo interno è paragonato (nel Vedanta Paribbasha) all’acqua, a motivo della sua capacità di adattarsi alla forma di qualsiasi modello. Come le acque di un serbatoio, defluendo attraverso un’apertura, passano per un canale in bacini e prendono una forma rettangolare o un’altra forma, secondo la geometria del recipiente che le contiene, nello stesso modo l’organo interno, manifestandosi, passa per la vista o per un altro canale, per raggiungere un oggetto – per esempio una brocca – e si modifica secondo la forma della brocca o di un altro oggetto. É questa condizione alterata dell’organo interno – o mente – che è chiamata la sua modificazione". Mentre l’organo interno si modella in tal modo sull’oggetto, nello stesso tempo riflette tale oggetto e le sue proprietà, sull’anima. I canali attraverso i quali la mente è obbligata a passare per giungere ad un oggetto o ad un soggetto, sono gli organi della vista, del tatto, del gusto, dell’udito, etc… Così, dunque, attraverso l’udito essa assume la forma dell’idea che può essere data con la parola o, attraverso gli occhi, dalla lettura, prende la forma di ciò che è stato letto, ed ancora, le sensazioni quali il caldo e il freddo la modificano direttamente e indirettamente per associazione e ricordo, e ugualmente avviene nel caso di tutti i sensi e di tutte le sensazioni.

É inoltre risaputo che quest’organo interno, pur avendo un’innata disposizione ad assumere l’una o l’altra modificazione che sono in funzione di un costante ritorno degli oggetti – sia che questi ultimi si presentino direttamente, sia che, per associazione od altrimenti, provengano unicamente dal potere di riproduzione del pensiero – può essere controllato e ridotto ad uno stato di calma assoluta. É proprio questo che Patanjali intende con "impedire le modificazioni". Si vede bene in questo caso, la necessità della teoria che fa dell’anima la reale esperimentatrice e conoscitrice. Poichè se noi fossimo solo la mente o degli schiavi della mente, non potremmo mai raggiungere la reale conoscenza, perchè l’incessante panorama degli oggetti modifica continuamente quest’organo non controllato dall’anima, impedendogli sempre di raggiungere la vera conoscenza. Ma poichè l’Anima è considerata superiore alla mente, essa ha il potere d’impossessarsene e di tenerla sotto controllo, a condizione però che noi utilizziamo lavolontà per aiutarla in questo lavoro. É allora solamente che si realizzano il fine reale ed il vero scopo della mente.

Queste tesi implicano che la volontà non è completamente dipendente dalla mente ma che può esserne separata e, inoltre, che la conoscenza esiste come un’astrazione. La volontà e la mente non sono che dei servitori a disposizione dell’Anima. Ma da così lungo tempo siamo dominati dalla vita materiale e non ammettiamo che il reale conoscitore – e il solo sperimentatore – è l’anima, che questi servitori restano gli usurpatori della sovranità dell’anima. É per questo che nelle antiche opere Indù si afferma che "l’Anima è l’amica del sé ma anche la sua nemica" e che l’uomo deve elevare il sé attraverso il Sé".

In altre parole, c’è una lotta costante tra il sé inferiore ed il Sé Superiore. Le illusioni della materia intraprendono di continuo una guerra senza tregua contro l’Anima, tendendo sempre a trascinare verso il basso i principî interiori i quali, essendo situati in posizione mediana tra il superiore e l’inferiore, sono capaci di raggiungere sia la salvezza che la dannazione.

Negli Aforismi non c’é alcuna allusione alla volontà. Essa pare sottintesa, sia come una realtà ben compresa ed ammessa, sia come uno dei poteri dell’anima stessa di cui non si discute. Numerosi antichi Autori Indù ritengono, e noi siamo disposti ad adottare il loro punto di vista, che la Volontà è un potere spirituale, una funzione o un attributo, costantemente presente in ogni parte dell’Universo. É tuttavia un potere incolore al quale non può essere attribuita nessuna qualità di bene o di male, ma che può essere usato in qualsiasi modo scelto dall’uomo. Quando tale potere è considerato come ciò che nella vita ordinaria si dice "volontà", osserviamo che esso opera unicamente in connessione con il corpo materiale e con la mente, guidato dal desiderio; considerato sotto l’aspetto dell’influenza dell’uomo sulla vita, esso è più misterioso, perché la sua azione va oltre la portata della mente; analizzato nei suoi rapporti con la reincarnazione dell’uomo o con la persistenza dell’Universo manifestato attraverso un Manvantara, esso appare ancora più lontano dalla nostra comprensione e vasto nel suo fine.

Nella vita ordinaria la volontà non è schiava dell’uomo, ma essendo guidata solo dal desiderio, essa fa dell’uomo uno schiavo dei propri desideri. É da questo fatto che ha avuto origine l’antica massima cabalistica "dietro la Volontà sta il Desiderio". I desideri, trascinando di continuo l’uomo in ogni direzione, lo inducono a commettere delle azioni e a generare dei pensieri che sono di natura tale da determinare la causa e la forma di numerose incarnazioni, e lo asservono ad un destino contro il quale egli si ribella e che costantemente distrugge e ricrea il suo corpo mortale. É un errore dire di color che sono conosciuti come uomini di forte volontà, che i loro voleri sono completamente a loro asserviti, poiché essi sono talmente imprigionati nel desiderio, che quest’ultimo, essendo forte, mette in azione la volontà verso la realizzazione degli scopi desiderati. Ogni giorno osserviamo degli uomini, buoni o cattivi, prevalere nei loro diversi campi di azione. Dire che negli uni la volontà è buona e negli altri è cattiva è un errore evidente e dovuto al fatto di scambiare la volontà, lo strumento o la forza, con il desiderio che la mette in azione verso uno scopo buono o cattivo. Ma Patanjali e la sua scuola sapevano bene che si sarebbe potuto scoprire il segreto che permette di dirigere la volontà con una forza dieci volte superiore all’ordinaria, se essi ne avessero indicato il metodo, e che degli uomini malvagi dai forti desideri e privi di coscienza, l’avrebbero utilizzata impunemente contro i loro simili; essi sapevano anche che perfino degli studenti sinceri possono essere sviati dalla spiritualità se rimangono abbagliati dai risultati stupefacenti prodotti da un addestramento soltanto della volontà. Così Patanjali, per queste ed altre ragioni, conservò il silenzio sull’argomento.

Il suo sistema postula che Ishwara, lo spirito nell’uomo, non è toccato dalle afflizioni, dalle azioni, dai frutti delle azioni o dai desideri, e che quando un fermo atteggiamento è assunto allo scopo di raggiungere l’unione con lo spirito attraverso la concentrazione, Esso viene in aiuto del sé inferiore e lo eleva gradualmente a dei piani superiori. In questo processo la Volontà acquisisce gradualmente una tendenza sempre più forte ad agire secondo una linea differente da quella tracciata dalla passione o dal desiderio. Così essa si libera dal dominio del desiderio e finisce per assoggettare lamente stessa. Ma fino a quando la perfesione in tale pratica non è raggiunta, la volontà, continua ad agire secondo il desiderio, soltanto che quest’ultimo si è trasformato in aspirazione per cose più elevate e lontane da quelle della vita materiale. Il Libro III ha loscopo di definire la natura della condizione di perfezione, che qui è detta Isolamento.

L’Isolamento dell’Anima in questa filosofia non significa che un uomo si separa dai suoi simili diventando freddo e duro, ma significa unicamente che l’Anima è separata o liberata dalla schiavitù della materia e del desiderio, essendo a questo punto capace di agire in vista di compiere il fine della Natura e dell’Anima Universale che include le anime di tutti gli uomini. Questo fine è chiaramente indicato negli Aforismi. Nuemrosi lettori e pensatori superficiali, per non parlare di quelli che si oppongono alla filosofia Indù, non mancano di affermare che gli Jivanmukta o Adepti, si separano da ogni forma divita umana, da ogni attività e da ogni partecipazione delle faccende collettive, isolandosi su delle inaccessibili montagne dove nessun grido può raggiungere le loro orecchie. Una tale accusa è direttamente in antitesi ai principî della filosofia che prescrive il metodo ed i mezzi per raggiungere una simile condizione. Questi Esseri certamente sono inaccessibili all’osservazione umana ordinaria ma, come chiaramente espone questa stessa filosofia, hanno l’intera natura come obiettivo, e questo includerà tutti gli uomini viventi. Può sembrare che non si interessino ai progressi od ai miglioramenti transitori, ma essi lavorano dietro le scene dell’autentica illuminazione fino a quando i tempi e gli uomini saranno maturi per sopportare la loro apparizione in forma mortale.

Il termine "conoscenza" come è qui usato, ha un significato più vasto di quello che abitualmente gli diamo. Esso umplica una completa identificazione della mente, per un certo periodo di tempo, con un oggetto o soggetto qualunque sui quali può essere diretta. La scienza e la metafisica moderna non ammettono che la mente possa conoscere oltre i confini di certi metodi prestabiliti e di limitate distanze, e nella maggior parte dei suoi rami l’esistenza dell’anima viene negata o ignorata. Non è ad esempio concepibile che si possano conoscere i costituenti di un blocco di pietra senza mezzi meccanici o chimici adoperati direttamente sull’oggetto, e che si possa diventare coscienti dei pensieri e dei sentimenti di un’altra persona, a meno che essa non li esprima con parole od in azioni. Quando i metafisici trattano dell’anima, restano nel vago e sembrano temere l’approccio scientifico poiché non è possibile sottoporre l’anima ad un’analisi chimica, nè pesarne le parti su di una bilancia. L’Anima e la Mente vengono ridotti alla condizione di strumenti limitati che registrano certi fatti fisici posti alla loro portata attraverso dei mezzi meccanici. In un altro campo,m come ad esempio in quello della ricerca etnologica, si ritiene che si possa ottenere questa o quell’altra informazione su certe razze di uomini, per mezzo dell’ossevazione fatta con l’aiuto della vista, del tatto, del gusto e dell’udito: inquesto caso la mente e l’anima sono ancora dei semplici registratori. Ma il sitema di Patanjali sostiene che il praticante che ha raggiunto certi stati, può dirigere la sua mente su di un blocco di pietra collocato lontano o vicino, su di un uomo o su di una classe di uomini e che può, per mezzo della concentrazione, conoscere tutte le qualità intrinseche di questi oggetti, come pure le loro caratteristiche occasionali, e sapere tutto attorno al soggetto. Così, ad esempio, per quanto concerne gli indigeni dell’Isola di Pasqua, l’asceta può conoscere non solo quello che è visibile attraverso i sensi o che può essere conosciuto attraverso una lunga osservazione o ciò che è stato registrato, ma anche le qualità profonde e la linea esatta di discendenza e di evoluzione del particolare tipo umano esaminato. La scienza moderna non può sapere niente degli indigeni dell’Isola di Pasqua e non fa che delle vaghe supposizioni sulla loro origine; essa non può nemmeno dirci con certezza ciò che è e da dove è venuto un popolo come quello Irlandese, che ha sotto gli occhi da così lungo tempo. Nel caso del praticante dello Yoga egli è capace, attraverso il potere della concentrazione, di identificarsi completamente con la cosa considerata e di compiere così, interiormente, l’esperienza diretta di tutti i fenomeni e di tutte le qualità manifestate dall’oggetto.

Perchè sia possibile accettare tutto ciò che precede, è necessario ammettere l’esistenza, l’utilizzazione e la funzione di un mezzo eterico che compenetra tutte le cose, chiamato Luce Astrale o Akasa dagli Indù. La distribuzione universale di questo mezzo è un fatto della natura che si trova metafisicamente espresso nei termini "Fratellanza Universale" e "Identità Spirituale". É in questo mezzo, con il suo aiuto, e attraverso la sua utilizzazione, che le caratteristiche ed i movimenti di tutti gli oggetti sono universalmente conoscibili. Esso è, per così dire, la superficie sensibile sulla quale sono incise tutte le azioni umane, tutti gli oggetti, i pensieri e le situazioni. L’indigeno dell’Isola di Pasqua è il residuo di un ceppo che ha lasciato la sua impronta in questa Luce Astrale, e porta con sé la traccia indelebile della storia della propria razza. L’asceta, durante la concentrazione, fissa la propria attenzione su questa impronta, e poi legge la registrazione perduta per la scienza. Ogni pensiero di Herbert Spencer, di un Mill, di un Bain o di un Huxley, è collegato, nella Luce Astrale, al rispettivo sistema filosofico da essi formulato, e tutto ciò che l’asceta deve fare consiste nel trovare un semplice punto di partenza connesso con uno di questi pensieri e di leggere poi nella luce astrale, tutto ciò che essi hanno pensato. Ma Patanjali e la sua scuola, considerano tali prodigi come relativi alla materia e non allo spirito, per quanto essi sembrare piuttosto assurdi a delle orecchie occidentali o, tutto al più, se si concede loro qualche credito, appaiano come dei prodigi provenienti dallo spirito.

……….

WILLIAM QUAN JUDGE
New York, 1889

 

GLI AFORISMI DELLO YOGA

di

PATANJALI

 

 

 

LIBRO I

La Concentrazione o Yoga (1)

 

  1. In verità, l’esposizione dello Yoga o Concentrazione, sta ora per essere fatta.

La particella sanscrita atha che è stata tradotta con "in verità", annunzia al discepolo che un argomento ben definito sta per essere esposto, richiede la sua attenzione e serve anche da benedizione. Monier Williams afferma che questa è "un particella di buon auspicio e di introduzione ma che spesso è difficilmente esprimibile nelle nostre lingue occidentali."

  1. La Concentrazione o Yoga consiste nell’impedire le modificazioni del principio pensante.

In altre parole, la mancanza di concentrazione del pensiero è dovuta al fatto che la mente, chiamata qui "il principio pensante", è soggetta a delle costanti modificazioni a causa del suo disperdersi su di una molteplicità di soggetti. Così la "concentrazione" equivale alla correzione della tendenza alla dispersione ed al conseguimento di ciò che gli Indù chiamano "il punto unico" (2), o il potere di costringere la mente, in qualunque momento, a considerare un solo soggetto di pensiero, escludendone ogni altro. É su questo Aforisma che si impernia tutto il metodo del sistema. La ragione dell’assenza continua della concentrazione è che la mente è modificata da tutti i soggetti ed oggetti che le si presentano; essa è, per così dire, trasformata in quel soggetto od oggetto. La mente perciò, non è il potere supremo o più elevato; essa non è che una funzione, uno strumentocon il quale l’anima lavora, percepisce le cose e compie delle esperienze. Neppure il cervello deve essere confuso con la mente, non essendo a sua volta che uno strumento di quest’ultima. Ne consegue che la mente ha un suo proprio piano, diverso da quello dell’anima e del cervello, per cui si dovrebbe imparare a far uso della volontà che è anch’essa un potere distinto dalla mente e dal cervello, in maniera tale da usare la mente come un nostro servitore ogniqualvolta e per quanto tempo lo desideriamo, per considerare qualunque cosa abbiamo scelto, invece di permetterle di vagare da un soggetto all’altro, secondo le loro sollecitazioni.

  1. Durante la concentrazione l’anima rimane nella condizione di uno spettatore senza spettacolo.

Questo si riferisce alla concentrazione perfetta che è lo stato in cui, dopo che sono state impedite le modificazioni di cui si parla nell’Aforisma 2, l’anima passa, ritrovandosi in una condizione ove non è più soggetta all’alterazione o alle impressioni prodotte da un soggetto qualsiasi. L’ "anima" di cui si parla, non è Atma, lo spirito.

  1. Nei momenti in cui non c’è concentrazione, l’anima assume la stessa forma della modificazione della mente.

Questo si riferisce alla condizione dell’anima nella vita ordinaria quando non è praticata la concentrazione e significa che allorquando la mente, l’organo interiore, è influenzata o modificata attraverso i sensi dalla forma di quanche oggetto, anche l’anima – che percepisce l’oggetto attraverso il proprio organo, la mente – si trova, per così dire, mutata in quella stessa forma, così come una statua di marmo, bianca come la neve, osservata sotto una luce cremisi, appare di questo colore allo spettatore e così rimane per gli organi visivi, durante tutto il tempo che questa luce colorata la illumina.

  1. Le modificazioni della mente sono di cinque specie ed esse sono dolorose e non dolorose.
  2. Esse sono: la Conoscenza Corretta, la Concezione Errata, la Fantasia, il Sonno e la Memoria.
  3. La Conoscenza corretta risulta dalla Percezione, dalla Deduzione e dalla Testimonianza.
  4. La Concezione Errata è una Falsa Nozione derivante da una mancanza di Conoscenza Corretta.
  5. La Fantasia è una nozione priva di ogni base reale, che si sviluppa da una conoscenza suggerita da delle parole.

Esempi sono i concetti: "le corna della lepre" e "la testa di Rahu". Uno che senta l’espressione "la testa di Rahu", immagina naturalmente che ci sia un Rahu che possegga questa testa, mentre questo mitico mostro che, si dice, causi le eclissi ingoiando il sole, è formato solo da una testa ed è privo di corpo. E, sebbene si usi di frequente l’espressione "le corna della lepre", è arcinoto che non esiste nulla di simile in natura. Nella stessa maniera molte persone continuano a parlare del "levare" e del "calare" del sole, benchè esse si attengano alla teoria contraria.

  1. Il Sonno è quella modificazione della mente che si produce quando quest’ultima abbandona tutti gli oggetti per il fatto che tutti i sensie le facoltà di veglia cadono nell’inattività.
  2. La Memoria è il non abbandono di un oggetto di cui si è divenuti coscienti.
  3. L’impedimento delle modificazioni della mente summenzionato, deve essere ottenuto per mezzo dell’Esercizio e del Non—Attaccamento.
  4. L’Esercizio è lo sforzo continuo, o ripetuto, di mantenere la mente nel suo stato di calma.

Questo significa che per ottenere la concentrazione dobbiamo continuamente compiere degli sforzi per acquisire quel controllo sulla mente che ci permetterà in un momento qualsiasi, quando ciò ci sembri necessario, di ridurla ad una condizione di immobilità. O di aoolicarla su di un punto unico escludendo tutto il resto.

  1. Questo esercizio consiste in uno stabile atteggiamento osservato considerando il fine in vista e mantenuto con perseveranza e senza interruzione per un certo periodo di tempo.

Da ciò, lo studente non deve concludere che non potrà mai acquisire la concentrazione se non le avrà dedicato ogni istante della sua vita. Le parole "senza interruzione" si applicano solo alla durata di tempo ch è stato riservato per questa pratica.

  1. Il Non—Attaccamento consiste nell’aver vinto i propri desideri.

Ecco la realizzazione di una condizione di esistenza nella quale la coscienza non è influenzata dalle passioni, dai desideri e dalle ambizioni, che contribuiscono a modificare la mente.

  1. Il Non—Attaccamento,m spinto all’estremo, è il distacco da tutto eccetto che dall’anima, e questo distacco proviene da una conoscenza dell’anima come qualcosa di completamente diverso da tutto il resto.
  2. Esiste un tipo di meditazione, definito "meditazione con conoscenza chiara", che è di carattere quadruplice in ragione di quattro modi distinti: Argomentazione, Deliberazione, Beatitudine e Percezione Egoica.

Il genere di meditazione di cui si tratta consiste in una riflessione nella quale la natura del soggetto da considerare è ben conosciuta, senza dubbi né errori, e si traduce in una conoscenza ditinta che esclude tutte le altremodificazioni della mente, tranne il soggetto che è stato scelto per tale riflessione.

(1) La divisione Argomentativa di questa meditazione è una riflessione su di un soggetto argomentando sulla sua natura paragonata con qualcos’altro, come ad esempio il problema se la mente è il prodotto della materia o se precede la materia.

(2) La divisione Deliberativa consiste in una riflessione che ha per fine la scoperta dell’origine e del campo di azione dei sensi più sottili e della mente.

(3) La condizione di Beatitudine è quella in cui si riflette sui più alti poteri della mente e sulla verità astratta.

(4) La divisione relativa all’Egoè quella in cui la meditazione giunge ad una tale profondità che tutti i soggetti od oggetti inferiori sono persi di vista e non resta nient’altro che la percezione cosciente di sé, il quale diventa allora un mezzo per pervenire a dei gradi più alti di meditazione.

Il risultato del raggiungimento del quarto grado, chiamato percezione Egoica, è la chiara consapevolezza che l’oggetto o il soggetto con cui la meditazione era cominciata è scomparso e che è rimasta solo la coscienza di sé; ma questa coscienza di sé non include affatto la coscienza dell’Assoluto o dell’Anima Suprema.

  1. La meditazione sopra descritta è preceduta dall’esercizio del pensiero senza argomentazione. Un altro genere di meditazione si attua nella forma di una autogenerazione del pensiero dopo la scomparsa di tutti gli oggetti dal campo della mente.
  2. La condizione di meditazione ottenuta da coloro il cui discernimento non giunge fino allo spirito puro, dipende dal mondo fenomenico.
  3. Nella pratica di coloro che sono, o potrebbero essere, capaci di discernimento in ciò che concerne lo spirito puro, la meditazione è preceduta da Fede, Energia, Attenzione fissa (su di un punto unico) e Discernimento, o discriminazione completa di ciò che deve essere conosciuto.

Il commentatore fa qui rilevare che "in colui che possiede la Fede sorge l’Energia o la costanza nella meditazione. Così perseverando, scaturisce la memoria dei soggetti passati e la sua mente viene assorbita nella considerazione attenta generata dal ricordo del soggetto e colui la cui mente è immersa nella meditazione giunge ad un totale discrnimento della cosa che considera".

  1. Lo stato di meditazione astratta è raggiunto rapidamente dall’individuo animato da una energia indomabile.(3)
  2. Seguendo la natura moderata, intermedia o trascendente dei metodi adottati, c’è una distinzione da fare tra coloro che praticano lo Yoga.
  3. Lo stato di meditazione astratta può essere ottenuto attraverso una profonda devozione verso lo Spirito Supremo, considerato nella sua manifestazione comprensibile, come Ishwara.

É stato detto che questa profonda devozione è uno dei mezzi fondamentali per ottenere la meditazione astratta ed i suoi risultati. "Ishwara" è lo Spirito nel corpo.

  1. Ishwara è lo spirito che non è toccato dai turbamenti, dalle azioni, dai frutti di queste e neppure dai desideri.
  2. In Ishwara l’onniscenza che nell’uomo non esiste in germe, diviene infinita.
  3. Ishwara è il precettore di tutti, perfino dei primi esseri creati, perché Egli non è limitato dal tempo.
  4. Il suo nome è OM.
  5. La ripetizione di questo nome dovrebbe essere fatta riflettendo sul suo significato.

OM è la prima lettera dell’alfabeto sanscrito. La sua pronunzia comprende tre suoni, di cui un O lunga (Au), una U breve e la "pausa" ovvero la consonante labiale M. A questa triplice natura si ricollega unprofondo significato mistico e simbolico. Essa esprime tre qualità distinte perquanto unite: Brahma, Vishnu e Siva, ovvero Creazione, Preservazione e Distruzione. Considerata nell’insieme essa implica "l’Universo". Nella sua applicazione all’uomo au si riferisce alla scintilla dello Spirito Divino che si trova nell’umanità; u al corpo attraverso il quale lo Spirito si manifesta; m alla morte del corpo ossia alla scomposizione nei suoi elementi materiali. In rapporto ai cicli che interessano ogni sistema planetario, essa implica in primo luogo lo Spirito, rappresentato da au, come base dei mondi manifestati, poi il corpo o materia manifestata, attraverso cui opera lo Spirito, rappresentata dalla u; ed infine, rappresentato dalla m, "l’arresto o il ritornodel suono alla sua sorgente", il Pralaya o la Dissoluzione dei mondi. Nell’occultismo pratico questa parola è messa in rapporto con il Suono o con la Vibrazione e con tutte le proprietà e gli effetti che ne derivano, essendo questo uno dei più grandi poteri della natura. Se si usa questa parola nella disciplina pratica, la sua pronunzia, a mezzo dei polmoni e della gola, produce un effetto particolare sul corpo umano. Nell’Aforisma 28 questo nome è impiegato nel suo significato più alto il quale include necessariamente tutti gli altri. La pronunzia della parola Om in tutte le pratiche della disciplina, ha un rapporto potenziale con la separazione cosciente dell’anima dal corpo.

  1. Da questa ripetizione e dalla riflessione sul suo significato, provengono una conoscenza dello Spirito e la scomparsa degli ostacoli che si oppongono alla realizzazione del fine cercato.
  2. Gli ostacoli sul cammino di colui che desidera ottenere la concentrazione sono: la Malattia, la Stanchezza, il Dubbio, la Negligenza, la Pigrizia, l’Attaccamento agli oggetti dei sensi, la Percezione Errata, l’Incapacità di raggiungere una qualsiasi condizione di astrazione e l’Instabilità in ogni condizione ottenuta.
  3. Questi ostacoli sono accompagnati da sofferenza, da angoscia, da tremore e da respirazione affannosa.
  4. Per prevenire tutti questi è necessario rimanere con fermezza su di una sola verità.

Qui s’intende ogni verità che si è accettata e che si è riconosciuta come tale.

  1. Attraverso la pratica della Benevolenza, della Compassione, della Compiacenza ed attraverso il Distacco dagli oggetti della felicità, del dolore, della virtù e del vizio, la mente si purifica.

Le principali occasioni di distrazione della mente sono la Cupidigia e l’Avversione. Questo aforisma non vuole intendere che la virtù ed il vizio dovrebbero essere considerati dallo studente con indifferenza, ma che egli non dovrebbe fissare con piacere la propria mente sulla felicità o sulla virtù, né con avversione sulla pena o sul vizio. In altri termini, egli dovrebbe considerare tutti con uno spirito imparziale, e la pratica della Benevolenza, della Compassione e della Compiacenza conduce ad uno stato gioioso della mente che tende a rafforzarla e a renderla stabile.

  1. Le distrazioni della mente possono essere combattute seguendo norme di controllo o di guida del respiro durante l’inspirazione, la ritenzione e l’espirazione.
  2. Un mezzo per ottenere la stabilità della mente può essere trovato in una cognizione sensoriale diretta.
  3. La conoscenza diretta di un soggetto spirituale, quando si produce, può anche servire a questo stesso scopo.
  4. Oppure, fissando il pensiero su di un soggetto privo di qualità passionali, quale ad esempio un soggetto idealmente puro, si può trovare in ciò tale mezzo.
  5. La stabilità della mente può anche essere ottenuta riflettendo sulla conoscenza che si presenta in un sogno.
  6. Od ancora, meditando su di un soggetto che si approva.
  7. Lo studente la cui mente è stata in tal modo resa stabile, ottiene una conoscenza profonda che va dall’Atomo all’Infinito.
  8. La mente che così è stata allenata, al punto che tutte le modificazioni ordinarie dovute alla sua azione non sono più presenti, ad eccezione di quelle che si verificano durente la cosciente immedesimazione in un oggetto scelto per la contemplazione, si trasforma nell’immagine di ciò su cui si sta riflettendo, giungendo in tal modo alla piena comprensione della sua natura.
  9. Questa modificazione della mente nell’immagine dell’oggetto su cui si medita, è detta tecnicamente la condizione Argomentativa in cui c’è una certa mescolanza tra la parola che designa l’oggetto, il significato e l’applicazione di questa parola e la conoscenza astratta delle qualità e degli elementi dell’oggetto per sé.
  10. La condizione Non—Argomentativa della meditazione si realizza quuando la parola che descrive l’oggetto scelto per la meditazione ed il suo significato sono scomparsi dal piano della contemplazione e la cosa astratta stessa, libera da distinzioni qualitative, si presenta alla mente come un’unica entità.

Questi due aforismi (42 e 43) descrivono il primo ed il secondo stadio della meditazione, in cui la mente si concentra su oggetti di natura grossolana o materiale. L’aforisma che segue si riferisce allo stato in cui oggetti meno grossolani o più sottili sono scelti per la meditazione contemplativa.

  1. Le condizioni Argomentativa e Non—Argomentativa della mente, descritte nei due aforismi precedenti, sussistono anche quando l’oggetto prescelto per la meditazione è sottile o di una natura più elevata che gli oggetti sensoriali.
  2. La meditazione che ha per scopo un oggetto sottile, sfocia in ultimo nell’elemento indissolubile chiamato materia primordiale.
  3. I cambiamenti della mente precedentemente descritti, costituiscono la "meditazione con un proprio seme".

La "meditazione con un proprio seme" è quel genere di meditazione in cui è ancora presente dinanzi alla mente un oggetto ben definito su cui meditare.

  1. Quando la Saggezza è stata raggiunta attraverso l’acquisizione della condizione mentale Non—Argomentativa, si ha la chiarezza spirituale.
  2. In questo caso, allora, si produce quella Conoscenza che è assolutamente libera dall’Errore.
  3. Questo genere di conoscenza differisce da quello dovuto alla testimonianza a alla deduzione; poiché nella ricerca della conoscenza basata su queste ultime, la mente deve considerare molti dettagli e non è in relazione con il campo generale della conoscenza stessa.
  4. La corrente del pensiero auto—riproducentesi che da questa ne risulta, blocca la formazione di ogni altra corrente di pensiero.

Si ritiene che esistano due correnti principali di pensiero: (a) quella che dipende dalla suggestione provocata dalle parole di un altro, o da un’impressione sui sensi o sulla mente od ancora da associazioni d’idee. (b) Quella che dipende interamente da se stessa e che riproduce, traendoloda sé, lo stesso pensiero di prima. L’ottenimento della seconda specie di pensiero ha per effetto l’inibizione di tutte le altre correnti di pensiero, perchè essa è di una natura tale da respingere od espellere dalla mente ogni altro tipo di pensiero. Come viene mostrato dall’Aforisma 48, lo stato mentale chiamato "Non—Argomentativo" è assolutamente libero da ogni errore poiché esso non ha niente a che fare con la testimonianza e con la deduzione, essendo la conoscenza stessa; ne consegue che è dalla sua stessa natura intrinseca che ha origine l’inibizione di ogni altra corrente di pensiero.

  1. Anche questa stessa corrente di pensiero con un solo oggetto può essere arrestata. In questo caso viene raggiunta la "meditazione senza seme".

La "meditazione senza seme" è quella in cui le potenzialità della mente sono state risvegliate ad un punto tale che l’oggetto scelto per la meditazione è scomparso dal piano della mente e non vi è più alcuna traccia di esso, mentre il pensiero continua il proprio sviluppo su di un piano superiore.

 

 

Fine del Libro Primo

 

LIBRO II

 

Mezzi della Concentrazione

 

  1. La parte pratica della Concentrazione comprende la Mortificazione, la Recitazione a bassa voce e l’Abbandono all’Anima Suprema.

Ciò che s’intende qui per "mortificazione" è la pratica insegnata in altre opere come nel Dharma Shastra, che comprende le penitenze ed i digiuni; la "recitazione a bassa voce" è la ripetizione sussurrata di formule tradizionali, preceduta dal nome mistico dell’Essenza Suprema indicato nell’Aforisma 27 del Libro I; l’"abbandono all’Anima Suprema" consiste nell’affidare all’Anima Divina o Anima Suprema, tutte le proprie azioni, senza interesse per i loro risultati.

  1. Questa parte pratica della concentrazione ha lo scopo di rendere possibile la meditazione e di eliminare le afflizioni.
  2. Le afflizioni che sorgono nel discepolo sono: l’Ignoranza, l’Egoismo, il Desiderio, l’Avversione ed il tenace Attaccamento all’esistenza terrestre.
  3. L’Ignoranza è il terreno d’origine di tutte le altre suddette afflizioni, siano esse ancora latenti, indebolite, o palesi.
  4. L’Ignoranza è la nozione che il non—eterno, l’impuro, il male e tutto ciò che non è l’anima siano rispettivamente l’eterno, il puro, il bene e l’anima.
  5. L’Egoismo consiste nell’identificare il potere che vede con la facoltà di vedere.

Vale a dire, confondere l’anima che realmente vede con lo strumento che essa impiega per questa funzione, cioé con la mente, o – ad un grado ancor più alto di errore – con gli organi di senso che sono a loro volta gli strumenti della mente; come ad esempio, quando una persona ignorante pensa che è il suo occhio che vede, mentre in realtà è la sua mente che usa l’occhio come strumento di visione.

  1. Il Desiderio consiste nel rimanere legati al piacere.
  2. L’Avversione consiste nell’indugiare sul dolore.
  3. Il tenace Attaccamento all’esistenza terrestre è inerente a tutti gli esseri senzienti e si perpetua attraverso atutte le incarnazioni, poiché possiede un potere capace di autoriprodursi. Esso è provato sia dal saggio che dal non—saggio.

C’è nello spirito una tendenza naturale, durante tutto un Manvantara, a manifestarsi aul piano materiale, sul quale ed attraverao il quale solamente, le monadi spirituali possono completare il loro sviluppo; e questa tendenza, agendo attraverso la basae fisica comune a tutti gli esseri senzienti, è estremamente potente e si continua attraverso tutte le incarnazioni, aiutando di fatto la loro genesi e rinnovellandosi ad ognuna di esse.

  1. Si può sfuggire slle cinque precedenti afflizioni, se esse sono latenti, generando una condizione mentale opposta.
  2. Se queste afflizioni modificano la mente imponendosi all’attenzione, possono essere eliminate con la meditazione.
  3. Tali afflizioni sono la radice che produce risultati nelle azioni o nelle opere, fisiche e mentali. In quanto esse costituiscono i nostri meriti o i nostri demeriti, danno frutti sia nello stato visibile che in quello invisibile.
  4. Fino a quando esiste una tale radice di merito o di demerito, essa fruttificherà durante ogni successiva vita sulla terra, determinando condizione sociale, longevità, piaceri e sofferenze.
  5. La felicità o la sofferenza sono i frutti del merito o del demerito, secondo che la causa è la virtù od il vizio.
  6. Ma all’uomo che ha raggiunto la pefezione dello svsiluppo spirituale, tutte le cose del mondo appaiono ugualmente fonte di pena, dal momento che le modificazioni della mente dovute alle qualità naturali si oppongono al raggiungimento della condizione più alta. Infatti, fino a quando questa non è raggiunta, la presa di possesso di una qualsiasi forma dotata di corpo costituisce un intralcio, ed ansietà ed impressioni di ogni genere si rinnovano di continuo.
  7. Ciò che dal discepolo deve essere evitato è il pensiero od il timore della sofferenza futura.

Il passato non può essere cambiato o modificato; ciò che fa parte delle esperienze presenti non può e non dovrebbe essere evitato, ma ciò che invece dovrebbe essere evitato sono le previsioni fonte di angoscia od i timori del futuro ed ogni azione od impulso capaci di causare sofferenza, nel presente o nell’avvenire a noi stessi o agli altri.

  1. Dal fatto che l’anima è unita nel corpo con l’organo del pensiero e quindi con l’intera natura, deriva una mancanza di discernimento che genera un’errata concezione dei doveri e delle responsabilità. Questo errore conduce a delle azioni ingiuste che arrecheranno inevitabilmente sofferenza nel futuro.
  2. L’Universo, che comprende il visibile e l’invisibile, la cui natura essenziale è composta di purezza, azione e riposo (4) e che è formata dagli elementi e dagli organi di azione, esiste solo per l’esperienza e l’emancipazione dell’anima.
  3. Le divisioni delle qualità sono: il molteplice e l’unitario, ciò che può essere scomposto una sola volta e ciò che non può essere ridotto.

Il "molteplice" può essere rappresentato dagli elementi grossolani e dagli organi dei sensi; "l’unitario", dagli elementi sottili e dalla mente; "ciò che può essere scomposto una volta sola", dall’intelletto che può risolversi nella materia indifferenziata e non oltre; e "ciò che non può essere ridotto", dalla materia indivisibile.

  1. L’Anima è il Precettore, è in effetti la visione stessa, pura e semplice, non modificata, che percepisce direttamente le idee.
  2. É solamente per lo scopo dell’anima che l’Universo esiste.

Il Commentatore aggiunge: "La Natura nella sua attività energetica non opera in tal modo per qualche scopo proprio, ma con un piano che potrebbe essere espresso forse con le parole ‘compiere l’esperienza dell’Anima’".

  1. Benchè l’Universo nel suo stato oggettivo possa avere cessato la propria esistenza per l’uomo che ha raggiunto la perfezione dello sviluppo spirituale, non ha cessato di esistere per gli altri esseri, poiché resta il campo di tutti gli altri tranne che il suo.
  2. L’unione dell’anima con l’organo del pensiero e perciò con la natura, è la causa della sua percezione della condizione attuale della natura dell’Universo e della stessa anima.
  3. La causa di questa unione è ciò di cui ci si deve liberare, e questa causa è l’ignoranza.
  4. Tsle liberazione consiste nella cessazione della suddetta unione che determina la scomparsa dell’ignoranza, e questa condizione è detta l’Isolamento dell’anima.

Qunato è espresso in questo Aforisma e nei due precedenti, significa che l’unione dell’anima e del corpo, durante ripetute reincarnazioni, è dovuta alla mancanza, in tale condizione, di una conoscenza discriminativa della natura dell’anima e dei suoi aspetti collaterali, e che, quando questa conoscccenza discriminativa è stata raggiunta, l’unione, dovuta all’assenza di un tale discernimento, cessa spontaneamente.

  1. Il mezzo per liberarsidella condizione di schiavitù alla materia è la conosccenza discriminativa perfetta mantenuta ininterrottamente.

L’importanza di ciò – fra l’altro – è che l’uomo che ha raggiunto la perfezione dello sviluppo spirituale conserva la propria continuità di coscienza nel corpo, al momento di lasciarlo e quando passa nelle sfere superiori. Parimenti, questa continuità di coscienza persiste immutata quando egli lascia le sfere superiori per ritornare nel priprio corpo e riprendere le sue attività sul piano materiale. (5)

  1. Questa conoscenza discriminativa perfetta posseduta dall’uomo che ha raggiunto la completa maturità spirituale è di sette specie, considerata fino al termine della meditazione.
  2. Fino a quando questa conoscenza discriminativa perfetta non è raggiunta, da quelle pratiche che conducono alla concentrazione, deriva un’illuminazione più o meno chiara che rimuove efficacemente le impurità.
  3. Le pratiche che conducono alla concentrazione sono otto: Astinenza, Osservanze religiose, Posizioni, Regolazione della Respirazione, Controllo dei sensi, Attenzione, Contemplazione e Meditazione. (6)
  4. L’Astinenza consiste nel non uccidere, nella veracità, nel non rubare, nella continenza e nel non desiderare con bramosia.
  5. Questi, senza distinzioni di rango, luogo, tempo od impegni, sono i grandi doveri universali.
  6. Le Osservanze religiose sono: la purificazione della mente e del corpo, la contentezza, l’austerità, la recitazione a bassa voce (7) e la perseverante devozione all’Anima Suprema.
  7. Al fine di rimuovere ed eliminare dalla mente le cose reprensibili, contribuisce efficacemente l’evocazione mentale dei lor opposti.
  8. Le cose riprovevoli, siano esse state compiute, causate o semplicemente approvate; sia che derivino dalla cupidigia, dalla collera o dall’illusione; siano esse di poco conto, di una certa gravità o molto gravi, generano tutte numerosi frutti sotto forma di dolore ed ignoranza; di conseguenza, "l’evocazione dei loro opposti" è in ogni caso raccomandabile.
  9. Quando l’inoffenzività e la gentilezza sono pienamente sviluppate nello Yogi, cioé in colui che ha raggiunto la matura illuminazione dell’anima, si realizza la completa assenza d’inimicizia fra tutti gli uomini e gli animali che si trovano nelle sue vicinanze.
  10. Quando la veracità è completa, lo Yogi diventa il punto focale per il Karma che risulta da tutte le azione , buone o cattive.
  11. Quando l’astinenza dal furto, nel pensiero e nell’azione è completa nello Yogi, egli ha il potere di ottenere tutte le ricchezze materiali.
  12. Quando la continenza è completa, vi è un aumento di forza nel corpo e nella mente.

Questo non vuol dire che lo studente che pratica solo la continenza e trascura le altre pratiche indicate, acquisterà forza. Tutte le parti del sistema devono esser perseguite di pari passo sui piani mentale, morale e fisico.

  1. Quando la bramosia è eliminata, si sviluppa nello Yogi una conoscenza di tutte le cose che sono in relazione con dei precedenti stati di esistenza o che, in questi, si sono verificate.

Qui, "bramosia", non si riferisce solo al desiderio degli oggetti, ma anche al desiderio di gradevoli condizioni terrene, o anche all’esistenza terrena stessa.

  1. Attraverso la purificazione della mente e del corpo si risveglia nello Yogi un completo discernimento dell’origine e della natura del corpo; di conseguenza egli abbandona la considerazione che gli altri hanno per la forma corporea; e cessa pure di provare il desiderio, o il bisogno di un’associazione con i suoi simili che è invece comune agli altri uomini.
  2. Dalla purificazione della mente e del corpo nasce inoltre nello Yogi la completa prevalenza delle qualità di bontà, disponibilità, dedizione agli altri, padronanza dei sensi, e l’attitudine alla contemplazione ed alla comprensione dell’anima come di qualcosa completamente diverso dalla natura esteriore.
  3. Attraverso la perfetta contentezza, lo Yogi acquisisce la suprema felicità.
  4. Quando l’austerità è integralmente praticata dallo Yogi, il risultato è il perfezionamento ed un affinamento dei sensi del corpo ottenuti con la rimozione delle impurità.
  5. Con la pratica della recitazione sussurrata si realizza l’incontro con la propria Deità preferita.

Attraverso delle invocazioni correttamente pronunciate – a cui si fa riferimento con la significativa espressione "recitazione sussurrata" – i poteri superiori della natura, ordinariamente invisibili all’uomo, sono costretti a rivelarsi alla visione dello Yogi; e, per il fatto stesso che tutti i poteri della natura non possono essere evocaati contemporaneamente, la mente deve essere diretta verso una forza od un potere particolare della natura da cui l’uso della frase "con la propria deità preferita".

  1. La perfezione nella meditazione proviene dalla perseverante devozione all’Anima Suprema.
  2. Una posizione assunta dallo Yogi deve essere stabile e piacevole.

Per rendere ciò più chiaro alla mente dello studente, è qui necessario rilevare che le "posizioni" decritte in vari sistemi di "Yoga", non sono assolutamente essenziali al successo perseguito nella pratica della concentrazione e al raggiungimento dei suoi risultati ultimi. Tutte le "posizioni" descritte dagli autori Indù sono basate su di un’accurata conoscenza degli effetti fisiologici che esse inducono, ma, ai nostri giorni, esse non sono possibili che per quegli Indù che vi sono abituati fin dalla loro tenera infanzia.

  1. Quando la padronanza delle posizioni è stata completamente ottenuta, lo sforzo per assumerle diviene minimo, e quando la mente si è completamente identificata con l’infinitudine dello spazio, la posizione diventa stabile e piacevole.
  2. Quando questa condizione è stata raggiunta, lo Yogi non risente più del conflitto generato dalle coppie degli opposti.

Con "le coppie degli opposti" si fa riferimento alla classificazione a coppie delle opposte qualità, condizioni e stati dell’essere, adottata in tutti i sistemi filosofici e metafisici Indù, che sono la sorgente eterna del piacere o del dolore nell’esistenza terrena, nello stesso modo in cui lo sono freddo e caldo, fame e sazietà, giorno e notte, povertà e ricchezza, libertà e dispotismo.

  1. Ugualmente, quando questa condizione è stata raggiunta, occorre procedere alla interruzione del respiro durante l’espirazione, l’inspirazione e la ritenzione.
  2. Questa regolazione della respirazione durante le sue fasi di espirazione, inspirazione e ritenzione, è inltre soggetta a delle condizioni di tempo, luogo e di numero, ognuna di queste potendo essere lunga o breve.
  3. Vi è una tecnica particolare per regolare la respirazione che è in rapporto sia con quanto detto nell’aforisma precedente, sia con la sfera interiore del respiro.

Gli Aforismi 49—50—51 alludono alla regolazione del respiro come una parte degli esercizi fisici menzionati nella nota dell’Aforisma 46, la conoscenza delle cui regole e prescrizioni, da parte dello studente, è sottointesa da Patanjali. L’Aforisma 50 si riferisce unicamente alla regolazione dei diversi periodi, del grado di intensità e del numero di alternanze delle tre fasi respiratorie: espirazione, inspirazione e ritenzione del respiro. Ma l’Aforisma 51 allude ad un’altra regolazione del respiro è cioé a quella governata dalla mente in modo da controllare la direzione del respiro e la sua conseguente influenza su alcuni centri nervosi di percezione situati all’interno del corpo, al fine di produrre degli effetti fisiologici, seguiti da effetti psichici.

  1. Per mezzo di questa regolazione della respirazione, l’offuscamento della mente, che è il normale risultato dell’influenza del corpo, è eliminato.
  2. E così la mente si trova pronta per gli atti consapevoli.
  3. Il controllo dei sensi (8) consiste nell’adattamento di essi alla natura della mente, con la perdita da parte loro della attitudine propria a ricevere dagli oggetti impressioni dirette.
  4. Da ciò deriva una completa padronanza dei sensi.

 

 

 

 

 

 

Fine del Libro Secondo

 

LIBRO III

 

 

  1. L’attenzione consiste nel mantenere la mente fissa su di un punto, oggetto o soggetto.

Ciò è detto Dharana.

  1. La contemplazione è la continuità in questa attenzione.

Questo è chiamato Dhyana.

  1. La meditazione è questa contemplazione quando è praticata unicamente nei confronti dell’aspetto essenziale di un soggetto od un oggetto dei sensi. (9)
  2. Quando questa stabilità dell’attenzione, della contemplazione e della meditazione viene praticata nei confronti di un unico oggetto, tale pratica, nel suo insieme, è chiamata Sanyama.

In Occidente non abbiamo alcun termine che traduca esattamente Sanyama. I traduttori hanno usato la parola restrizione, limitazione, ma essa non è né appropriata né esatta, benché sia una traduzione corretta. Quando un Indù dice che un asceta pratica la restrizione su di un oggetto qualsiasi, secondo questo sistema, intende dire che egli sta eseguendo il Sanyama, mentre nelle nostre lingue può significare che egli priva se stesso di qualcosa o di un’azione particolare e questo non è il senso di Sanyama. Noi abbiamo mantenuto la terminologia del testo ma l’idea è forse resa meglio con "perfetta concentrazione".

  1. Quando la pratica del Sanyama – ossia quando la pratica di rendere stabile l’attenzione, la contemplazione e la meditazione – diventa naturale e facile, si sviluppa un esatto potere di discernimento.

Questo "potere di discernimento" è una facoltà ben definita che solo tale pratica sviluppa e non è posseduta dalle persone ordinarie che non hanno coltivato la concentrazione.

  1. Il Sanyama deve essere praticaato procedendo grado a grado, al fine di superare tutte le modificazioni della mente, dalle più appariscenti alle più sottili.

(Vedere nota all’Aforisma 2, Libro I). Lo studente deve ora conoscere che, dopo aver superato le difficoltà e gli ostacoli descritti nel Libri precedenti, ci sono altre modificazioni di carattere sottile di cui soffre la mente, che devono essere dominate per mezzo del Sanyama. Quando egli ha ottenuto questo stato, tali difficoltà si rivelano a lui da se stesse.

  1. Le tre pratiche – attenzione, contemplazione e meditazione – sono più efficaci per ottenere quel genere si meditazione chiamata "con conoscenza distinta", che non i primi cinque modi in precedenza descritti come: "non uccidere, veracità, non rubare e non desiderare con bramosia".

(Vedere Aforisma 17, Libro I).

  1. L’attenzione, la contemplazione e la meditazione precedono, senza tuttavia produrre subito, quel genere di meditazione nella quale la conoscenza precisa dell’oggetto è perduta e che è detta meditazione senza seme.
  2. Vi sono due tipi di correnti di pensiero che si autoriproduce: la prima si genera dalla mente che è stata modificata e spostata dall’oggetto o dal soggetto contemplato; la seconda si produce quando la mente sta uscendo da tale modificazione e sta entrando in rapporto unicamente con la verità stessa. Nel momento in cui la prima corrente è soggiogata e la mente diventa attenta, quest’ultima viene contemporaneamente ad essere interessata da queste due correnti di pensiero autoriproducentesi e questo stato tecnicamente è chiamato Nirodha.
  3. Nello stato di meditazione chiamato Nirodha, la mente ha un flusso uniforme.
  4. Quando ha superato e controllato completamente la sua inclinazione naturale a considerare oggetti svariati e comincia ad applicarsi su di un solo oggetto, si dece che la meditazione è stata raggiunta.
  5. Quando la mente dopo essersi fissata su di un solo oggetto, ha cessato di essere interessata da ogni pensiero relativo alla condizione, alle qualità od alle relazioni della cosa pensata ma è completamente raccolta attorno all’oggetto stesso, si dice allora che essa è applicata su di un unico punto e questa condizione tecnicamente è chiamata Ekagrata.
  6. Le tre classi principali di percezione che riguardano la proprietà caratteristica, la qualità distintiva o l’uso specifico ed i possibili cambiamenti nell’utilizzazione o nella relazione di un qualsiasi oggetto od organo del corpo, contemplati dalla mente, sono stati sufficientemente spiegati nell’esposizione che precede sulle modalità con cui la mente viene modificata.

É molto difficile rendere questo Aforisma nella nostra lingua. Le tre parole qui tradotte come "proprietà caratteristica, qualità distintiva od uso specifico e possibili cambiamenti nella utilizzazione" sono, nell’originale, Dharma, Lakshana ed Avastha e possono essere così spiegate: Dharma è , per così dire, l’argilla di cui una giara è formata; Lakshana, l’idea di una tale giara così composta e Avastha, la consapevolezza che la giara si modifica ad ogni istante, poiché essa invecchia od è, in varia guisa, influenzata.

  1. Le proprietà di un oggetto che si presentano alla mente sono: quelle che sono state già considerate ed allontanate dalla vista; quelle sotto considerazione e la caratteristica a cui non si può dare un nome perché non appartiene ad un oggetto particolare, ma è comune a tutta la materia.

La terza classe summenzionata si riferisce ad un principio fondamentale di questa filosofia che sostiene che tutti gli oggetti "possono risolversi e si risolveranno in ultimo nella natura" od in un’unica sostanza fondamentale; ne consegue, ad esempio, che l’oro può essere considerato alla stregua di un elemento qualunque non differente dalla terra, ossia, in ultima analisi, che non può essere separato da essa.

  1. I cambiamenti nella successione delle triplici modificazioni mentali prima descritte, indicano all’asceta la varietà delle alterazioni che una proprietà caratteristica deve subire quando la si contempla.
  2. L’asceta perviene alla conoscenza degli avvenimenti passati e futuri attraverso la pratica dle Sanyama nei riguardi delle triplici modificazioni mentali appena spiegate.

Riandate all’Aforisma 4 ove "Sanyama" è spiegato come l’uso o la pratica dell’attenzione, della contemplazione e della meditazione su di un singolo oggetto.

  1. Nella mente di coloro che non hanno raggiunto la concentrazione vi è confusione tra suono emesso, linguaggio e conoscenza, e tale confusione risulta da una comprensione indiscriminata dei tre; ma se un asceta li considera separatamente, praticando nei loro confronti il "Sanyama", raggiunge il potere di comprendere il significato di ogni suono emesso da qualsiasi essere vivente.
  2. La conoscenza delle esperienze vissute in precedenti incarnazioni si risveglia nell’asceta che mantiene davanti alla propria mente le correnti del pensiero autoriproducentesi e che si concentra su di esse.
  3. La natura della mente di un altro individuo viene conosciuta dall’asceta quando egli concentra la sua propria mente su questo personaggio.
  4. Una tale concentrazione, tuttavia, non rivelerà all’asceta la natura fondamentale della mente di questa persona, finché egli no praticherà il Sanyama con questo scopo preciso.
  5. Attraverso la pratica della concentrazione sulle proprietà e sulla natura essenziale della forma, specialmente su quella del corpo umano, l’asceta sviluppa il potere di rendere invisibile il proprio corpo fisico agli altri, poiché in tal modo, viene bloccata la sua proprietà del Satwa che si manifesta come luminosità, viene separata dall’orgno della vista dell’osservatore.

Ecco qui un’altra grande differenza fra questa filosofia e la scienza moderna. Le scuole di oggi ritengono che se un occhio sano si trova sull’asse dei raggi luminosi riflessi da un oggetto – quale un corpo umano – quest’ultimo sarà visto, non potendo nessuna azione della mente della persona osservata inibire le funzioni della retina e dei nervi ottici dell’osservatore. Ma secondo gli antichi Indù, tutte le cose sono viste a causa di quella differenziazione del Satwa – una delle tre grandi qualità che compongono tutte le cose – che si manifesta come luminosità, operando in unione con l’occhio, il quale è anch’esso una manifestazione di Satwa, in un altro suo aspetto. Entrambi devono trovarsi in collegamento; se la luminosità è assente o non è in rapporto con l’occhio dell’osservatore, l’oggetto non appare. E, poiché la natura della luminosità si trova completamente sotto il controllo dell’asceta, egli può, attraverso il procedimento citato, arrestarla e sottrarre all’occhio altrui un elemento essenziale per la visione di qualsiasi oggetto.

  1. Alla stessa maniera, praticando il Sanyama nei confronti di qualche particolare organo dei sensi – come l’organo dell’udito, del tatto, del gusto, dell’odorato – l’asceta sviluppa il potere di provovare a volontà, l’interruzione delle funzioni di uno qualsiasi degli organi di un’altra persona o di lui stesso.

L’antico commentatore differisce dagli altri su questo aforisma, in quanto sostiene che esso fa parte del testo originale, mentre gli altri sostengono che si tratta di uns interpolazione.

  1. L’azione è di due specie: la prima è accompagnata dalla previsione delle conseguenze; la seconda è priva di qualsiasi conoscenza delle conseguenze. Con la pratica della concentrazione su queste due specie di azioni, l’asceta perviene a conoscere il momento della propria morte.

Il Karma che deriva da azioni di entrambe le specie nella presente e nelle passate incarnazioni, produce ed influenza i nostri attuali corpi, in cui stiamo compiendo azioni similari. L’asceta, attraverso una ferma e costante contemplazione di tutte le azioni compiute in questa e nelle passate incarnazioni, (vedere Aforisma 18) è capace di conoscere completamente tutte le conseguenze delle azioni commesse e perciò ha il potere di calcolare correttamente l’esatta durata della propria vita.

  1. Con la pratica della concentrazione sulla benevolenza, sulla compazzione, sulla compiacenza e sul disinteresse, l’asceta diviene capace di conquistare a suo piacere l’amicizia di chiunque.
  2. Praticando la concentrazione sui poteri degli elementi o del regno animale, l’asceta diviene capace di manifestarli in se stesso.
  3. Concentrando la propria mente su degli oggetti piccolissimi, nascosti o distanti, in qualsiasi dipartimento della natura essi si trovino, l’asceta ne acquisisce una completa conoscenza.
  4. Concentrando la propria mente sul sole, si sviluppa nell’asceta uan conoscenza che concerne tutte le sfere comprese tra la terra e il sole.
  5. Concentrando la propria mente sulla luna, sorge nell’asceta una conoscenza delle stelle fisse.
  6. Concentrando la propria ment esulla stella polare, l’asceta diviene capace di conoscere il periodo ed il moto di ogni stella compresa nel Brahmanda, di cui questa nostra terra è una parte.

"Brahmandra" significa qui il grande sistema da alcuni chiamato "universo", in cui questo mondo si trova.

  1. Concentrando la propria mente sul plesso solare, l’asceta acquisisce la conoscenza della struttura del corpo materiale.
  2. Concentrando la sua mente sul centro nervoso nella cavità della gola, l’asceta è capace di superare la fame e la sete.
  3. Concentrando la propria mente sul centro situato al di sotto della cavità della gola, l’asceta è capace di evitare ogni movimento del corpo, senza che i suoi muscoli esercitino alcuna resistenza.
  4. Concentrando la propria mente sulla luce nella testa l’asceta acquisisce il potere di veder gli esseri divini.

Vengono qui presentati due concetti che hanno alcuna corrispondenza nel pensiero moderno. Il primo è l’esistenza di una luce nella testa; l’altro è quello di esseri divini che possono essere visti da coloro che si concentrano proprio su questa "luce nella testa". Si ritiene che un centro nervoso o corrente psichica chiamata Brahmarandhra—nadi emerga attraverso il cervello nei pressi della sommità del capo. In questo punto, più che in ogni altra parte del corpo, si concentra il principio luminoso della natura che è chiamato jyotis – la luce nella testa. E, poiché ogni risultato viene ottenuto attraverso l’uso di mezzi appropriati, la visione degli esseri divini può essere ottenuta mediante la concentrazione su quella parte del corpo che più strettamente è connessa con questi. Questo punto – l’estremità del Brahmarandhra—nadi – è anche il punto in cui si realizza il collegamentofra l’uomo e le forze solari.

  1. Dopo una lunga pratica, l’asceta può fare a meno delle varie tecniche, precedentemente indicate, che sono l’ausilio alla concentrazione per acquisire più facilmente la conoscenza, e diventa capace di ottenere qualsiasi conoscenza, semplicemente desiderandola.
  2. Concentrando la propria mente su ciò che è detto Hridaya, l’asceta acquisisce la capacità di penetrazione e la conoscenza delle condizioni mentali, delle intenzioni e dei pensieri altrui, così come l’esatta comprensione dei proprî.

Hridaya è il cuore. Vi è un certo disaccordo tra i mistici riguardo al fatto che si tratti del cuore quale muscolo o di qualche centro nervoso con cui è collegato, come nel caso dell’analoga istruzione della concentrazione sull’ombelico, mentre, in realtà, s’intende il territorio nervoso chiamato plesso solare.

  1. Concentrando la propria mente sulla vera natura dell’anima come qualcosa di completamente diverso da ogni esperienza, distaccato da ogni cosa materiale e dissociato dall’intelligenza, nell’asceta sorge uan conoscenza della vera natura dell’anima stessa.
  2. Dal particolare tipo di concentrazione prima descritta, si sviluppa nell’asceta e rimane in lui uan conoscenza permanente che concerne tutte le cose, siano esse percepite attraverso degli organi del corpo o altrimenti si presentino alla sua contemplazione.
  3. I poteri precedentemente descritti sono soggetti a trasformarsi in ostacoli sul sentiero della perfetta concentrazione a causa della possibilità che il loro esercizio susciti meraviglia e procuri piacere. Ma non costituiscono ostacolo alcuno per l’asceta che è perfetto nella pratica indicata.

Riguardo alla "pratica indicata", vedere Aforisma 36—37.

  1. Il sé interiore dell’asceta può essere trasferito in qualsiasi altro corpo ed ottenere l’assoluto controllo, perché egli ha cessato di essere mentalmente attaccato agli oggetti dei sensi e perché ha acquisito la conoscenza della maniera e dei mezzi con cui la mente ed il corpo sono collegati.

Poiché questa filosofia sostiene che la mente, in quanto non è un prodotto del cervello, entra nel corpo attraverso una certa via e si collega con questo in una maniera particolare, quest’aforisma afferma anche che quando l’asceta acquisisce la conoscenza del procedimento esatto di congiunzione fra la mente ed il corpo, egli può collegare la propria mente con qualunque altro corpo e trasferire così il proprio potere di utilizzare gli organi della forma occupata, per sperimentare gli effetti generali dell’attività dei sensi.

  1. Concentrando la propria mente sull’energia vitale chiamata Udana e con la padronanza di questa energia, l’asceta acquisisce il potere di sollevarsi sull’acqua, sul terreno e su qualsiasi altra materia sovrastante.

Udanaè il nome daato ad una delle cosidetta "atmosfere vitali". Queste, in realtà, sono certe funzioni nervose per le quali la nostra fisiologia non ha alcun nome e ciascuna delle quali assolve ad un suo preciso compito. Si può dire che conoscendole e sapendole dirigere, qualunque uomo diviene capace di modificare a volontà la polarità del proprio corpo fisico. Le stesse osservasioni si applicano anche all’aforisma seguente.

  1. Concentrando la propria sull’energia vitale chiamata Samana, l’asceta acquista il potere di emettere luce radiante.

(Questo effetto è stato visto dall’interprete (10) in più occasioni, quando era in compagnia di una persona che aveva acquisito questo potere. La persona appariva come se possedesse una luminosità sotto la pelle).

  1. Concentrando la propria mente sul rapporto fra l’orecchio e l’Akasa, l’asceta accquisisce ilpotere di udire tutti i suoni, sulla terra o nell’etere, lontani o vicini.

La parola Akasa è stata tradotta sia come "etere" che come "luce astrale". In questo aforisma è impiegata nel primo senso. Si deve ricordare che il suono è la proprietà distintiva di questo elemento.

  1. Concentrando la mente sul corpo umano, sulle sue relazioni con l’aria e lo spazio, l’asceta diviene capace di cambiare a volontà la polarità del proprio corpo e acquisisce, di conseguenza, il potere di liberarlo dal controllo della legge di gravità.
  2. Quando l’asceta ha raggiunto la completa padronanza su tutte le influenze che il corpo ha sull’uomo interiore, ha abbandonato ogni interesse a suo riguardo e non ne é assolutamente più influenzato, scompare tutto ciò che offusca l’intelletto.
  3. L’asceta acquisisce il controllo completo sugli elementi concentrando la propria mente sulle cinque classi delle loro proprietà nell’universo manifestato; la prima comprende le proprietà di carattere grossolano e fenomenico; la seconda, quelle della forma; la terza, quelle delle qualità sottili; la quarta, quelle che possono essere distinte in luce, azione ed inerzia; la quinta, quelle che hanno un’influenza, secondo i loro vari gradi, sulla produzione di risultati attraverso i loro effetti sulla mente.
  4. Dall’acquisizione di tali poteri sugli elementi, derivano all’asceta varie perfezioni e cioé: il potere di proiettare il suo sé interiore fin nel più piccolo atomo, di estenderlo fino alle dimensioni del corpo più grande, di rendere a volontà il proprio corpo fisico leggero o pesante, di dare un’estensione illimitata al proprio corpo astrale o alle sue parti separatamente, di esercitare un’irresistibile volontà sulla mente altrui, di ottenere la suprema perfezione del corpo materiale e la capacità di conservare questa perfezione, una volta ottenuta.
  5. La perfeione del corpo materiale consiste nel suo colore, nella bellezza della sua forma, nella sua forza e nella sua finezza.
  6. L’asceta acquisisce il controllo completo sugli organi dei sensi, mediante la pratica del Sanyama (concentrazione) sulla percezione, sulla natura degli organi, sull’egoismo, sulla qualità degli organi in azione o in riposo e sul loro potere di produrre merito o demerito per la connessione della mente con essi.
  7. In questo modo si risvegliano nell’asceta i seguenti poteri: il potere di spostare il proprio corpo da un luogo ad un altro con la rapidità del pensiero; il potere di estendere l'’zione dei sensi oltre il limite dello spazio e degli ostacoli materiali e di cambiare a volontà qualsiasi oggetto naturale da una forma all’altra.
  8. Nell’asceta che ha ottenuto l’esatta conoscenza discriminativa della verità e della natura dell’anima, si sviluppa la conoscenza di tutte le forme di esistenza nella loro natura essenziale ed il dominio su di esse.
  9. L’asceta che ha ottenuto l’indifferenza perfino per l’ultima perfezione considerata, attraverso la distruzione degli ultimi germi del desiderio, perviene ad uno stato dell’anima che è detto Isolamento.

(Vedere la nota sull’Isolamento nel Libro IV).

  1. L’asceta non dovrebbe mai unirsi agli esseri celestiali che possono apparirgli dinanzi, né mostrare alcuna meraviglia alla loro comparsa, poiché ciò avrebbe l’effetto di rinnovare le influenze della mente.
  2. Una grande e sottilissima conoscenza nasce dalla discriminazione che segue la concentrazione della mente sulla relazione fra i momenti e la loro successione.

Qui Patanjali parla delle divisioni ultime del tempo, che non sono cioé suscettibili di un ulteriore frazionamento, e dell’ordine in cui esse si precedono e si succedono. Egli afferma che si può raggiungere una percezione di questi periodi minimi; di conseguenza, colui che giunge ad una tale discriminazione, si eleva ad una percezione superiore e più ampia di certi principî della natura che sono così celati che la filosofia moderna non sospetta neppure la loro esistenza. Sappiamo come tutti noi possiamo distinguere dei periodi temporali quali i giorni e le ore. Vi sono anche molti individui, matematici nati, che sono capaci di percepire la successione dei minuti e che possono dire esattamente, senza orologio, quanti ne sono trascorsi in un certo intervallo. I minuti così percepiti da questi matematici prodigiosi, non sono tuttavia le divisioni ultime del tempo alle quali si riferisce l’aforisma, poiché, essi stessi, sono composti da queste divisioni ultime. Nessuna regola può essere data per una tale concentrazione poiché essa è così avanzata sulla via del progresso che l’asceta trova da se stesso le regole, dopo aver dominato tutti i processi interiori.

  1. Da ciò si sviluppa nell’asceta il potere di discernere delle differenze sottili impossibili a conoscersi con altri mezzi.
  2. La conoscenza che proviene da questa perfezione del potere discriminativo è chiamata la "conoscenza che salva dalla rinascita". Essa ha per oggetto tutte le cose e la loro natura e comprende tutto quello che è stato e tutto quello che è, senza limtazione di tempo, di luogo e di circostanze, come se tutto accadesse nel presente ed in presenza del contemplatore.

In questo aforisma e nel seguente, l’asceta in uqestione è diventato un Jivanmukta e non è più soggetto alla reincarnazione. Egli, tuttavia, può vivere ancora sulla terra ma non è più in alcun modo aottomesso al suo corpo, essendo in ogni istante la sua anima perfettamente libera. E tale è, si ritiene, la condizione di quegli esseri che nella letteratura teosofica sono chiamati Adepti, Mahatma o Maestri.

  1. Quando la mente ha cessato di considerarsi il conoscitore o lo sperimentatore ed è divenuta una con l’anima – la reale conoscitrice e sperimentatrice – allora sopraggiunge l’Isolamento e l’anima si è emancipata.

 

 

 

Fine del Libro Terzo

 

LIBRO IV

 

La Natura Essenziale dell’Isolamento.

 

 

 

  1. Le pefezioni del corpo o i poteri superumani sono prodotti per nascita o con bevande speciali e stimolanti, con incantesimi, disciplina ascetica o meditazioni.

La sola causa delle perfezioni permanenti è la meditazione praticata nelle incarnazioni precedenti quella in cui tali pefezioni compaiono, perché la perfezione mediante nascita, così come il potere di volare degli uccelli, non è permanente, come pure sono transitorie quelle che provengono da incantesimi, filtri magici e simili. Ma, poiché la meditazione raggiunge l’essere interiore, influenza ogni incarnazione. Ciò porta anche alla concluzione che la meditazione sul male avrà per risultato ultimo la perfezione nel male.

  1. La metamorfosi dell’uomo in un’altra classe di esseri – come in quella degli esseri celesti – si effettua attraverso la trasfusione delle nature.

Ciò allude alla possibilità – ammessa dagli Indù – che un essere umano si trasformi in uno dei Deva o degli esseri celesti, per mezzo dell’energia prodotta dalla disciplina ascetica e dalla meditazione.

  1. Alcuni dei meriti, delle opere e delle pratiche sono "occasionali", perché esse non producono modificazioni essenziali della natura ma hanno il potere di rimuovere degli ostacoli lungo il corso dello sviluppo dei meriti di cui sopra, come nell’esempio del coltivatore che elimina degli ostacoli lungo il percorso di una corrente irrigua, che così può fluire liberamente.

Questo Aforisma intende spiegare meglio l’Aforima 2 rivelando che, in una determinata incarnazione, alcune pretiche (come ad esempio quelle esposte in precedenza) hanno il potere di portare ad esaurimento gli effetti non ancora manifestatisi del Karma passato di un individuo, rendendoli ora attivi nei suoi confronti, mentre se queste pratiche non fossero state eseguite, il risultato della meditazione passata avrebbe potuto essere rimandato ad un’altra vita.

  1. Le menti che agiscono nei vari corpi che l’asceta assume a volontà, sono unicamente il prodotto del suo essere egoico.
  2. È la mente dell’asceta che costituisce il motore delle varie attività di queste diverse entità mentali.
  3. Fra le menti di dissimile costituzione per effetto di nascita, delle bevande, degli incantesimi, della disciplina ascetica e della meditazione. Solo, quella che è il frutto di quest’ultima è priva dell’accumulo dei depositi mentali generati dalle azioni.

Questo Aforisma si riferisce a tutte le classi di uomini e non ai corpi assunti dall’asceta, e bisogna sempre ricordare che la dottrina filosofica di Patanjali afferma che ogni vita lascia nell’Ego dei depositi mentali che formeranno la base da cui procederanno le vicissitudini delle future incarnazioni.

  1. L’opera dell’asceta non è né chiara né oscura ma è sui generis, mentre quella degli altri uomini è di tre specie.

Le tre specie di opere cui si allude sono: (1) Quella pura nell’azione e nel movente; (2) quella tenebrosa, come nel caso delle azioni degli esseri infernali; (3) quella propria all’umanità ordinaria che è pura e tenebrosa ad un tempo. La quarta specie è quella propria dell’asceta.

  1. Da queste opere deriva, in ogni incarnazione, la manifestazione di quiei depositi mentali che soli sono in grado di fruttificare nell’ambiente particolare disponibile.
  2. Benché la manifestazione dei depositi mentali possa essere impedita a causa di condizioni inadatte, riguardanti la diversità di classe sociale, di luogo e di epoca, vi è una diretta relazione fra queste, perché la memoria e l’andamento del pensiero autoriproducentesi sono nondimeno identici.

Quanto detto ha lo scopo di eliminare un dubbio causato dall’Aforisma 8, intendendo dimostrare che la memoria non è dovuta alla semplice sostanza cerebrale, ma che essa è posseduta dall’Ego che si reincarna che trattiene allo stato latente tutti i depositi mentali, ciascuno dei quali potrà manifestarsi solo quando la costituzione corporale e l’ambiente idonei, saranno disponibili.

  1. I depositi mentali sono eterni a causa della forza del desiderio che li ha generati.

Nell’Edizione Indiana si legge che i depositi persistono a causa della "felicità". Ma poiché questa parola è adoperata in un senso particolare, qui non la usiamo. Tutti i depositi mentali aono il risultato di un desiderio di godimento, sia che si tratti del desiderio di evitare nella prossima vita talune sofferenze sopportate in questa, sia che si tratti del sentimento concreto espresso nel desiderio "possa questo o quel piacere essere eternamente mio". Questo è ciò che viene chiamato una "felicità". E la parola "eterno" ha pure un significato particolare, intendendo riferirsi unicament e a quel periodo compreso in un "giorno di Brahma", che dura migliaia di età.

  1. Per il fatto che essi sono tenuti insieme dalla causa, dall’effetto, dal substrato e dal supporto, quando questi ultimi sono rimossi, il risultato è l’estinzione dei depositi mentali.

Quest’Aforisma integra il precedente e intende mostrare che, sebbene i depositi mentali sussistono durante una "eternità" se sono lasciati a se stessi – essendo sempre ingrossati da nuove esperienze e da desideri simili – possono tuttavia essere rimissi eliminando le cause che li avevano prodotti.

  1. Ciò che è trascorso e ciò che deve ancora avvenire, non può essere portato all’estinzione perché le relazioni delle proprietà (11) differiscono l’una dall’altra.
  2. Tutti gli oggetti, i sottili ed i grossolani, sono costituiti dalle tre qualità.

Le "tre qualità" sono: Satwa, Raja, Tamo, ossia Verità, Attività ed Oscurità. La Verità corrisponde alla luce ed alla gioia; l’Attività alla passione, l’Oscurità al male, all’inazione, all’indifferenza, all’apatia ed alla morte. Tutti gli oggetti manifestati sono composti da queste tre qualità.

  1. L’unità delle cose deriva dall’unità della modificazione.
  2. La cognizione è distinta dall’oggetto perché vi è diversità di pensieri fra gli osservatori di una stesso oggetto.
  3. Un oggetto è, o non è, conosciuto dalla mente, a seconda che questa è o non è colorata od influenzata da tale oggetto.
  4. Le modificazioni della mente sono sempre conosciute dallo spirito che presiede (12), perché esso non è soggetto a modificazioni.

Ne consegue che Ishwara, il "testimone e lo spettatore", riamne impassibile, attraverso tutti i cambiamenti ai quali la mente e l’anima sono sottoposti. Ishwara è l’anima spirituale.

  1. La mente non è in grado di autoilluminarsi, perché è uno strumento dell’anima, è colorata e modificata dalle esperienze e dagli oggetti ed è conosciuta dall’anima.
  2. Non può aversi simultaneamente l’attenzione concentrata su due oggetti.
  3. Se una percezione può essere identificata attraverso un’altra percezione, ci sarà allora una nuova necessità di conoscere quest’ultima e da ciò seguirà una confusione di dati nella memoria.
  4. Quando la comprensione e l’anima sono unite, allora ne risulta l’autoconoscenza.

L’autoconoscenza di cui si parla è l’illuminazione interiore a cui aspirano tutti i mistici, e non semplicemente una conoscenza di sé nel senso ordinario.

  1. La mente, quando è unita all’anima e si trova in intimo rapporto con la conoscenza, abbraccia universalmente tutti gli oggetti.
  2. La mente, quantunque assuma forme diverse a causa degli innumerrevoli depositi mentali, esiste solo allo scopo dell’emancipazione dell’anima ed agisce in cooperazione con questa.
  3. Per colui che conosce la differenza fra la natura dell’anima e quella della mente, ha fine la falsa nozione concernente l’anima.

La mente è solo una funzione, uno strumento o mezzo attraverso cui l’anima acquisisce esperienze e conoscenza. In ciascuna incarnazione la mente è, per così dire, nuova. Essa è una parte dell’apparato fornito all’anima, attraverso innumerevoli vite, per ottenere esperienza e raccogliere il frutto delle opere compiute. La nozione che la mente sia ad un tempo il conoscitore e lo sperimentatore è falsa e deve essere rimossa prima che l’anima possa raggiungere l’emancipazione. Perciò, è stato detto che la mente opera o esiste per realizzare la salvezza dell’anima e non che l’anima agisce nell’interesse della mente. Qunado ciò è pienamente compreso, la natura permanente dell’anima è conosciuta direttamente, e tutti i mali provenienti da false idee cominciano a scomparire.

  1. Allora la mente viene rivolta verso la discriminazione e si sottomette gradualmente all’Isolamento.
  2. Ma negli intervalli fra le meditazioni, sorgono pensieri di vario genere, quale conseguenza di vecchie impressioni no ancora espulse.
  3. I mezzi da adottare per evitare ed eliminare queste impressioni sono gli stessi dati in precedenza per impedire le afflizioni.
  4. Se l’asceta non desidera i frutti della conoscenza e non rimane inoperoso anche quando ha raggiunto la conoscenza perfetta, la meditazione tecnicamente chiamata Dharma Megha – nuvola di virtù – è raggiunta, grazie alla sua conoscenza discriminativa assolutamente perfetta.

Il commentatore apiega che quando l’asceta ha raggiunto il punto descritto nell’Aforisma 25, se egli rivolge la concentrazione verso la prevenzione di tutti gli altri pensieri e non desidera conseguire i poteri che potrebbe ottenere a volontà, raggiunge uno stato di meditazione più avanzato che è chiamato "nuvola di virtù" perché è di natura tale da fornire, per così dire, la pioggia spirituale che permetterà di realizzare lo scopo principale dell’anima – la completa emancipazione. E questo Aforisma riprende l’avvertimento che prima di raggiungere lo scopo finale, il desiderio dei risultati è un ostacolo.

  1. Ne risulta così la soppressione di tutte le afflizioni e di tutte le modificazioni.
  2. Allora, dall’infinitudine della conoscenza assolutamente lobera da oscurità e da impurità, ciò che è conoscibile appare minimo e facile ad afferrare.
  3. Viene allora compreso che io momenti ed il loro ordine di precedenza e di successione, sono gli stessi.

Questo è un passo ulteriore rispetto all’Aforisma 53, Libro III, dove era detto che dalla conoscenza delle divisioni ultime del tempo risulta una percezione dei principî più sottili e segreti dell’universo. Qui, avendo l’asceta raggiunto l’Isolamento, vede perfino al di là di queste divisioni ultime ed esse, quantunque possano turbare chi non ha raggiunto questo stadio, sono identiche per l’asceta perché egli se ne è reso padrone. È estremamente difficile interpretare questo aforisma; e nell’originale si legge che "L’ordine è la controparte del momento". Per esprimere ciò in altro modo, si può dire che nel tipo di meditazione di cui si tratta nell’Aforisma 53 del Libro III, si sviluppa nella mente una conoscenza capace di calcolare e che, durante questa, il contemplante che non è ancora completamente padrone delle divisioni del tempo, è costretto ad osservarle quando esse si svolgono dinanzi a lui.

  1. Il riassorbimento delle qualità che hanno esaurito lo scopo dell’anima, o la persistenza dell’anima unita con la comprensione nella sua propria natura, è l’Isolamento.

Questa è una definizione generale della natura dell’Isolamento, qualche volta chiamata Emancipazione. Le qualità di cui si parla e che si trovano in tutti gli oggetti e che avevano fin qui influenzato e ritardato l’emancipazione dell’anima, hanno cessato di essere considerate come delle realtà e la conseguenza è che l’anima dimora nella sua propria natura, non influenzata dalle grandi "coppie degli opposti" – piacere e dolore, bene e mali, freddo e caldo, e simili. Pertanto, non si deve trarre la conclusione che questa filosofia termini in una negazione, o in una condizione di freddezza, come sembrerebbe implicare la nostra parola "Isolamento". È vero il contrario. Fino a quando questo stato no è raggiunto, l’anima, continuamente influenzata e sviata dagli oggetti, dai sensi, dalla sofferenza e dal piacere, è incapace dipartecipare coscientemente ed universalmente alla grande vita del cosmo. Per compiere ciò, essa deve mantenersi stabilmente "nella propria natura": allora può andare ancor più lontano – come ritiene questa filosofia – allo scopo di condurre alla meta finale le altre anime che lottano ancora lungo la via. Ma, evidentemente, ulteriori Aforismi su questo argomento sarebbero fuori luogo ed incomprensibili, ed assolutamente privi di utilità il darli qui.

 

 

 

Fine del Libro Quarto

 

 

 

 

 

Possa Ishwara essere vicino ed aiutare

Coloro che leggono questo libro.

 

O M

 

 

 

(1) Come guida generale allo studio ed alla pratica degli Aforismi, si consiglia la lettura dell’Avviamento al Raja Yoga, in Teosofia, Febbraio, Maggio, Agosto, Novembre 1969. (ndt)

(2) Stato di Ekagrata. Vedi Libro III, Aforisma 12. (ndt)

(3) Vîrya. Cfr. La Voce del Silenzio, III Frammento. (ndt)

(4) I tre guna o qualità della natura, sattva, rajas, tamas. (ndt)

(5) Cfr "I Tre Piani della Vita Umana", di W. Q. Judge, in Teosofia, maggio 1972.

(6) Nell’originale sanscrito queste pratiche sono: Yama, Niyama, Asana, Prânayâma, Pratyahara, Dhâranâ, Dhyâna, Samâdhi, e Yoga per "Concentrazione". (ndt)

(7) ‘Svâdhyâya’, "Studio" (âdhyaya) "di sé" (sva), che in questo contesto può essere tradotto "studio per sé", ossia "ripetizione a se stessi" di sacri testi o formule. (Cfr Avviamento al Raja Yoga). (ndt)

(8) Vedi Aforima 29 (ndt)

(9) Una versione più chiara di questo passo potrebbe essere: "Una tale contemplazione, allorquando si esercita unicamente sul contenuto dell’oggetto come se esso fosse completamente spogliato della propria forma, è detta meditazione." (ndt)

(10) William Quan Judge (ndt)

(11) Dharma, nel testo. Vedere nota Aforisma 13, Libro III. (ndt)

(12) Pùrusha. (ndt)

 

Da: http://www.prometheos.com/Yoga/Yoga.htm

sab

12

feb

2011

L'ULTIMA FASE...

Da ieri 11 febbraio 2011 è iniziata una nuova era, nella quale più che mai ciò che siamo ogni attimo costruisce ciò che vogliamo sia il nostro futuro.

Dopo 22 anni il processo Diksha è entrato nella 13esima e ultima fase.

Siamo tutti ora in grado di diventare "muktha" (Risvegliato) in ogni momento...

..E' il tempo della raccolta...


Sri Bhagavan, il fondatore dell’Oneness University,  ci ha sempre chiarito che il Diksha è un fenomeno collettivo planetario. Il fenomeno che può definirsi semplicemente il ritorno di una consapevolezza molto antica che è sempre stata parte della vita degli essere umani, per questo ha un ruolo importante nella storia dell’evoluzione dell’uomo.

Nel 1989, nella scuola indiana di  Jeevashram che Sri Bhagavan fondò con Sri Amma, inizio spontaneamente il fenomeno. con la comparsa della "Sfera Dorata" ad un bimbo, proprio il figlio Di Sri Amma e Sri Bhagavan.
Ma la “Sfera Dorata o coscienza del Diksha” apparve a Sri Bhagavan quando ancora non aveva compiuto 4 anni... e Lui cantò a quella sfera per i successivi 24 anni.
E poi il "canto" ha prodotto la Oneness University con tutti i corsi, gli insegnamenti, i nuovi Diksha Givers, e poi i Trainers e poi ancora e ancora insegnamenti e tanti nuovi Diksha Givers sparsi in tutto il mondo. In occidente oggi sembra ci siano oltre 25 mila Diksha Givers (3 volte i numeri della fine del 2009).
La vita di Sri Amma e Sri Bhagavan, il loro amore costante, la condivisione della loro saggezza e conoscenza con tutti coloro che l'hanno cercata, l'aiutare tutti ci porta a riflettere. Siamo in una fase nella quale si intensificano gli effetti del Diksha per chi lo da e per chi lo riceve: possiamo, guardando al loro amore, alla loro costanza, al loro coraggio, alla loro fiducia, respirare tanta grazia e portarla nella nostra vita quotidiana?
Possiamo partecipare attivamente ogni giorno di più a questo processo di crescita e di risveglio collettivo?
Innanzitutto col nostro "esserci" in ogni istante e poi organizzando, chiedendo, partecipando a corsi, serate Diksha, Processi Mukthi, 64 Diksha e Bakthi Yoga?
Il mondo che sarà certamente è il mondo che ogni giorno ognuno di noi costruisce con la propria presenza.
...e domani ci sarà l'inaugurazione del nostro centro "Oneness Family" di Napoli...
Un abbraccio forte.
Mario
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dom

06

feb

2011

INAUGURAZIONE CENTRO ONENESS FAMILY DI NAPOLI

Cari amici,

è con molta gioia che a nome di tutti i trainer campani vi comunico che il prossimo 13 febbraio inaugureremo il nostro Nuovo Centro di Napoli sito in Via Camillo Guerra n. 17, zona Camaldoli.

Per l'occasione organizzeremo un "Oneness Day" introducendo esclusivamente per i Diksha Givers il nuovo processo "Oneness Bakthi Yoga 1" e poi, nel tardo pomeriggio, condivideremo il Diksha con tutti i Receiver interessati.

Per ulteriori informazioni e per chi volesse partecipare rivolgersi a Mario Borrelli:

mail: borrellimario@tin.it

cell: 349-2862740

 

 

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